Sulla “Repubblica” del 3.12.2000, riprendendo un saggio di Isaiah Berlin, Eugenio Scalfari aprì un dibattito sul tema “Cosa vuol dire essere illuministi oggi?”, – cui, a vario titolo, parteciparono alcuni intellettuali come Volpi, Moffettone, Eco, Givone , Vattimo, Esposito, Moravia, Boselli e, per ultimo (25.1.01 ) Norberto Bobbio. Le considerazioni di quest’ultimo mi destarono forti perplessità, considerando che, da sessant’anni, egli è stato un punto costante di riferimento per la sinistra laica italiana. Inviai questa riflessione alla “Repubblica”, che, naturalmente, essendo essa scritta da un’oscura persona che osava criticare un illustre pensatore, non la pubblicò. Da allora non è cambiato molto e riprendo l’argomento per una riconsiderazione dei giudizi sull’Illuminismo, che vanno dalle solite critiche di chi lo considera la fonte di tutti i mali e di tutte le perversioni, soprattutto politiche dell’età contemporanea, a coloro che ancora credono nell’uso della ragione come strumento per risolvere qualsiasi conflitto e per liberare l’uomo dalle pericolose superstizioni e perversioni dell’irrazionalismo. Ecco la riflessione: che poi è un saggio.
“La lettura di Bobbio sembra farci assistere a una ventata folle di revisionismo, con la volontà di gettare tutto in un grande calderone in cui nazismo e comunismo diventano la stessa cosa e il liberalismo rappresenta l’unica via “illuminista” dell’Europa: al di là di esso le aberrazioni dell’irrazionalismo diventano, comunque, aspetti d’una razionalità esasperata e la lucidità del razionalismo si presenta come un arido sentiero privo di valori da cui è necessario deviare alla ricerca di altre strade.
Seguiamo la posizione di Bobbio: “Rispetto’ alla libertà della democrazia liberale e borghese nazismo e comunismo sono due fratelli: hanno lo stesso nemico” In tal senso viene citato un libro di tal Paolo Bellinazzi, “L’utopia reazionaria”, dove si sostiene che nazismo e comunismo non sono ideologie opposte, ma hanno matrici comuni poiché tutti e due combattono il libero mondo borghese del mercato e degli stati parlamentari, tutti e due sposano la Gemeinschaft contro la Gesellschaft, tutti e due avversano l’individualismo e sono fautori dell’organicismo sociale. Così diventano nemici comuni, per queste dottrine, la borghesia, le filosofie del mercato, la produzione della ricchezza, in una parola il progresso e Rousseau sarebbe il precursore di tali posizioni reazionarie. In conclusione Bobbio, già avanti con l’età, non riesce a spiegarsi perché, nella battaglia tra quelli che egli individua come i tre protagonisti del Novecento, fascismo, comunismo e democrazia, ha vinto la democrazia alleata con il comunismo e perché il comunismo si sia alleato con la democrazia e non invece con quello che avrebbe dovuto essere il suo alleato naturale, cioè il nazismo. In tal senso, per il futuro dovrebbe essere destinata a cambiare la valutazione del comunismo come dottrina progressista, in quanto i comunisti sono reazionari e i democratici “giusti” dovrebbero condannare il comunismo perché loro nemico. Per concludere, la perla finale: “In termini filosofici erano reazionari tanto Marx quanto Nietzsche. Il valore del mondo libero borghese sfugge all’uno e all’altro ed è combattuto tanto dal nazismo che dallo stalinismo” Se non fossero parole di Bobbio e se Berlusconi capisse un briciolo di filosofia, sembrerebbero parole di quest’ultimo. Con l’aggravante che, anche un esperto filosofo come Bobbio finisce con il confondere “comunismo” con “marxismo” e con “stalinismo”, oppure con il ritenere Nietzsche come l’alter ego di Hitler, secondo un’analisi che risale a Lukacs e che gli studi recenti hanno dimostrato totalmente ingiusta: si tratta di tali aberrazioni che non possono chiamare a giustificazione neanche l’ignoranza, bensì una deliberata volontà di mistificazione o il salto senile di alcuni parametri di coerenza logica. La cosa non può che stupirmi e confondermi, proprio per la stima che ho avuto per questo pensatore.
