Chi uccide un bambino spegne il sorriso di una fata. In ricordo di Iqbal Masih
Il 16 Aprile 1995 in Pakistan veniva assassinato Iqbal Masih. Ucciso perché si era ribellato alle mafie dei trafficanti di tappeti che sfruttavano il lavoro anche di bambine e bambini.
Quante volte da bambini avevamo incubi? Tante, tantissime. E spesso erano gli stessi che ci perseguitavano tutte le notti. Spesso sognavamo i fantasmi, le streghe, qualcuno che ci voleva fare del male. O degli orchi. Poi crescendo scoprivamo che i fantasmi non esistono e che in realtà quelle che noi credavamo streghe, erano simpatiche e arzille vecchiette. E gli orchi? Gli orchi esistono?
Ogni anno a Pasqua i cristiani di tutto il mondo ripetono lo stesso rito da millenni: celebrano la Risurrezione del Cristo. Donne e uomini, adulti e bambini si accostano alla S. Messa per ricordare l’evento su cui si basa la Fede cristiana. Alcuni anni fa in un luogo tanto lontano, il Pakistan, anche un bambino, Iqbal, stava tornando dalla Messa di Pasqua. Iqbal era un bambino speciale, non era come tutti gli altri. Era molto più maturo dei suoi 11 anni, e per quell’età mostrava una chiarezza d’intenti che è difficile trovare anche in molti adulti. Mentre era vicino casa cade a terra, sanguinante. Cosa è accaduto? Iqbal non riesce a dire neanche una parola e rende la sua bella e pura Anima a Dio. E muore in una tragica mattina di Pasqua del 1995. In molti diranno che da quel giorno i bambini del mondo sono più soli. Hanno perso il loro eroe. Ma perché l’hanno perso? Perché è accaduto ciò?
Gli orchi sono venuti a riprenderselo. Ma allora esistono?
Ripercorriamo gli 11 brevi ma intensi anni di questo straordinario ragazzino, che voleva crescere e diventare avvocato per aiutare i bambini del mondo. Iqbal nasce in Pakistan da una famiglia poverissima. Ogni giorno per andare avanti era un’impresa. E con una bocca in più da sfamare è ancora più difficile. Un bel giorno, o forse è meglio dire brutto, ma dopo vedremo perché, un signore distinto e simpatico bussa alla loro porta. Fa domande, è curioso e ad un certo punto fa una proposta ai Masih: voi siete molto poveri e non sapete cosa vi riserverà il futuro, io ho molte ricchezze, vorrei portare con me Iqbal e farlo crescere come fosse mio figlio. Lo accudirò, lo farò studiare e gli garantirò un avvenire. Tutte cose che i coniugi Masih non potevano garantire al piccolo Masih. Il signore aggiunge poi che, per questo, è pronto a pagare i Masih con moltissimi soldi. A questo punto, anche se a malincuore, accettano. Iqbal ha 4 anni e lascia i genitori per andare con quel signore. Sembrerebbe una storia a lieto fine, con il piccolo che cresce e diventato il figlioccio del signore diventa anche lui ricco e importante. Ma …
Ma una volta a casa del signore, Iqbal scopre una amara verità. Viene incatenato e costretto per 12 ore al giorno a confezionare tappeti. Tappeti raffinati e decorati, come quelli che molti ostentano nei loro salotti. Se fossimo bambini a nostra volta potremmo tranquillamente definire il padrone di Iqbal un orco. Come quelli dei nostri incubi. Incubi che per Iqbal diventano realtà. Per molti anni Iqbal viene costretto a lavorare per l’orco, con le sue manine deve intrecciare i fili del tappeto. E guai a sbagliare, le punizioni sono tremende!!!! Come Iqbal moltissimi altri bambini, migliaia si trovano nella stessa situazione in Pakistan e in altri Paesi. Ma allora la storia di Iqbal perché è diversa da quella degli altri?
