Conobbi Peppino come militante di Democrazia Proletaria. Non avevamo comuni interessi. Il teatro di Franco Scaldati fu il movente che fece esplodere in noi una grande amicizia e solidarietà, e, in particolare “Il pozzo dei pazzi”, uno spettacolo travolgente che affascinò Peppino e il suo gruppo, costantemente presente nelle varie repliche fatte a Cinisi, a Terrasini, a Scopello.
Il Circolo Musica e cultura costituì per Cinisi un forte momento di cambiamento per quanto riguarda le forme di organizzazione del sociale, dei fatti culturali e di una serie di altre iniziative, come le mostre itineranti, i cineforum, il teatro, i concerti. Il Circolo ci portava a dibattere di fatti politici, di cultura, di arte, di teatro, di fotografia e costituiva una speranza, ma divenne anche un dramma per certe vicissitudini quotidiane tipiche di un piccolo ambiente di provincia. I nostri rapporti furono intensi, feci parte del gruppo, attratto da quella forza che mi sollecitò a dare il mio modesto contributo nella lotta contro la mafia. Peppino viveva nel suo dramma, il dramma della solitudine, in cui spesso si trova chi lotta, il dramma nel quale tutto era inserito con la consapevolezza di un evento fatale.
Peppino era “impastato” di tutt’altra pasta, le sue idee miravano con grande impegno e coraggio al raggiungimento di uno scopo ben preciso: costruire una società libera dalla mafia: la sua esistenza era stata interamente dedicata al servizio del cambiamento e del rinnovamento delle regole arcaiche e ingiuste sulle quali si reggeva il mondo.
Fu considerato un folle, uno spostato, un “lagnusu”, che non voleva lavorare, che non si faceva i fatti suoi, un rompicoglioni della società “bene”.
“Radio Aut” fu uno strumento straordinario, una sorta di tromba: strombazzava ai quattro venti i fatti scandalistici e criminosi, mettendo in ridicolo tutti i componenti delle cosche mafiose che allora dominavano il paese.
Si consideri che per tutti Tano Badalamenti era un uomo di rispetto che aveva portato al paese benessere e ricchezza. “Don Tanu ‘un caca e si caca caca duru!” Figurarsi se il capo dei capi poteva sopportare di essere messo alla berlina da quattro “sguazzabottiglie”.
Con Radio Aut si aprirono grandi possibilità per le attività di denuncia e per una maggiore apertura al contatto con l’esterno. “Onda Pazza”, trasmissione satiro-schizo-politica aveva un buon indice di ascolto: i personaggi più in vista di “Mafiopoli” e i vari speculatori che infestavano la zona erano chiamati con una storpiatura dei nomi, che comunque ne consentiva l’identificazione.
Peppino aveva grande voglia di vivere, odiava la morte, ma certe volte la sentiva vicina nei momenti di depressione.
Mi fu grande amico: la nostra collaborazione mi è bastata per rendermi conto che si trattava di una straordinaria persona che avrebbe potuto, se fosse ancora vissuto, cambiare un paese in balia a scorribande di delinquenti e criminali che tanti lutti e tragedie ci hanno regalato, ci regalano e continueranno a regalarci.
Fu oltraggiato, massacrato, distrutto fisicamente. I miei pensieri mi rodono. Nessuna protezione. Abitavo a Palermo ed ebbi l’ultimo incontro con lui una settimana prima che fosse ucciso. Quella sera doveva esserci il comizio di Signorile, deputato del PSI. Peppino era stanco, deluso, ma non disdegnò, con la sua ironia, di carezzarmi il viso e il naso sorridendomi e dicendo che avevo una grande maschera. Poi aggiunse di volere dire addio alla politica e darsi alla letteratura, ai viaggi, per disintossicarsi e che al suo ritorno avremmo formato a Cinisi una grande compagnia teatrale. Gli proposi di ospitarlo a casa mia per un paio di settimane e per allontanarlo da un’atmosfera poco rassicurante. Mi rispose che non poteva, perché doveva chiudere la campagna elettorale e che non c’era motivo di allarmarsi, non era ancora giunta l’ora.
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