Anche il discorso di Bellinazzi sulla Gemeinschaft, secondo il dualismo creato un secolo fa dal sociologo tedesco Ferdinand Tonnies, come elemento caratterizzante del nazismo e del comunismo, rivela una cattiva interpretazione dell’analisi di Tonnies: i “proletari di tutto il mondo” che si uniscono, che si associano in partito per instaurare una società diversa, possono essere “amici”, ma lottano per un modello di società orizzontale con pari diritti e dignità per tutti, quindi sono loro a voler realizzare la Gesellschaft, ovvero un modello di società fondato sulla giustizia e sull’uguaglianza. Vive invece sulla Gemeinschaft, ovvero su una prospettiva piramidale della società il nazismo, fatto di gerarchie, di duci, capitani, generali, caporali, soldati, ognuno con il suo piccolo giro di potere e di protezione. La smania di assimilare due ideologie stellarmente lontane porta, come si vede, a sostanziali forzature interpretative e a gravi errori di prospettiva. Si dirà, ma cosa c’entra, in tutto questo, l’Illuminismo? Pare che qui che si vogliano invertire le costanti ideologiche della storia dell’umanità: siamo stati abituati a pensare che la cultura occidentale si sia sviluppata su due versanti, non sempre necessariamente contrapposti, ma comunque facilmente individuabili: da una parte i Sofisti, le scuole socratiche, Aristotele, gli Epicurei, gli Scettici, gli Umanisti, Galilei, gli Illuministi, le grandi rivoluzioni politiche del Settecento, il liberalismo, il socialismo, la democrazia, dall’altra Pitagora, Platone, Paolo di Tarso, Agostino, l’ascetismo medievale, la Riforma, la Controriforma, l’assolutismo, l’Ancien Regime, la Restaurazione, il nazionalismo, l’irrazionalismo, il conservatorismo.
Politicamente i “Wighs” e i “Tories” già nella liberale Inghilterra del Settecento avevano aperto questa strada che è andata avanti sino alle recenti contrapposizioni tipiche dei sistemi maggioritari, divisi tra progressisti e reazionari, tra democratici e repubblicani : e tuttavia il sistema maggioritario è una scelta elettorale che sacrifica la democrazia in nome della governabilità, poiché non dà spazio a quelle minoranze la cui voce, secondo quel grande liberaI-radicale che fu Stuart Mill è il documento più vivo ed evidente della democrazia. Per non parlare del “premio di maggioranza”, ovvero la manovra che stabilisce di falsificare, a tavolino, con una legge, i risultati della volontà degli elettori, da parte di un gruppo di potere che vuole proteggere la sua conservazione. Purtroppo, anche in tal senso la confusione è grande e gli schieramenti fanno saltare qualsiasi coerenza ideologica, proprio per la mancanza d’analisi e d’onestà sui valori della democrazia rappresentativa.
E così gli immortali principi che il Settecento aveva trasmesso alla Rivoluzione Francese, già sono stati erosi dopo pochi anni, ma si riaffacciano ogni tanto, prima di essere ricoperti dall’onda della conservazione che, pur di non perdere i suoi privilegi è capace di qualsiasi nefandezza.
Considerazioni conclusive: oggi in Italia l’Illuminismo è in via d’estinzione, dopo la splendida parabola degli anni ’60 e ’70: c’ è troppa aria di resa, di abbandono delle certezze, troppa paura di professare idee di cui bisognerebbe andar fieri e di cui invece si finisce col vergognarsi. Una destra che dispone del monopolio dei mass media e del controllo di tutti gli strumenti di trasmissione della sua subcultura e li usa sistematicamente per procurarsi consensi e per trasmettere giudizi spesso superficiali e aberranti, ha criminalizzato intere generazioni d’intellettuali, con le loro opere e le loro idee, proponendone l’ostracismo e la messa al bando, per suggerire il ritorno al trionfo dei suoi squallori e della sua ignoranza. Si riaffacciano non sopite superstizioni, rispuntano maghi, profeti, misteri, leaders, esorcismi, parapsicologi, svastiche, voglie di proiezione metafisica, bisogni d’emozione, di protezione, celebrazioni delle stupidità, squallidi individualismi.
