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Ricordando Danilo Dolci nel 19° anniversario della sua morte

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Dalla “radio dei poveri cristi” a “radio aut”. L’uso dello strumento radiofonico in Danilo Dolci e in Peppino Impastato.

Il 18 marzo del 1970, chi si fosse sintonizzato sui 98,5 mhz della modulazione di frequenza e sulla lunghezza d’onda di m 20.10 delle onde corte, avrebbe potuto sentire uno strano messaggio: “S.O.S…S.O.S…Qui parlano i poveri cristi della Sicilia occidentale, attraverso la radio della nuova resistenza. Qui si sta morendo…” e una serie di altri messaggi che denunciavano lo stato di abbandono e di sfascio della popolazione delle Valli del Belice, dello Jato e del Carboi, ovvero di quella zona della Sicilia occidentale dove due anni prima un terribile terremoto aveva  procurato circa cinquecento morti e distrutto interi paesi: baracche, freddo, situazioni igieniche assenti, fame, sete, un panorama desolato su cui volteggiavano i corvi del clientelismo, della mafia, della disoccupazione, della disperazione. Il messaggio , accuratamente preparato, del quale esiste ancora la registrazione, faceva appello all’art. 21 della Costituzione italiana: “Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. I carabinieri, avvisati con lettera, della natura non violenta dell’iniziativa, fecero irruzione nei locali di Palazzo Scalia, a Partinico, dove si erano asserragliati, con il trasmettitore, Franco Alasia e Pino Lombardo, due collaboratori di Danilo Dolci, , con cento litri di benzina, che avrebbero dovuto servire a dissuadere chi avesse voluto penetrare con forza nei locali. Le attrezzature vennero sequestrate e i due redattori arrestati.

Dall’esperienza della Radio dei poveri cristi (1970) a quella di Radio Aut ( 1977) passano appena sette anni, all’interno dei quali matura e si configura una situazione completamente diversa e una trasformazione radicale nel campo delle radiocomunicazioni.

Nel ’70 Danilo progettava “per evitare al massimo inciampi, di trasmettere su acque extra-territoriali su un’imbarcazione di bandiera non italiana”. In una intervista (“Il Venerdi” di Repubblica del 12-1-2007 pag. 38) il regista Roberto Faenza rivendica a se stesso il merito, che, in realtà spetta a Danilo, di avere rotto il monopolio statale con “Radio Bologna per l’accesso al pubblico”, che lanciò il suo primo segnale nell’etere alle ore 11 di sabato 23 novembre 1974. Qualche altro tentativo, come quello di Radio Milano International venne effettuato e subito fermato con il sequestro delle attrezzature nel 1975 (10 marzo): il 26 aprile dello stesso anno il pretore di Milano, Cassala, definì legittima “l’attività di trasmissioni radiofoniche fino a quando non si determinano interferenze che possano nuocere o disturbare le emittenti di stato”. La sentenza venne poi ratificata nel 1976 dalla Corte Costituzionale, segnando la fine del monopolio RAI. La totale “deregulation” consentiva, tra il ‘75 e il ‘77  una grande fioritura di emittenti private, in gran parte commerciali, in piccola parte legate al circuito delle “radio libere”, con forti caratterizzazioni politiche.

Peppino aveva sentito parlare di Danilo sin dai tempi in cui frequentava il Liceo Classico di Partinico. Le lotte per la diga sullo Jato, l’attenzione verso la vita e i problemi del mondo contadino, la denuncia delle collusioni politiche tra la mafia e la Democrazia Cristiana di Bernardo Mattarella, gli scioperi della fame, le scritte murali, ma soprattutto la grande capacità di Danilo di coinvolgere  masse di gente e di intellettuali provenienti da ogni parte d’Europa, avevano affascinato il giovane studente. Nel ’67 aveva partecipato alla “Marcia della protesta e della pace”: il resoconto di quella storica iniziativa venne scritto da Peppino, in qualità di corrispondente, su un giornale locale “L’idea”, che lui stesso aveva contribuito a creare e costituì un forte momento di contatto tra una personalità politicamente matura, come Danilo, e un giovane di 20 anni, alle sue prime esperienze politiche.

