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Vittime? No. Reati? Zero. Prove? Niente di niente. Il folle processo Maniaci

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L’articolo di Giorgio Mannino per Il Riformista

«Volevano chiudere Telejato, tapparmi la bocca. In questi quattro anni ci hanno tentato in tutte le maniere. Ma non ce l’hanno fatta». Pino Maniaci, direttore dell’emittente partinicese, è sicuro: «Sarò assolto dall’accusa di estorsione. Forse mi condanneranno per diffamazione, giusto per dire che non hanno perso questi quattro anni». Un tempo lunghissimo per il baffuto direttore allontanato dalle province di Palermo e Trapani nel 2016 nell’ambito di un’operazione antimafia che colpì il clan di Borgetto. Il giornalista impegnato con i suoi servizi a denunciare corruzioni e malefatte del paese è finito in un soffocante tritacarne mediatico. Che gli ha prima affibbiato l’etichetta di simbolo della lotta alla mafia per poi scaricarlo e gettarlo nella polvere. Eppure la posizione del giornalista, già nella fase preliminare, è stata stralciata e Maniaci è stato rinviato a giudizio dalla Procura di Palermo per estorsione e diffamazione. Non gli è stata contestata l’aggravante di aver favorito la mafia. Il processo è ormai alle battute finali. Un mese fa il pm Amelia Luise, durante la sua requisitoria, ha chiesto al giudice Mario Terranova una pena di 11 anni e 6 mesi e un’ammenda di 5mila euro. Ieri si sarebbe dovuta svolgere l’arringa difensiva da parte di Antonio Ingroia e Bartolomeo Parrino, legali di Maniaci, ma l’udienza è stata rinviata al 9 febbraio. Dopo eventuali controrepliche si andrà a sentenza. Ma in cosa consiste questa estorsione? Maniaci avrebbe estorto 366 euro agli ex sindaci di Borgetto e Partinico Gioacchino De Luca e Salvatore Lo Biundo. In cambio non avrebbe mandato in onda servizi televisivi contro di loro. «La verità è che 366 euro, lo capisce pure un bambino, non sono un’estorsione – dice Maniaci – ma erano soldi per la pubblicità. Mi hanno messo in mezzo e la cosa parte dal 2013 quando cominciai ad attaccare le misure di prevenzione di Palermo e il cerchio magico di Silvana Saguto». Maniaci è stato tra i primi a denunciare la rete di potere che a colpi di parentele, amicizie e incarichi offerti sempre agli stessi professionisti, gestiva “in un sistema perverso e tentacolare” i beni sequestrati ai mafiosi e agli imprenditori sospettati di essere stati favoriti dai boss. È forse per questo motivo che Maniaci deve pagare? In questa storia giudiziaria, sono tante le domande, al momento, senza risposta. La prima: dove sono le vittime? Perché i presunti estorti hanno dichiarato, durante il processo, di non essere mai stati minacciati o ricattati. Il pubblico ministero, per avvalorare la tesi accusatoria, ha riportato ampi stralci di interrogatorio e intercettazioni nei quali si legge che vengono commessi reati ma i soggetti chiamati in causa non subiscono un procedimento: come mai? Giusto qualche esempio. Nel novembre 2019, Gioacchino Polizzi, ex assessore di Borgetto a cui secondo l’accusa Maniaci avrebbe imposto di cedere 2 mila euro di magliette col logo della sua emittente e di pagargli tre mesi di affitto di alcuni locali, negò durante il processo di aver mai subito minacce, estorsioni, di aver affittato case o ceduto magliette. In un’intercettazione, però, Polizzi rivolgendosi all’allora sindaco di Borgetto Giuseppe Davì, dice: “Voi (il riferimento è anche a Maniaci, ndr) mi avete costretto e obbligato a fare queste magliette”. Perché l’attendibilità di Polizzi vale solo in riferimento all’intercettazione e non su quanto ha dichiarato in aula? E se Polizzi ha dichiarato il falso, come la procura non lo accusa di falsa testimonianza? E ancora. Stando a quanto dichiarato da Polizzi, intercettato, l’eventuale estorsione sarebbe stata fatta da Maniaci in concorso con altri soggetti (“voi”): perché alla sbarra c’è il solo direttore di Telejato? Inoltre anche la presunta vittima Salvatore Lo Biundo, in dibattimento, avrebbe negato di aver mai subito intimidazioni, minacce e estorsioni. L’ex capitano dei carabinieri di Partinico, Marco De Chirico, teste chiave dell’accusa, ha ammesso di non aver trovato nessuna prova sul cambio di linea editoriale all’interno del tg condotto da Maniaci dopo la presunta dazione di denaro. E dato che l’estorsione sarebbe servita per ammorbidire Maniaci, non è chiaro di cosa stia parlando. O l’estorsione non è avvenuta o gli estorti pagavano nonostante la linea editoriale non subisse alcuna modifica. Ipotesi, quest’ultima, che non avrebbe logica. Pagare per continuare a essere attaccati. Per i legali di Maniaci “le pene richieste dall’accusa di solito si chiedono per un capomafia. Questo è uno di quei casi in cui il pm avrebbe dovuto chiedere l’assoluzione per l’imputato tenendo conto del risultato dibattimentale. Invece sono state ribadite e ignorate le risultanze processuali”. La richiesta di condanna è stata condivisa dai legali delle uniche parti civili costituite in rappresentanza del giornalista Michele Giuliano, Nunzio Quatrosi e Gaetano Porcasi. Che sarebbero stati diffamati da Maniaci.

Fonte: Il Riformista – Autore: Giorgio Mannino

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