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A ciascuno il suo. Introduzione originaria al libro di Pasquale Marchese

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Su Partinico e sul suo territorio esistono alcune sintesi storiche, con interessanti ricostruzioni geografiche che ne tracciano l’evoluzione dalle origini ai nostri giorni. Il primo di questi lavori è quello del “graziosissimo marchese” Villabianca, scritto agli inizi dell’ˆ800, trascritto, ricostruito e pubblicato grazie al minuzioso e scrupoloso lavoro di Nunzio Cipolla.[1] Un classico è anche il lavoro di un notaio, Stefano Marino,[2] pubblicato nel 1855, cui seguono, in ordine di tempo i lavori di Francesco Gibellina (1921),[3] del canonico Daniele Lo Grasso (1935),[4] di V. E. Orlando (1932),[5] e di Salvatore Bonnì (1969).[6] In tempi recentissimi è stata curata da Giuseppe Schirò e da Gioacchino Nania una “Storia di Partinico” scritta agli inizi dell’ˆ800 da un altro notaio, Giuseppe Maria Di Bartolomeo.[7] Tali lavori, a parte qualche caso, non sono stati scritti da storici di professione, ma da improvvisati storici che spesso riportavano luoghi comuni non opportunamente suffragati dai documenti o si sviluppavano su prospettive storiche pre-orientate dall’estrazione sociale. In tal senso vale l’asserzione marxiana “le idee dominanti sono quelle della classe dominante” e, quindi, la chiave di lettura storica nobiliare, medio-borghese o religiosa, da cui provengono gran parte dei citati scrittori di storie, non può prescindere dalla valutazione dei condizionamenti, degli strumenti culturali, dei mezzi, delle conoscenze che caratterizzano la stesura delle loro storie.

Esistono poi altri lavori su particolari momenti storici o aspetti del territorio, come quello, interessantissimo sullo “sviluppo urbanistico di Partinico” dalle origini all’800, pubblicata da Leonardo D’Asaro nel giornalino d’istituto “La voce dell’Orso” del maggio 2007 ed inserita, poi, nel libro del suo infaticabile e compianto amico, Aldo Grillo,[8] quello sulle origini, dello stesso D’Asaro,[9] una breve monografia sul territorio partinicese medievale, di Mazzarese Fardella,[10] un minuzioso studio sulle torri rustiche di Antonino Palazzolo,[11] ampliato e ricostruito in dettaglio dallo scrivente,[12] uno studio economico-geografico sulla struttura del territorio, nell’età moderna di Giuseppe Casarrubea[13] e il lavoro documentativo d’immagini, tradizioni e folklore di Masetto Aiello,[14] di Casarrubea-Cipolla[15] per non parlare delle minuziose ricerche di storia contemporanea di Giuseppe Casarrubea, di quelle etnoantropologiche di Salamone Marino, di quelle sociologiche di Danilo Dolci.

Pasquale Marchese compie un’operazione diversa: dai libri contabili, dalle note-spese, dai controlli sul dazio, dai rapporti delle guardie urbane, viene ricostruita  nel dettaglio la gestione del territorio da parte dei “galantuomini”, che ne costituiscono la classe dominante, e, sottotraccia s’intravede, senza neanche eccessivi sforzi di lettura, la condizione sociale ed economica della povera gente alle prese con i problemi della sopravvivenza, dell’alimentazione, del lavoro, della famiglia, della salute. Ne emerge un quadro drammatico di vissuto quotidiano fatto di mancanza d’igiene, di convivenza domestica con gli animali, di malaria a causa di paludi, colera, vaiolo, di  trovatelli affidati alle cure delle balie, di uso abusivo (attassamento) dei corsi d’acqua, di aste per masserizie pignorate, di raccolte di uve e olive scordate sulla pianta, (racioppi), di morti nelle campagne, dazi, mete, tasse, gabelle. Del tutto assenti, quasi cancellati da un’oscura mano, i riferimenti a rivolte e agitazioni sociali, quasi che questi avvenimenti non facciano parte della storia e non abbiano diritto di farne parte. È a questa gente che Marchese vuole dare un’identità, cercandola tra le pieghe dei documenti storici trasmessi da burgisi e galantuomini in un contesto storico che attraversa l’arco dell’intero Ottocento con le sue lente metamorfosi verso un’età in cui si comincia ad adottare un minimo di razionalizzazione urbanistica, si realizzano nuove condizioni igieniche, nuove viabilità e strade di comunicazione e si apre il campo a nuovi ritrovati, come l’energia elettrica.