Qualche mese dopo, durante il terremoto del  gennaio ’78, Peppino fu tra i tanti volontari che raccoglievano abiti, cibo, merci, per portarle nei paesi terremotati: frequentò anche alcuni seminari sulla ricostruzione della Valle del Belice organizzati a Borgo di Dio, la grande struttura creata da Danilo a Trappeto.

Su come Peppino visse le vicende della “Radio dei poveri cristi” non ho testimonianze, tuttavia stupiscono alcune impressionanti analogie sul modo di concepire la comunicazione come momento politico fondato su una precisa concezione dell’intervento.

Il confronto è possibile sull’analisi di due documenti: un opuscolo dattiloscritto di sei pagine, scritto da Danilo tra il dicembre del ’69 e il marzo del ’70, con il titolo: “Radio libera: alcune considerazioni preliminari” e pochi appunti, scritti da Peppino, nell’estate del ‘77 dal titolo “Proposte d’intervento radiofonico”.

La posizione di Danilo si sviluppa su alcuni punti fermi:

  • non lasciare nulla all’improvvisazione;
  • analisi della situazione
  • indicazione dei tempi: un’ora la mattina e un’ora la sera, con una parte culturale e una parte d’attualità;
  • organizzazione e rete di redattori e corrispondenti locali;
  • individuazione degli obiettivi: carattere educativo inteso come auto-educazione, autogestione culturale, processo democratico;
  • individuazione dei problemi: finanziario, tecnico, organizzativo, culturale, politico, giuridico;
  • favorire la produzione di nuove strutture democratiche attraverso la denuncia e il superamento di quelle clientelari-mafiose attraverso una presenza costante penetrante.

La struttura radiofonica è pertanto concepita come “espressione del malcontento sociale, come strumento di conoscenza per determinare direzioni alternative di sviluppo e come strumento di coagulo”, considerate le carenze di vita associativa che caratterizzano la zona. La radio come strumento per realizzare il diritto-dovere all’informazione e alla libertà d’espressione e come espressione diretta della cultura popolare, come “comunicazione dal basso” che faccia  sentire “le voci dei lavoratori, di chi più soffre ed è in pericolo”. Alla base del progetto una semplice premessa  : “Il mondo non può svilupparsi in vera pace finché una parte degli uomini è costretta alla disperazione”. 

Nelle sue “Proposte” Peppino Impastato manifesta singolari analogie con il documento di Danilo, che egli non conosceva: uguale la concezione della radio come momento di formazione e di aggregazione di un gruppo di lavoro, come strumento d’informazione alternativa rispetto all’informazione di regime e come espressione dei drammi e dei problemi esistenziali delle classi sociali subalterne, uguale la concezione dell’intervento radiofonico come strumento pedagogico per la formazione di coscienze politiche e come strumento di lotta. Molte affinità presentano anche l’individuazione delle fasce orarie e delle organizzazioni sociali con cui confrontarsi: Abbiamo una uguale concezione della radio come strumento di comunicazione diretta dei bisogni e della cultura della gente:  quelli che per Peppino sono gruppi di “organizzazione autonoma del sociale”, per Danilo sono “persone, tavole rotonde, gruppi come consorzi, cooperative, sindacati e così via”: termini diversi per indicare gli stessi soggetti.

-Scrive Danilo:Occorre uno strumento di comunicazione che arrivi a ciascuno facendo esprimere alla popolazione direttamente , esattamente il contrario di quanto avviene oggi, la sua più autentica cultura e i suoi bisogni…uno strumento che sia occasione non solo di conoscenza, ma, sia pure nel modo più aperto, di nuova organizzazione;sia martellante pressione sugli organi male e non funzionanti degli enti pubblici, dello stato, delle vecchie strutture in genere; scelga e si esprima dunque in modo rivoluzionario”.

-Scrive Peppino:Solo a partire da una premessa politico-culturale nel territorio, che sia al tempo stesso proposta di mobilitazione e organizzazione autonoma del sociale (comitati di disoccupati, organismi di lotta dei precari, collettivi femministi, circoli e cooperative culturali ed economiche, associazioni sportive ecc.) si può pretendere di costituire un rapporto dialettico tra la struttura radiofonica e l’ambiente”

-secondo Danilonon c’è dubbio che sia determinante allo sviluppo di una nuova società democratica l’infrangere il monopolio dell’informazione e dell’espressione, in mano alle vecchie strutture del potere”.

