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Sequestrati, dissequestrati e nuovamente sequestrati gli impianti della Motoroil

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Tra gli otto distributori c’è anche quello di Partinico

Sembrava una storia finita, chiusa, ma nel campo delle misure di prevenzione nulla è definitivo, qualsiasi sospetto può essere valido per riproporre un sequestro. È toccato questa volta alla signora Elsa Di Girolamo, il cui marito era stato il fondatore della Motoroil, e aveva intestato la società alla moglie. La società era già stata sottoposta a sequestro dalla Saguto il 27 aprile 2015 e dissequestrata dopo un percorso giudiziario durato due anni. Oggi la Direzione Investigativa Antimafia di Palermo ha riproposto il sequestro, associandolo a quello dei beni di altri soci, anzi ex soci Giuseppe Ingrassia e Giuseppe Acanto, nell’ambito delle indagini riguardanti il Mercato Ortofrutticolo cittadino e Acanto, commercialista delle società sequestrate, operanti all’interno del Mercato stesso. Le indagini su Ingrassia, sul nipote Angelo, su  Carmelo e Giuseppe Vallecchia e su Pietro La Fata, tutti titolari di punti vendita siti all’interno del Mercato, avevano avuto come conseguenza un sequestro beni per un valore di oltre 250 milioni di euro e, nei confronti del solo Acanto, di un patrimonio di oltre 800 milioni di euro. Ulteriori indagini hanno consentito al nuovo presidente dell’Ufficio Misure di Prevenzione Raffaele Malizia e al suo giudice relatore Luigi Petrucci, di emettere un nuovo provvedimento di sequestro della rimanente parte del capitale sociale della Motoroil e degli 8 impianti di distribuzione di carburante per autotrazione, tra le provincie di Palermo, Catania, Caltanissetta, Messina e Trapani, per un valore complessivo di oltre 9,5 milioni di euro.

Ma ripercorriamo le vicende passate, di cui ci siamo già occupati, riguardanti l’operato di Giuseppe Acanto e il disinvolto uso della proprietà della transitività, fatto da chi ha deciso il sequestro, nei confronti delle imprese di cui Acanto è stato commercialista. Giuseppe Acanto, è stato deputato del Biancofiore all’Assemblea regionale siciliana, voluto dall’allora presidente Salvatore Cuffaro. Primo dei non eletti, era entrato nel 2004 a sala d’Ercole al posto del maresciallo dei carabinieri Antonino Borzacchelli, finito in carcere. In precedenza è stato, a Villabate tra i maggiori attivisti di Forza Italia e non è stato candidato in questa lista a causa di una condanna per porto d’armi abusivo. Gli investigatori del centro operativo Dia di Palermo hanno scoperto che Acanto avrebbe gestito dal suo studio di commercialista un vero e proprio tesoro, facente capo in gran parte al capomafia Nino Mandalà: beni e società per un valore di 780 milioni di euro. Mettendo da parte le numerose cooperative di servizi sociali di assistenza domiciliare, di commercio all’ingrosso di frutta fresca e surgelata, ecc., un grande spazio ricoprono i settori di raffinazione, trattamento, commercio all’ingrosso e al minuto di combustibili liquidi e gassosi. In una di queste società compare il nome di Elisa Di Girolamo, assieme a quello di Acanto, nella Motoroil srl, con sede a Palermo, via dei Cantieri n. 2/N che si occupa di commercio al dettaglio di carburante per autotrazione. Acanto risulterebbe titolare di una quota per un valore di 1.500 euro. Elisa Di Girolamo è moglie di Antonino Crocco, storico titolare (4.5.1938) del settore di distribuzione del gas a Palermo. In data 27.3.2015 la Di Girolamo decide di sciogliere la società con Giuseppe Acanto, presidente del consiglio di amministrazione, ma appena un mese dopo, il 27 aprile 2015 su di lei e sulle sue imprese si abbatte la mannaia dell’ufficio misure di prevenzione. Per il principio di transitività, poiché Acanto era stato legale rappresentante e presidente del consiglio di amministrazione della Motoroil, anche se la società era stata sciolta e messa in liquidazione, essendo Acanto mafioso,  diventa mafiosa la moglie del sig, Crocco Antonio, sua socia, diventa mafiosa la società Lambda gas che deteneva l’intero capitale sociale della Motoroil, mentre il capitale della Lambda era detenuto da Giorgia Crocco, (figlia) Luigi Biffi, (genero), Elisa Di Girolamo (moglie) e Antonio Crocco,  diventati tutti mafiosi o in concorso per associazione mafiosa, e comunque titolari di beni in cui, risalendo un gradino dietro l’altro, in una parte di essi si trova l’Acanto criminale. E, per ulteriore estensione della transitività mafiosa, poiché la Motorgas aveva stipulato un contratto d’affitto con la Motoroil, dell’impianto di distribuzione di via Lanza di Scalea, n.565, e a sua volta la Motoroil aveva stipulato con Autogas di Parco Filippo un contratto d’affitto dell’impianto, per un periodo di sei anni, rinnovato, con scadenza al 2024, anche Parco Filippo e i suoi sei dipendenti diventano mafiosi, o sospetti mafiosi, o collusi. Quindi il primo atto del dott. Roberto Nicola Santangelo, nominato dalla dott.ssa Saguto come amministratore giudiziario, è stato quello di rescindere il contratto di appalto e mandare tutti a casa, sostituendo con sue persone di fiducia gli uomini che prima vi lavoravano. Naturalmente il mestiere non si impara in un giorno e pertanto si sono viste una serie di disfunzioni, per non parlare di poca attenzione alle norme di sicurezza, al punto che le vendite sono dimezzate e gli operai licenziati hanno il sangue agli occhi. L’effetto domino si è anche allungato a tutte le altre concessioni.