L’Illuminismo, e il suo progetto con cui i philosophes nel ‘700 sognarono di rischiarare le tenebre dell’ignoranza attraverso l’uso della ragione, è diventato non un fenomeno ideologico, ma economico, promuovendo il trionfo della borghesia e l’apoteosi della mediocrità dei suoi valori.
L’ideologia classica volge al tramonto, l’umanità non ha più bisogno di idee che spieghino il senso dell’essere: è più pratico l’uso di uno strumento commerciabile per il conseguimento immediato di in risultato, in attesa di nuovi strumenti più idonei e di risultati più concreti.
“L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dal suo stato di minorità, imputabile a se stesso”, scriveva Kant, ma forse al grande filosofo, convinto dei suoi giudizi sintetici a priori, sfuggiva il ruolo fondamentale della “trasmissione” di tutta una serie di coordinate e di principi da parte degli operatori del sistema educativo. Gli ultimi illuministi, Marx, Nietzsche e la Scuola di Francoforte hanno svelato tutti i trucchi con cui questi gruppi di uomini mediocri, ma esperti nel capire le leggi del mercato, nel creare bisogni e aspettative avendo già in tasca la risposta, si sono assicurati, un ruolo di privilegio apparentemente immortale. Tutto ciò può camuffarsi da liberalismo, e in tale trappola sembra cadere Bobbio, ma i meccanismi di sfruttamento bestiale del lavoro umano, le condizioni drammatiche di vita di alcune categorie sociali rivelano come la dittatura non è quella, liberatoria, del proletariato, ma quella più insidiosa e disumana della borghesia. Da questa borghesia sono nati i fascismi, compresi quelli di ispirazione stalinista, che hanno massacrato il movimento di crescita dei lavoratori e delle classi più deboli. Ogni volta che i padroni del vapore si sentono minacciati spacciano il loro fascismo come libertà, come strategia necessaria per la difesa della libertà e riescono a farlo credere, a farlo diventare pensiero comune, grazie agli strumenti di diffusione di cui dispongono. Sullo stesso piatto stanno le guerre, giustificate come “necessità storica” e le abissali differenze di ricchezza con cui sono distribuiti i beni del pianeta.
“Se schiavi, se lacrime -ancora rinserra,- è giovin la terra” scriveva il sacerdote Giacomo Zanella nell’ode “Sopra una conchiglia fossile”.
Rispetto a questi sostenitori del capitalismo come migliore, unico, immortale, immutabile sistema economico e politico è necessario ribadire l’autentico originario significato dell'”egalitè”, qualcuno l’ha chiamato comunismo, come teoria e pratica di liberazione da ogni forma di oppressione. Gli intellettuali che questi giochi ben conoscono, difficilmente cadono nella trappola, a meno che non siano collusi o comprati. Le altre categorie sociali invece, sapientemente manipolate, martellate, imbottite e infarcite di pseudo-notizie e false riflessioni scientificamente studiate, si trasformano in fabbriche di consenso e in burattini manovrati o comprati. In fondo, se proprio vogliamo cambiare le carte, ammettiamo tra gli illuministi anche Platone: il filosofo che esce dalla caverna delle superstizioni e delle false immagini, proiettate sulla parete-tv dai sacerdoti, vede la “luce”, torna per comunicare agli altri la sua scoperta e per liberarli, ma è creduto pazzo da chi crede che la sua condizione sia l’unica possibile e corre il rischio di essere ucciso o messo ai margini. Davanti all’aristotelica affermazione “l’uomo solo o è un bruto o è un dio”, Nietzche aggiunge: “o è un filosofo”. Naturalmente di quelli che, secondo Marx, conservano la “prometeica” voglia di cambiare il mondo.
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