-secondo Peppinoesiste un primo livello, quello dell’informazione e controinformazione, che si presenta immediatamente come momento di rifiuto e di ridimensionamento dell’informazione di regime e del monopolio dell’industria del consenso (Rai, TV, stampa e mass media in genere)”;

-Danilo:agendo in modo concentrato e massiccio da alcuni punti strategici di zone omogenee attraverso l’azione di centri-pilota dal rompere la crosta in un punto nevralgico, sarebbe derivata una notevole facilità nel determinare screpolature in tutta la superficie interessata.”

Peppino:un secondo livello è quello dell’intervento politico. La radio diventa strumento diretto, come il volantino, il videotape o il megafono. dell’iniziativa di lotta e del progetto politico complessivo di una struttura di base “dislocata socialmente e territorialmente”. E’ questo il livello dell’agitazione politica vera e propria, dell’istigazione alla rivolta e all’organizzazione autonoma delle proprie lotte…”

-Danilo: “una precisa conquista in questo senso non ha solo un significato”locale e riesce a produrre reazioni a catena, non solo in quanto riesce a produrre qualità attraverso il lavoro: una propulsiva reazione a catena può venire dal diffondersi della valorizzazione stessa dello strumento.

-Peppino:il tutto è da intendere evolutivamente in direzione del terzo livello, quello degli spazi autogestiti. E’ il livello in cui la realtà sociale si appropria dello strumento radiofonico e lo usa direttamente per allargare e difendere le “macchie liberate” e come mezzo di coordinamento delle lotte e delle iniziative di massa”; 

-Danilo:l’esperienza ci dice come e quanto la popolazione ascolti la radio, soprattutto le notizie locali, pur sapendo da che parte vengano e che non ce ne si può fidare: tanto più e meglio ascolterebbe la propria voce, la voce che la esprime e la libera. Chi di noi ha avuto esperienza diretta delle radio di liberazione sa cosa esse rappresentano”

-Peppino:la notizia discende direttamente dal sociale e va riproposta, in maniera amplificata, al sociale stesso, senza filtri e interventi manipolatori…Tutto questo presuppone un uso molto ampio di registrazioni dal vivo e di notevole disponibilità della presenza politica.”

-Danilo:il carattere complessivo delle trasmissioni deve essere educativo sulla base delle esperienze locali (secondo un’educazione concepita come autoeducazione, autogestione culturale, processo democratico)”

-Peppino:questi spazi si inseriscono a pieno titolo nel processo di crescita di un movimento di opinione democratico e di opposizione” 

-Danilo:Premere nonviolentemente, scioperando attivamente e passivamente, non collaborando a quanto si stima dannoso, protestando e operando pubblicamente in forme diverse che possono venir suggerite dalle circostanze, dalla propria coscienza e dalla necessità: valendosi delle leggi buone quando esistono e contribuendo a realizzarne di nuove quando sono insufficienti, ma premere con forza serena finchè non vincono il buon senso e il senso di responsabilità” (“Esperienze e riflessioni”  Laterza 1974 pag. 204)

–Peppino:Per quel che riguarda la selezione della notizia, il criterio di priorità viene indicato dalla collocazione che una radio si è data all’interno della dinamica dello scontro politico e di classe e delle esigenze del sociale ad emergere autonomamente. Centrale è la creazione di un forte movimento di opinione non scissa dalla crescita di ogni movimento di contropotere”.

Queste due ultime note tuttavia evidenziano la differenza tra le due formazioni politiche e culturali di Danilo e Peppino e il diverso rapporto con lo strumento della comunicazione che si è sviluppato nei sei anni che dividono l’esperienza delle due radio: in Danilo c’è la costante ricerca di strumenti di formazione popolare per la costruzione progressiva di un mondo diverso fondato sui principi della non violenza e della conquista lineare della democrazia, in Peppino c’è l’urgenza di costruire questo mondo nuovo attraverso la frattura traumatica dello lotta  di classe e della rivoluzione come momento catartico di eliminazione delle ingiustizie. Comune invece l’esigenza di conquistare la libertà d’informazione come strumento per la conquista della democrazia. Messaggio attualissimo.


Nella foto: Danilo Dolci e Peppino Impastato alla “Marcia della protesta e della speranza” (1967)

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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