A suo tempo le ditte in questione hanno impugnato la rescissione dei contratti, hanno chiesto un incontro col prefetto, hanno già presentato esposti alla Procura della Repubblica ed agli Enti Istituzionali competenti, denunciando la leggerezza mostrata dal Dr. Santangelo e dai suoi coadiutori nell’esercizio di distribuzione carburanti e il mancato rispetto delle norme di sicurezza nei luoghi dove si commercializza un prodotto ad altissima pericolosità di infiammabilità ed esplosione. I pochi diretti dipendenti rimasti sono stati letteralmente “vessati” dall’Amministratore Santangelo e da Carmelo Provenzano, suo coadiutore, nominato dalla Saguto con pieni poteri “congiunti e disgiunti” e fatti oggetto di ritorsioni per essere spinti, così come riferito da alcuni di loro, o costretti ad abbandonare il posto di lavoro: un dipendente dell’impianto di Caltanissetta si è visto ricevere, dall’oggi al domani, un ordine di trasferimento da Caltanissetta all’impianto di Castellammare del Golfo, a 500 Km di distanza dall’abituale posto di lavoro e dopo una controversia legale, è stato sospeso per cinque giorni, cui ha fatto seguito il licenziamento.

Secondo la prima fase di questa storia, se vedi o ti avvicini, soltanto per qualche istante, ad un mafioso, anche tu puoi essere considerato tale, cosi come capitato ai vari operai dei distributori che hanno visto saltuariamente Acanto solo dal Gennaio 2013, data della stipula del contratto di affitto. Quindi per transitività mafiosa ben 20 soggetti, con famiglia e con anni di onorato servizio, si sono ritrovati senza lavoro. Ai nuovi dipendenti, nominati dalla coppia Santangelo-Provenzano sono stati dati orari di lavoro ridotti, in attesa che i soldi piovano dall’alto, specie quelli della Blue gas, la quale si trova in una situazione prefallimentare, con un passivo di 4 milioni di euro.

Alcune cose sono emerse dal maxi-sequestro di 800 milioni di euro, cifra da prendere, al solito, con abbuono e approssimazione:

  • il presunto “concorso in associazione mafiosa” di persone che si sono consociate con Acanto in alcune imprese, come la Euro Baden srl, la Diva srl, la Percorso aziendale srl, la Mondofruit, la Caritas società cooperativa sociale onlus, la Costruzioni srl, la Motoroil: difficile individuare l’intenzione di delinquere, ma basta estendere il principio di transitività ed è fatta;
  • la mancanza di Acanto in alcune società, colpevoli solo di avere la sede legale in viale Europa n.151/l, o di essere, comunque clienti dello studio commerciale Acanto Giuseppe, società di servizi contabili e fiscali resi da ragionieri e periti commerciali, in cui lavoravano una ventina di persone: la Vi.Ma Costruzioni, la Cooperativa Servizi Sociali società cooperativa, la Fagiano società cooperativa, la Blu gas, la Elgas, la Gas Service, la Lambda Gas. Anche qui la transitività crea un circuito che brucia qualsiasi iniziativa imprenditoriale;
  • l’inesistenza di alcune ditte, da tempo chiuse o in stato di liquidazione e citate come aziende sequestrate, indubbiamente per dare una dimensione eclatante del sequestro e gonfiarne il valore e l’ammontare finale: nel nostro caso la DIVA, in liquidazione, la Cooperativa sociale III Millennio, chiusa dal 2000, la Cooperativa sociale Giacomo Calista, chiusa da cinque anni, la Primavera società cooperativa sociale, chiusa da tempo, la Costruzione Sud, chiusa da cinque anni, la  Costruendo, da tempo sequestrata e messa in liquidazione.