Per moltissimi bambini l’incubo non è ancora finito, e forse non finirà mai. Ma allora non avremmo nulla da raccontare. E invece …
E invece molti anni dopo un giorno, mentre il padrone non c’è, Iqbal si libera delle catene e scappa. Scappa lontano, via dall’orco che gli ha rubato l’infanzia e i suoi anni migliori. Ma il mondo non è fatto solo di uomini cattivi e crudeli come il padrone
di Iqbal. Ci sono tantissimi uomini stupendi e buoni, onesti e giusti. Potremmo quasi definirli maghi, in contrapposizione agli orchi. Ma loro non fanno magie. Almeno così a noi sembra. Iqbal incontra alcuni di questi uomini, che riuniti in un comizio sindacale, stanno parlando. E parlano di lavoratori sfruttati, di diritti negati. Iqbal ascolta, non capisce molto, ma decide di parlare anche lui. Capisce che stanno parlando di persone che hanno vissuto la sua stessa esperienza. Da quel giorno comincia la magia delle persone buone. La denuncia di Iqbal scuote gli animi di moltissimi e giunge fino alle Nazioni Unite. Lì dove i Potenti della Terra si riuniscono. E Iqbal chiede quello che tutti i bambini dovrebbero avere: chiede di poter studiare, di non lavorare, di poter giocare e crescere sereno. Come ogni bambino. E lo chiede a nome di tutti i bambini della terra. Di cui lui, ormai cresciuto, pensate ha 11 anni, è diventato il supereroe. E il nostro eroe provoca un terremoto, a New York come a Islamabad. Ma questa volta è un terremoto che non distrugge, ma costruisce. Costruisce giustizia e sogni. I sogni dei bambini che vogliono essere bambini. Il nome di Iqbal diventa famoso. E moltissimi orchi vengono scoperti, moltissimi bambini vengono liberati. La magia è realizzata. Iqbal, piccolo eroe, ha sconfitto gli orchi. Sta crescendo e decide di studiare. Studiare tantissimo perché da grande vuole essere avvocato. Per difendere e aiutare tutti i bambini del mondo. E restituire loro quello che i maghi hanno restituito a lui. Ma la storia sarebbe troppo bella se finisse così. Iqbal grande che salva i bambini e sconfigge gli orchi. E noi non saremmo qui a parlare di lui.
Purtroppo il 16 aprile 1995 al ritorno dalla Messa di Pasqua gli orchi decidono di ucciderlo. La mafia dei tappeti, quella radicata e criminale organizzazione di orchi senza scrupoli che lucra sull’infanzia dei bambini, decide che Iqbal è scomodo. Rovina i loro affari. E lo uccidono.
Ma la storia di Iqbal non finisce quel giorno. Continua in tutti coloro che hanno ascoltato e ripreso la sua denuncia. Ed oggi moltissimi uomini, maghi di bontà, continuano la sua opera. Iqbal non potrà diventare avvocato per aiutare i bambini. Ma noi siamo qui, e il viso dolce e gli occhi tristi di Iqbal ci chiamano. A proseguire la sua opera. Perché per occuparsi dei bambini sfruttati non ci sia bisogno di un nuovo Iqbal. Ricordiamocelo quando compreremo tappeti di dubbia provenienza la prossima volta. Ogni volta che compreremo quei tappeti, avremo offeso il ricordo di Iqbal. E avremo contribuito a proseguire la catena di egoismo e sfruttamento che lo ha ucciso. E sfrutta tantissimi bambini ancora oggi.
Alessio Di Florio
Il titolo di questo articolo si riferisce ad un episodio del libro Le avventure di Peter Pan. In questo episodio il folletto dice che ogni volta che un bambino sorride per la prima volta nasce una fata. Ed ogni volta che lo spegniamo una fata muore. Iqbal era appunto un bambino che amava la vita. Uccidendo lui, e il suo sorriso, abbiamo ucciso una fata. Sfruttando bambini spegniamo il loro sorriso. E uccidiamo le fate. I bambini, la loro gioia, appunto i loro sorrisi, sono i mattoni del mondo migliore. Giusto, pacifico e solidale che Iqbal voleva costruire. Costruito con le fate, ovvero i sentimenti puri e belli che solo i bambini possono regalarci.
Quest’articolo è stato pubblicato per la prima volta su PeaceLink – telematica per la Pace il 28 Aprile 2004.
chi uccide un bambino non sa che sta uccidendo l’UNICA persona al mondo che un domani avrebbe potuto SALVARE proprio LUI, l’uccisoreo i propri cari, da un brutto male o da altri delinquenti
[…] Telejato […]
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