“Mo vene Natale,
sto senza denari,
me leggio u giornali
e me vaco a curcàr”
Non è cambiato niente da allora. Si consuma il piacere o l’obbligo, se non, in molti casi, la seccatura del mangiare insieme, ma c’è anche chi non ha nessuno, non ha un soldo non trova neanche un motivo per festeggiare, circondato dalla solitudine o dalla difficoltà di trovare qualcosa da mettere nello stomaco: per contro c’è chi si abbuffa e chi getta in pattumiera alimenti costosi e raffinati.
Questo è un Natale con la disoccupazione più alta nella storia d’Italia, con flussi migratori di giovani, che ricordano il primo Novecento, con un impressionante numero di fabbriche chiuse, di lavoratori a spasso, dentro un tunnel buio nel quale ci muoviamo ormai da quasi cinque anni e del quale non s’intravede l’uscita.
Con l’approvazione del Jobs Act, Renzi ha fatto l’ultimo regalo ai padroni, la libertà di licenziare, senza che i lavoratori abbiano più uno strumento di difesa. Dire a Renzi di fare qualcosa di sinistra è pura perdita di tempo: si è fissato, dopo il suo 41% alle europee passate, che per salvare l’Italia e il PD bisogna cancellare quelli che egli chiama residui ideologici.
La mafia a Roma non è una novità, anche se ce l’hanno presentata come tale, così come non è una novità scoprire che in questi ultimi vent’anni si è costituita in Italia una nuova classe sociale di abbuffini, di corrotti, di tangentisti, di farabutti che guardano dall’alto sbattendo in faccia ai più deboli il loro delirio di onnipotenza.
C’è un albergo, tutto esaurito, a Saint Moritz, dove si pagano 17 mila euro al giorno e dove si è più sicuri che in Italia, in quanto non c’è la Finanza a fare controlli. La tristezza nasce dal fatto che, invece di arrestare queste persone che sbevazzano alla nostra faccia, ce le mostrano come modello di qualcosa cui dovremmo aspirare.
A questo punto Renzi che va a fare le sue vacanze con la famiglia pagando 1500 euro al giorno, ci sembra un poveraccio. Eppure per quante persone 1500 euro sono la paga di un mese, quante altre devono farsi bastare per un mese anche la metà o un terzo dei 1500 euro che Renzi spende in un giorno! Ed è qua il punto più debole della situazione italiana: i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
I presunti tetti alle pensioni d’oro si sono rivelati un bluff, come tutto quello che è stato promesso per eliminare gli sprechi. Non è cambiato niente e Renzi è il tranquillo proseguimento di quanto portato avanti da Berlusconi. L’unica parvenza di opposizione, quella dei pentastellati di Grillo, non riesce a liberarsi da metodi stalinisti di conduzione del movimento, da sparate razziste, da stupidaggini sulla mafia, che mostrano la totale ignoranza del fenomeno e dalla vecchia abitudine italiana di urlare, urlare, senza avanzare di un passo rispetto a quanto promesso di realizzare.
Dalle nostre parti, in Sicilia, ormai siamo nel nulla totale, e se qualcosa c’era, ci hanno pensato a distruggerla, da una parte la mafia, con le richieste di pizzo e dall’altra le confische e i sequestri di intere aziende produttive, accusate di mafia e finite nelle mani di amministratori giudiziari incapaci. Di tornare all’agricoltura, che è l’unica via di lavoro, produzione e ricchezza di cui disponiamo, non se ne parla nemmeno, nessun incentivo, nessun progetto. Si sta studiando, da parte di sindaci e amministratori incapaci di gestire le proprie cose, come tornare a dare in mano ai privati la gestione dell’acqua, nonostante il referendum e come continuare ad assicurare ai mafiosi la gestione dei rifiuti, perché, non dimentichiamoci che “a monnezza è oro”. E pertanto, niente raccolta differenziata, che farebbe dimezzare la quantità di rifiuti da portare in discarica e via con le solite situazioni continue d’emergenza, per potere lasciar tutto com’è.
Continuano ad arrivare barconi di migranti, ma anche qua, da Roma Carminati, i mafiosi e i fascisti che gli stavano attorno, hanno fatto sapere che “con i migranti si fanno molti più soldi che con la droga”. E pertanto si organizzano situazioni e sistemazioni precarie, si chiedono alla prefettura i contributi, si trova per questi poveracci un lavoro per pochi euro al giorno, anche la prostituzione, si trova una rete di persone alle quali fornire oggettistica, abiti e altri generi da esporre sulle bancarelle, ma anche droga da spacciare.
Nella notte di Natale, nel ricordo di una grotta dove sarebbe nato il Cristo, scaldato dal fiato del bue e dell’asino, cioè in una autentica situazione di povertà, forse il residuo ultimo messaggio di quest’anno è quello di papa Francesco, nella sua testarda e forse ingenua illusione di far tornare la chiesa nella povertà in cui l’aveva creata Cristo e che venne riproposta, purtroppo senza successo, dal santo di cui il papa porta il nome. Ma di povertà o, se si preferisce, di equa distribuzione di ogni ricchezza, cioè di comunismo, nessuno vuole più parlare. E non si può sempre sperare e pregare che a sistemare le cose ci pensi Dio. Non ci ha pensato e non può pensarci, perché le cose degli uomini se le devono gestire gli uomini stessi. Tuttalpiù egli può ripeterci, come in una vecchia canzone: “Ti lamenti, picchì ti lamenti, pigghialuvastuni e tira fora li denti”…
E quindi
Buon Natali a tutti,
ai longhi e ai curti,
a cu pinia e a cu si nnifutti,
ai grassi e ai sicchi,
ai spitittati e ai licchi,
ai pureddi e ai ricchi,
Buon natale a granni e a nichi,
a chiddi chi si grattanu a panza
e s’alliscianu i viddichi,
buon natale ai nichi e ai granni,
a cu avi un ghiornu e a cu centanni,
ai niputi e ai nanni,
ai vistuti e ai senza mutanni,
a cu è saggiu e a cu è pazzu,
puru ai testi di …azzu,
a cu è sulu e a cu è accumpagnatu,
a zia, a u cucinu e a u cugnatu,
buon natale a u papà e a mamà,
ca si nni duna sordi megghiu fa,
buon natale ai politicanti,
chi murissiru tutti quanti,
ai meccanici, ai scarpara,
ai muratura e ai iurnatara,
ai duttura e all’avvocati,
chi ristassiru disoccupati,
ai mafiusi, ai cacciatura,
chi si sbattissiru a testa ai mura,
buon natale ai picciutteddi,
chi criscissirusempribeddi,
a cu è babbu e a cu è spertu
a cu è curnutucertu,
buon natale a tuttu u munnu,
a cu è quadru e a cu è tunnu,
tutti ntornu a u bammineddu
cu la vacca e u sciccareddu.
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