Non è il caso di avventurarsi nella giungla dei depositi bancari o in quella dei beni immobili: da voci raccolte l’unica disponibilità liquida di Acanto pare che fosse quella di un deposito di 40.000 euro, chieste a una banca, per ristrutturare la casa in cui abitava e darne una parte alla figlia che si doveva sposare. Ma di lì a 780 milioni di euro c’è un abisso.

Imprese sequestrate operanti  nel settore della distribuzione del gas all’atto del primo sequestro:

  • La Motoroil srl con sede a Palermo, via dei Cantieri n. 2/N: commercio al dettaglio di carburante per autotrazione. I distributori sono in via Lanza di Scalea, in via Messina Marine n. 196, via Matteotti a Villabate, SS 113 Km. 314 a Partinico, contrada Fizzio a Caltanissetta, SS 114 contrada Piano Derci Catania via Fragale – Torrenova (Messina), SS 113 Km. 38 a Castellammare del Golfo.
  • Costruzioni srl con sede a Villabate (PA), viale Europa n. 151/I impresa edile.
  • La Energassrl con sede a Villabate (PA), Viale Europa n. 151/I società di commercio all’ingrosso ed al dettaglio di idrocarburi e gas naturale.
  • Motorgas srl con sede a Palermo, Via Libertà n. 58, società di installazione di distributori automatici g.p.l. e la relativa vendita di gas, di petrolio e di apparecchiature industriali.
  • Blu Gas srl con sede in Carini Via Francesco Crispi n. 15 (partita I.V.A.: 05017140822), ed avente per oggetto società di commercio all’ingrosso di gas in bombole e la distribuzione e vendita di g.p.l. a mezzo autocisterne. Titolari Crocco Antonio, Crocco Antonia, Crocco Giorgia e Seidita Eduardo.
  • El Gas con sede a Palermo, Via Gaetano Daita n. 25, società di commercio al dettaglio di combustibile per uso domestico e per riscaldamento.
  • GiGas srl con sede a Palermo, Via Geatano Daita n. 25, società di commercio all’ingrosso di combustibili e lubrificanti, nonché l’attività di autotrasporti di cose per conto terzi, titolare Crocco Antonio.
  • Sogegas con sede a Palermo, via G. Daita n. 25, stabilimento per l’imbottigliamento ed il deposito di g.p.l. per uso domestico ed industriale, titolare Crocco Antonio.
  • Gas Service srl in liquidazione con sede a Villabate, viale Europa n. 151/I, ed avente per oggetto l’attività di esecuzione di lavori edili, titolare Crocco Antonio,
  • Lambdagas con sede a Palermo, Via Libertà n. 58, impresa di raffinazione, distribuzione e trattamento in genere di idrocarburi e di combustibili liquidi e gassosi, di cui erano titolari i componenti della famiglia  Crocco

Nel marzo 2016 il nuovo provvisorio presidente dell’Ufficio misure di prevenzione, dott. Montalbano, ha deciso di riconsegnare ai legittimi proprietari tutte le imprese di distribuzione gas legate alla famiglia Crocco-Di Girolamo. Le operazioni di riconsegna sono state laboriose e complesse, anche perché l’amministratore Santangelo ha allungato i tempi della consegna: il giudice Montalbano in un certo momento gli ha revocato l’incarico e ha nominato un altro amministratore giudiziario, Giuseppe Li Greci. A quasi un anno da queste decisioni una parte della Motoroil, ovvero il 20% di cui Acanto risultava proprietario ha continuato ad essere in amministrazione giudiziaria.

Oggi, a sorpresa, quando tutto pareva finito, ecco che il sequestro è riproposto per  gli otto distributori della Motoroil intestati alla signora Crocco, che a suo tempo ha espresso le sue ragioni in un’intervista a Telejato, assieme ai suoi operai licenziati. Al momento non si conoscono le motivazioni né il nome del nuovo amministratore giudiziario. Ignote anche le connessioni, se esistono, con i titolari di alcuni punti vendita al mercato ortofrutticolo, probabilmente quello presso cui il prof Carmelo Provenzano si riforniva per portare frutta fresca alla Saguto e alla prefetta Cannizzo. Sicuramente si trattava di clienti di Acanto, ormai ridotto alla frutta. Insomma, punto e a capo.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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