Ho avuto il piacere di “ripescare” questo lavoro, che sembrava dimenticato, tra la grande mole di libri e documenti che Pasquale Marchese conserva nel “mulino”, anzi nel “paratore” in cui ha scelto di abitare, di ridigitalizzarlo, perché il file originario era andato perduto, di revisionarne il testo, indicizzarlo e assemblarne introduzione e bibliografia.

Sono certo che ogni comune che abbia conservato una memoria storica della sua vita e della gestione del territorio nei suoi archivi, potrebbe, seguendo il metodo di Pasquale Marchese, ricostruire frammenti della sua storia, della sua identità, della sua crescita. Non è facile comunque trovare un’altra persona come Marchese, con il fiuto d’individuazione del documento e con un rapporto di rispetto, se non d’amore con i reperti trovati e salvati dalla distruzione.


[1] E. Villabianca: Storia della Sala di Partinico, trascrizione di Nunzio Cipolla – Palermo, 1997.

[2] Stefano Marino: Un raggio di storia siciliana, ovvero Partinico e suoi dintorni –  Palermo, Stamperia Clamis e Roberti,1855

[3] F. Gibellina: Partinico dalle origini ai principi dell’Ottocento, Palermo, Tipografia – Nocera, 1921.

[4] D. Lo Grasso: Partinico e il culto di Maria SS. Di Altofonte e del Ponte –  Partinico, Tipografia Gaspare Puccio 1933.

[5] V. E. Orlando: Contributo alla storia di Partinico – Archivio Storico Siciliano N.S., Anno XLIV – Palermo, 1932.

[6] S. Bonnì: Partinico nella storia – EGR – Palermo 1960.

[7] G. M. Di Bartolomeo: Storia di Partinico – Tipografia Puccio, Partinico, 2007.

[8] A. Grillo: Da Inico a Partinico (a cura di L. D’Asaro) – Edizioni Terra di Mezzo – Palermo, 2010.

[9] L. D’Asaro: Sicani, Siculi, Elimi – Ed. Ilmiolibro – Partinico, 2009.

[10] Mazzarese-Fardella: Partinico, il suo territorio, i suoi domini in una pergamena del Tabulario Belmonte. – Palermo, 1978.

[11] A. Palazzolo: Le torri di campagna nei feudi dell’Abbazia di S.Maria d’Altofonte a Partinico nel XVI secolo – Libera Università di Trapani n. 20, (1988), 21, (1989), 23 (1989).

[12] S. Vitale: Le torri del Distretto – Partinico, 1996.

[13] G. Casarrubea: Uomini e terra a Partinico – Ed. Vittorietti – Palermo, 1981.

[14] T. Aiello: Partinico attraverso le immagini – Partinico, 1991.

[15] G. Casarrubea – G. Cipolla: Società e storia di un territorio, Ed. Vittorietti – Palermo 1982 e Quotidiano e immaginario in Sicilia, Ed.Vittorietti – Palermo 1984.


 

NOTA: L’originaria stesura del libro, il cui titolo indicato da Pasquale Marchese era “Galantuomini dell’Ottocento”, includeva questa introduzione, che è stata “omessa” da chi  ha curato la pubblicazione. Non è neanche citato il lavoro di  sistemazione, selezione e di impaginazione fatto da Leonardo D’Asaro, al quale ho dato il file originario. Tutto ciò, senza ignorare l’impegno di Leo Soresi, la nota biografica di Vincenzo Musarra, il lavoro finale di revisione di Rosario Lentini e i meriti di Salvo Ognibene, che ha scritto una sua introduzione e ha pagato di tasca sua la pubblicazione: solo per dare a ognuno il suo merito e riconoscerne il contributo. (S.V.)

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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