Siamo in guerra mentre milioni sognano umanità
Un altro mondo forse è possibile, questo è sicuramente impossibile. Dominato da guerre, traffico di armi, violenze, abusi, stupri, lager. L’infinita guerra afghana torna a presentare il conto ma, ancora una volta, le squallide cancellerie del Potere pretendono lo paghino le vittime e non i carnefici, gli oppressi e non gli oppressori.
Siamo in guerra. Ma l’Italia, l’Europa e il ricco e pre-potente Occidente dei signori delle armi e della finanza, dell’energia e dello sfruttamento delle lobby e delle più squallide consorterie raramente se ne accorge. Gira la testa dall’altro, pronta solo a calcolare immensi e lauti lucri.
È la realtà vergognosa e disumana, mafiosa e criminale, dei villaggi globali che Gino Strada denunciava già nel 2002 (LINK). Questa nauseante borghesia, che sempre più fa schifo e rabbia LINK, è tornata ad «accorgersi» dell’Afghanistan in queste settimane. E le lenti con cui dall’Italia si guarda ad un Paese distrutto, devastato, saccheggiato e stuprato da decenni per ordine delle «nostre» cancellerie è nauseante. I defensor fidei della «sacra famiglia tradizionale» vorrebbero separare per sempre figli da genitori, mogli da mariti, fratelli e sorelle.
E ci si sta interessando solo dei «nostri» e dei «collaboratori». Migliaia, forse milioni, di donne e bambini vittime di violenze e abusi, oppressi e cancellazione di ogni diritto e dignità – tanto protagonista delle bugiarde retoriche di lor signori – difensori dei diritti umani, attivisti della società civile, persone (urliamolo forte SONO PERSONE, P-E-R-S-O-N-E-) abbandonate al loro destino o consegnate a carnefici ancora peggiori. Accade quotidianamente con la Turchia che massacra il popolo curdo, imprigiona migranti e dissidenti ed è uno dei lager in nome e per conto dell’Europa, o in Libia, il più disumano lager sempre in nome e per conto dell’Europa che lì sta favorendo un vero e proprio regime mafioso.
Siamo in guerra, in Afghanistan e in Iraq, in Siria e in Libia, in Palestina, in Yemen, nel Kurdistan e in tanti, troppi luoghi del «villaggio globale» delle vittime. E qui, accanto a noi, nel cuore di quell’Europa e quegli Stati Uniti che con ipocrisia, arroganza, menzogna e tracotanza continuano a definirsi «civili».
Dino Frisullo lo denunciava già vent’anni fa, quando gli stessi che ora lucrano consensi (e mazzette e affari) scatenando canee contro i migranti costruivano l’attuale legislazione e favorivano ras come Lodeserto. Siamo in guerra denunciò il 19 ottobre 2001, otto giorni dopo dedicò un nuovo articolo alla memoria di «Malli Gullu – rimpatriata dal paese che non vide mai». Una rifugiata curda che non trovò mai rifugio, una vittima delle armi occidentali riconsegnata ai carcerieri e massacratori del suo popolo perché considerata una «minaccia». Ventuno anni dopo siamo sempre qui e l’osceno e immondo teatro di pre-potenti e cancellerie si ripete: da decenni arricchiscono, armano, trattano, sostengono, fanno prosperare regimi e terroristi, criminali e trafficanti di armi, umanità, droghe (oggi l’Afghanistan è solo un narcostato, decollato dopo l’arrivo dei «liberatori»). Eppure, nel provinciale, sguaiato, vigliacco e volgare «dibattito» italidiota, le minacce sono coloro che fuggono dal lager Afghanistan, sono le vittime delle disumanità, della tirannia e del crimine strutturato. Dietro ogni parola del teatrino squallido e immondo si nasconde ben altro: mostrano finti muscoli e fanno, in maniera più o meno diretta, veri affari. Volendo far credere che il nemico, la minaccia, da respingere sia l’impoverito e il disperato, il debole e la vittima.
Dino Frisullo concluse il suo intervento in memoria di Malli Gullu, e chissà quante milioni di Malli Gullu ancora oggi vengono violentate dal «diritto della civile Europa», con un sogno: milioni di ultimi, migranti, impoveriti, vittime in cammino «verso il sole, il fieno e il pane». Raccontò storie di abusi, diritti e umanità negati, era «tutto vero, tutto» scrisse «tranne il finale».
Quel sogno che, aggiunse «vi prego, facciamo che un giorno sia vero anche quello». Le migliaia, forse milioni, di Malli Gullu di oggi – prigioniere dei lager libici e del narcostato afghano, dei regimi comodi alle nostre squallide cancellerie del «nuovo rinascimento», delle «nostre» guerre e delle «nostre armi» – possono rappresentare la costruzione di un altro mondo forse possibile, mentre questo Gino Strada già quasi vent’anni ci ammoniva è sicuramente impossibile, ed impongono un punto fermo, chiedono di ribaltare il paradigma di troppi anni di fortezze vigliacche e disumani. Sono la tappa odierna di una Storia vera e profonda, che affonda le radici nei più nobili capitoli del libro dell’Umanità. Come il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, i partigiani italiani ed europei contro il nazifascismo, gli autentici internazionalisti, le voci coraggiose e indipendenti che hanno denunciato oppressioni e sfruttamento, mafie e dittature, sono pronti a scrivere pagine di dignità e libertà, di vera umanità e progresso. Ma chiedono scrittori e voci pronte, orecchie attente e occhi non aperti soltanto a metà e a convenienza. Così che il sogno di Dino può tornare. «Cresce solo chi è sognato» ci ha insegnato Danilo Dolci, milioni sono in cammino verso il sole, il fieno e il pane, milioni condividiamo la disperazione dentro le «mura d’acciaio». Oltre le convenienze, oltre le omertà, oltre le vigliaccherie, oltre i tatticismi e l’infima piccolezza di padroni e padrini. Milioni possiamo crescere solo sognando, la «storia non ha nascondigli» e «non passa la mano».