La videogiocomania
I videogiochi non sono nocivi, come non è nociva una pianta di coca o un bicchiere di vino: diventa nocivo il loro uso incondizionato e spropositato. Ecco una breve riflessione su questa malattia del nostro tempo, in costante diffusione.
Quali sono gli effetti nocivi più importanti? Innanzi tutto la videomania, causata dall’uso protratto nel tempo, cioè per diverse ore, rappresenta spesso l’inizio di altre nocive conseguenze. Nella stessa misura in cui si sta lunghe ore davanti al televisore, la prima cosa che si nota è la sedentarietà, all’origine di problemi di sovrappeso.
Altro atteggiamento negativo è la “videofissazione”, ossia la prolungata esposizione ad un videogame, senza pause e completamente assorbiti dal gioco in silenzio e, spesso, in una stanza poco illuminata. Stessa affinità con la “telefissazione”, ovvero con le caratteristiche dei videodipendenti televisivi, con la caduta delle barriere razionali che aiutano a filtrare i contenuti dei videogiochi, o felle fiction, al punto che i comportamenti virtuali vengono comparati, se non assunti come modelli di comportamenti reali.
Si finisce col togliere spazio all’attività fisica, e alle altre attività connesse all’apprendimento scolastico che, quando dietro le pressioni dei genitori vengono svolte, sono fatte velocemente, con scarsa applicazione, stanchezza mentale (e spesso visiva) e ricadute negative sul rendimento scolastico.
“Il videogioco sostituisce completamente ogni altra relazione sociale, favorendo uno stato di isolamento e di individualismo che dispone all’introversione, limita l’apprendimento di utili abilità sociali, creando spesso problemi anche nei rapporti con i familiari”, sia nei ragazzi, con frequenti litigi con fratelli, sorelle e altri coetanei per aggiudicarsi più tempo davanti al videogiochi, sia negli adulti, che a causa del videogioco aprono la via a crisi coniugali e al venir meno delle proprie responsabilità familiari.
L’ossessione del videogioco può produrre agitazione quando non si ha la possibilità di giocare ed insonnia o un sonno agitato, disturbato da sogni legati ai giochi, attivando una ricerca compulsiva di videogiochi sempre nuovi e alla moda, una sorta di “sindrome da shoppping” caratterizzata da continue e assillanti richieste di acquisto di nuovi giochi in una sorta di sfida tra individuo e macchina caratterizzata dal bisogno di dimostrare a se stessi e all’ “antagonista virtuale” il proprio valore e le proprie capacità. È tale bisogno che riporta al gioco virtuale sempre e comunque: la vittoria rinforza la convinzione di poter nutrire l’Ego con migliori prestazioni (dello stesso tipo o di altro genere) e la sconfitta spinge al tentativo di riscattare la propria autostima minacciata dal fallimento. Recentemente sono stati studiati videogiochi rivolti anche al pubblico femminile, il cui numero di praticanti è in continua crescita.
Si può guarire? Certamente, basta cominciare con il limitare il tempo a non più di un’ora al giorno, sotto l’occhio vigile del genitore, specie nei giorni festivi in cui è più facile perdere il controllo del tempo speso a giocare virtualmente.
Si consiglia di effettuare brevi e frequenti pause ogni dieci minuti circa, proiettando lo sguardo su oggetti distanti almeno sei metri al fine di riposare i muscoli oculari che sono costantemente contratti nel corso del gioco.
La terza regola consiste nell’associare al tempo impiegato a giocare, con un uso diverso del tempo, lasciando spazio anche ad altre attività “reali” e “sociali”, come lo sport e gli incontri con amici. In tal modo, si prevengono sia i problemi legati alla sedentarietà che l’isolamento sociale.
Non rinunciare, in cambio del gioco, a svolgere attività fondamentali in una giornata, come dormire, mangiare, lavarsi, studiare o lavorare; l’uso del videogioco va subordinato allo svolgimento o al completamento di tali attività.
E infine servirsi del videogioco come strumento di socializzazione in sfide con amici o fratelli e sorelle, in modo da rendere il gioco uno strumento di socializzazione, piuttosto che di isolamento. Il ruolo dei genitori non sta solo nel determinare i tempi da gioco e nel farli rispettare, ma anche nel sorvegliare argomenti e tematiche evitando sempre sfide violente o eccessivamente competitive. E quindi la prevenzione va praticata attraverso buone abitudini e su poche deroghe, senza eccessi di controllo né eccessiva fiducia in un’autonomia che, una volta instaurato un comportamento di abuso o dipendenza, diviene difficile rivalutare.
(nota realizzata con spunti del testo dello psichiatra spagnolo Francisco Alonso-Fernandez, “Le altre droghe. Cibo sesso televisione acquisti gioco lavoro” edito da Edizioni Univ. Romane, 1999).