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Una montagna di melma

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La discarica, i contanti e le tartarughe

Alla foce del fiume Simeto, sulla playa di Catania, ogni anno, le tartarughe Caretta Caretta depongono le loro uova. Da sole, piccole piccole, in estate lasciano i nidi, attraversano le dune di sabbia e si gettano in mare. In quello stesso mare è sversato il percolato proveniente dalla discarica della società “Sicula Trasporti” della famiglia Leonardi: una immensa montagna di spazzatura che domina la riserva naturale. Ora è intervenuta la magistratura, hanno arrestato i Leonardi e hanno sequestrato la discarica.

“Se piove, abbia fuori”. Getta fuori. Questo è l’ordine impartito dal proprietario della discarica più grande della Sicilia. Scrivono i magistrati che Leonardi “in occasione dell’allagamento dei bacini della propria discarica smaltiva illecitamente il percolato, non facendolo confluire nei silos predisposti a raccoglierlo. Leonardi dava indicazioni affinché il percolato fosse scaricato all’esterno dell’impianto, mediante l’utilizzo di pompe idrovore, che lo immettevano in canaloni per poi sversarlo direttamente a mare”. “Danni ambientali incalcolabili” dirà il Procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, in riferimento anche alla cattiva gestione dei rifiuti in discarica.

Ma anche corruzione, traffico illecito di rifiuti, associazione a delinquere, riciclaggio, frode in pubbliche forniture, rivelazione di segreto d’ufficio e concorso esterno in associazione mafiosa. Questi i capi di imputazione che hanno portato all’arresto di nove persone e a nove indagati tra titolari della discarica, dipendenti e funzionari pubblici.

È un business enorme quello dei rifiuti, chi arriva a metterci le mani sopra, diventa ricchissimo, potentissimo. Coi rifiuti si fanno soldi facili, veloci. I comuni hanno l’esigenza di liberarsi della spazzatura il prima possibile, per farlo sono disposti a pagare qualsiasi cifra, anche più di 100 euro a tonnellata. Tanto a pagare sono i cittadini. I proprietari della discarica a loro volta tengono gli amministratori pubblici sotto scacco: basta un ordine e si blocca l’ingresso degli autocompattatori, dopo qualche ora i comuni sono invasi dall’immondizia e i Sindaci sono assaliti dai cittadini che si lamentano per la puzza. Anche così si vincono o si perdono le elezioni.

Così si sono arricchiti i Leonardi. È bastata un’autorizzazione a sbancare una collina tra Catania e Lentini, per seppellire spazzatura, e sono arrivati i milioni. Duemila tonnellate di rifiuti al giorno, cento milioni di euro di fatturato l’anno. Con quei soldi si sono potuti comprare le Hummer, le ville di lusso, gli alberghi, i funzionari pubblici chiamati a controllare. Hanno costruito un impero immobiliare, con la società Leocam, non toccata dall’inchiesta. Con quel potere, come ipotizza la commissione antimafia regionale guidata da Claudio Fava, si sono potute persino facilitare le autorizzazioni per allargare la discarica, e così fare ancora più soldi.

Un mare di soldi in contanti. I Leonardi sembrano lontani dai colletti bianchi che fanno fuggire gli euro in Svizzera o in altri paradisi fiscali con società offshore. È tutto rudimentale, rozzo, a tratti grottesco. Quando il 28 febbraio 2019 la Guardia di Finanza e i tecnici della Procura vanno a fare un controllo presso la discarica, subito Leonardi entra in agitazione, e si mette al telefono per dare ordine di fare sparire i soldi. Questo si apprende dalle intercettazioni.

Antonello Leonardi chiama il figlio: “Giuseppe! Vattene a casa… prendi la borsa e la levi, prima che fanno la perquisizione!”. “Noo, non credo!”. “Sii, non credi…siccome sono amministratore qua”. “Ma dove è?”. “La mamma lo sa! Dai sbriga questa cosa, che è una cosa importante quella”. In quella borsa, secondo gli inquirenti, ci sarebbero banconote per centomila euro.

Poi chiama la figlia: “io c’ho un solo problema …a casa, che ci ho quella busta, piena … e la volevo levare da casa!”. “Quale, quella là, ma dove?”. “Tua madre lo sa!”. “Ma oggi l’abbiamo vista … sono pochi! (i soldi ndr). “Cento! Ci deve essere una busta piena piena che gli dovevo mandare a quello!”. “Ci vado?”. “E dovi la porti?”. “Dalla Zia, da qualcuno!”. “Io volevo avvisare alla Zia che se ne andava all’Ufficio a pulire la cassaforte!”. “Ma là, non c’è niente in Ufficio!”. “Ci sono carte nella cassaforte!”. “Ed allora ci vado io!”. “E che fai? Dove li porti i soldi? Non è che li leviamo di là e li mettiamo da un’altra ‘banna’ (parte ndr)!”. “Da Franca, dalla zia Franca!”. “Noo, che là ci sono i camerieri che se li portano!”. “Va be, momentaneamente, poi li andiamo a prendere!”.

I Leonardi si sentono braccati. C’è da nascondere i soldi ma c’è pure da proteggere le società da eventuali azioni giudiziarie. I magistrati scrivono che “gli indagati, temendo indagini e misure cautelari, stanno cercando di annullarne i potenziali effetti soprattutto dal punto di vista patrimoniale e societario”. Leonardi progetta quindi di adottare nel più breve tempo possibile una serie di accorgimenti per neutralizzare eventuali misure cautelari “reali e personali”. “Tali accorgimenti – scrivono i magistrati – vengono proposti a Leonardi Antonino dall’avvocato Branca (presumibilmente Branca Vito, esperto tributarista e già presidente del Cda di sezione della Commissione tributaria provinciale di Catania). Branca suggeriva all’imprenditore di modificare la governance aziendale, non solo trasformando la Sicula Trasporti da srl in spa, ma anche affidando i ruoli apicali a soggetti esterni, in modo tale da alleggerire le responsabilità proprie e dei propri familiari”.

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