Per i carabinieri che hanno condotto le indagini sull’ omicidio era un depresso, suicida.
Per Paolo Gullo, avvocato di Tano Badalamenti, Peppino era un feroce terrorista autore e vittima di un suo stesso attentato.
Per il suo assassino, Tano Badalamenti, Peppino è sempre stato una minaccia, uno scassa minchia.
Per suo padre Peppino era un ragazzo un pò troppo esuberante da placare per evitare problemi con gli amici degli amici, degli amici….suoi!
Per Felicia Bartolotta Impastato Peppino era un figlio morto ammazzato per mano degli stessi farabutti mafiosi, amici di suo marito.
Per molta gente Peppino era ed è un eroe.
Per Salvo Vitale era un amico fraterno, un compagno con cui condividere l’impegno comune di cambiare le cose, ma soprattutto Peppino era ed è sempre rimasto un UOMO.
Il libro permette di entrare in intimità con Peppino Impastato e di vederlo finalmente per quello che è: UN UOMO che ha condotto la sua vita con coraggio, deridendo e beffeggiando la mafia, ma pur sempre un uomo.
Non esistono eroi, basta con gli stereotipi, modelli comportamentali irraggiungibili e inimitabili, costruiti per giustificare la pigrizia e la viltà di chi non vuole scomodarsi il culo dalla sedia e aspetta che le cose migliorino da sole e che la mafia crepi di morte naturale.
Noi tutti COME Peppino siamo degli uomini e spetta solo a noi, unici e indiscussi arbitri di noi stessi, decidere se vivere la nostra vita con coraggio e onestà oppure decidere di trasformarci in stru(n)zzi, pronti a nascondere la testa sotto la sabbia con ignobile ipocrisia.
Ho letto il libro “Cento passi ancora” tutto d’un fiato, un bisogno quello di passare dalla pagina in corso a quella successiva, quasi come un assetato alla vista di una fonte d’acqua.
Da queste pagine si evince come la feroce uccisione di un compagno come Peppino abbia inevitabilmente lasciato un senso di vuoto inimmaginabile, forse un vuoto nettamente più grande e indomabile della paura.
Fa male perdere un amico, un figlio, un fratello, un compagno; fa ancora più male se a strapparlo dalla vita è la mano feroce e mafiosa di “Tano Seduto” e della bella compagnia di “sciacqualattughe” e di uomini senza palle; fa malissimo subire i depistaggi, essere spettatori di una giustizia assente, di carabinieri corrotti e “annacapecore”.
Sin da subito Salvo Vitale e gli altri compagni insieme a mamma Felicetta hanno dato voce alla loro rabbia per fare luce sulla vicenda. La reazione più giusta e forse l’unica possibile: la costituzione del dossier sulla morte di Peppino da parte degli stessi compagni, la testimonianza di Felicia su Vito Palazzolo sono stati tutti passaggi fondamentali che hanno contrastato con veemenza gli inaccettabili primi responsi di una giustizia intrisa di omertà.
Poi Chinnici che prima di saltare in aria con la sua scorta dichiara al giornalista Alberto Spampinato “Ce la metto tutta, è come se avessero ucciso mio figlio”, poi Costa, poi Caponnetto, poi ancora Falcone e infine Franca Imbergamo e l’11 Aprile del 2002 finalmente la sentenza che condanna l’imputato Badalamenti Gaetano all’ergastolo.
Un libro che Salvo Vitale intitola “Cento passi ancora” anche se dal 9 Maggio 1978, data in cui hanno ucciso Peppino, all’ 11 Aprire del 2002 sono stati fatti sicuramente più di cento passi. Ho riflettuto molto sul perché di questo titolo e l’unica risposta che mi sono data è che per l’accertamento della verità sulla morte di Peppino sarebbero bastati solo cento passi, perchè si trattava di una verità ovvia e scontata, chiara a tutti tranne a chi originariamente conduceva le indagini.
Un libro, che nelle sue poche pagine, dice tanto e che vi invito a leggere.
Sarà presentato Sabato 17/01/2015 alle ore 16.00 presso il liceo Scientifico di Partinico “Santi Savarino”.
Grazie Salvo e grazie a tutti coloro che ogni giorno si spendono e ci mettono la faccia per combattere le ingiustizie.
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