Ormai è questione di ore ed è già Natale. Che non è più il compleanno del Cristo, l’anniversario della sua nascita, avvenuta, si crede, 2018 anni fa, ma è la festa del regalo, la festa dell’albero che, con la scarsa vegetazione che c’è a Gerusalemme e a Betlemme non c’entra molto, la festa di un pupazzo vestito di rosso che viaggia in slitta tirata dalle renne e porta i regali ai bambini buoni, ma anche ai grandi, anche se sono cattivi, e che con la storia del Natale ha ben poco a che fare: si chiama Babbo Natale, e non nonno Natale, malgrado la sua lunga barba e il suo aspetto da vecchietto. Adesso non si chiama più neanche così, ma Santa Claus.
È finita la caccia al regalo iniziata da tempo, la ricerca, certe volte nevrotica del pensierino da regalare ai parenti, ma anche alle persone con cui si è in “obbligo”, con le quali bisogna in qualche modo sdebitarsi.
La cerimonia nasconde qualcosa di osceno e di perverso nel suo scenario e comincia subito dopo il pranzo del 25. Negli ambienti più raffinati si preferisce scegliere la notte del 24, dopo il cenone.
La distribuzione e lo spacchettamento dei regali è l’atto finale che dà un tocco a tutto il resto. Il regalo ha come protagonisti il donatore e il ricevente, circondati da un pubblico familiare di spettatori che via via diventano anch’essi protagonisti, rispettivamente nei due ruoli. Il regalo va rigidamente incartato in confezione con fiocchetto, poiché la confezione è la barriera finale che si frappone tra la sorpresa e la banalità. E il regalo deve comunque sorprendere, nel bene e nel male, per meraviglia o per delusione.
È importante la lettura dello sguardo e l’analisi dei gesti: all’interno di una barriera di apparente impenetrabilità emotiva bisogna saper leggere ogni minima sfumatura del viso e dello sguardo. Se si tratta di un regalo di scarso valore il donatore cercherà di consegnarlo con apparente disinvoltura, quasi a nascondere l’imbarazzo, ma se il pezzo vale un bel po’ di quattrini, esso verrà offerto con un sorriso appena celato di soddisfazione, che si incrocia con una lettura del viso, del tipo: “Vedi quanto mi sei costato?”
Il momento successivo è quello dello scartamento, che deve avvenire lentamente, quasi si sfogliassero le cinque carte da poker. Bisogna intanto osservare lo sguardo di sufficienza del donatore, che sa di cosa si tratta, e quello di malcelata curiosità del ricevente. Il colmo della situazione si verifica se anche il ricevente conosce il regalo, magari perché l’acquisto è stato concordato: egli deve obbligatoriamente fingere di non conoscerlo. Un colpo finale all’ultimo lembo di carta mostrerà infine il regalo in tutto il suo splendore, e sarà d’obbligo fare un sorriso di gratitudine, un “oohhh” di meraviglia e un commento finale: “Ma perché? Oh, no!, perché ti sei disturbato? È bellissimo!!!, mi piace, mi serviva, mi mancava, ci voleva!!!”
Segue il momento del ricambio e quindi l’inversione del gioco delle parti: il ricevente, diventato donatore, mette mano al suo regalo con un sorrisetto di superiorità, se si tratta di un regalo migliore, rispetto a quello ricevuto, o con uno sguardo quasi mortificato, quasi a dire “non ho potuto far di meglio”, se invece il suo regalo è più scarso. In tutto questo i presenti esternano la loro partecipazione, osservando con attenzione, commentando e lasciando intravedere negli sguardi una montante libidine per la partecipazione a una cerimonia che, per disgrazia o per fortuna, si ripete solo una volta l’anno, ma a cui non bisogna arrivare impreparati. In genere si comincia la distribuzione in ordine d’età, ma in taluni casi, si ricorre al sorteggio.
Si comincia con il più anziano di casa, solitamente nonno o nonna: si tratta dei regali più difficili, quelli che fanno “sfirniciare”, poiché i nonni hanno già tutto e sono refrattari alle innovazioni tecnologiche tipo lettore DVD, smartphone, agenda palmare, telecamera digitale: ci si rifugia in dopobarba, cravatta, portafogli, cintura, fasciacollo per lui e scialle, ciabatte, profumo, stella di natale e qualche altra carabattola per lei. Si passa poi a papà e mamma, che hanno dato ai ragazzi i soldi affinché comprassero il regalo per loro e per gli altri. Si scende ai fratelli e infine ai più piccoli, distrutti dalla lunga attesa.
Attenzione, al regalo non può sfuggire nessuno. Se qualcuno è assente per fuga, per nausea o perché invitato altrove, il regalo sarà gelosamente conservato e consegnato al rientro del latitante. Se alla cerimonia presenziano venti persone, ognuno è destinatario e offerente, cioè dovrà regalare diciannove regali e riceverne altrettanti, il tutto per un totale di 361 pacchi-regalo. Da qualche anno è invalsa anche la moda del doppio regalo, quasi per raddoppiare lo stupore di chi riceve e il senso di potenza di chi offre.
Alla fine di questo allucinante cerimoniale, i sopravvissuti porteranno via i doni, lasciando ai padroni di casa sacchetti, carte da imballo, fiocchetti e laccio-nastrino: qualcosa di tutto ciò potrà magari servire per il prossimo anno, ma bisognerà dettagliatamente ricordarsi che cosa è stato regalato e che cosa si è ricevuto, sia per evitare brutte figure, sia per pareggiare i conti. Allora, tutti pronti per l’inizio della cerimonia?
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