Seconda udienza del processo che riguarda i mafiosi di Borgetto e Pino Maniaci

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Oggi si apre un altro capitolo del processo che interessa gli 11 imputati dell’operazione Kelevra, ma nella quale è stato coinvolto, potremmo dire “messo dentro” anche Pino Maniaci.

Già nel passato 19 gennaio c’era stata la prima udienza preliminare del GIP in relazione alla richiesta di rinvio a giudizio depositata in data 17/10/2016 dopo che il GIP Gabriella Natale invitava iI PM richiedente Amelia Luise di trasmettere al suo Ufficio la documentazione relativa alle indagini espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio relativa a 12 imputati: Nicolò e Antonio Salto; Giuseppe, Tommaso, Francesco, Davide e Antonino Giambrone; Francesco e Salvatore Petruso; Antonino Frisina; Giuseppe Maniaci; Salvatore Brugnano.

L’udienza era stata rinviata al 27 febbraio a causa del solito disguido, ovvero di un mancato avviso nei confronti del vicesindaco di Borgetto Vito Spina. Pensate un po’, erano state mobilitate un centinaio di persone, tra imputati, qualcuno dei quali detenuto lontano da Palermo, avvocati, testi, parti lese, parti civili, giudici, avvocati, cancellieri, per accorgersi che, a causa di un errore, anzi di una dimenticanza, era necessario rinviare tutto. Fra l’altro, poiché l’aula era troppo piccola, il processo è stato spostato nell’aula 24. Mentre parliamo l’udienza è ancora in corso, poiché, dopo il consueto appello, la corte si è ritirata ed è dentro da diverse ore per decidere sulla costituzione delle  parti civili. Diverse le richieste, da quelle delle associazioni antiracket, particolarmente fatte nei confronti dei mafiosi di Borgetto, e dello stesso comune di Borgetto, a quelle nei confronti di Pino Maniaci. Queste ultime sono relative alle denunce fatte dal sindaco, per conto del Comune e dalla signora Liparoto, allora presidente del Consiglio comunale, per quanto riguarda il viaggio in America, fatto dai due, per il quale Maniaci aveva detto attraverso la sua emittente che ad accogliere il sindaco con la delegazione l’icona della madonna del Romitello, c’erano anche rappresentanti della mafia borgettana. Un’altra costituzione è stata chiesta dall’avvocato Bonnì, difensore di Giuliano Michele, Quatrosi Nunzio e Prcasi Gaetano, che si sono sentiti offesi da una trasmissione nella quale Maniaci faceva apprezzamenti pesanti nei loro confronti, perché, attraverso i loro blog avevano insinuato che ad uccidere i due cani di Maniaci fosse stato lui stesso per farsi pubblicità. I legali di Maniaci, Ingroia e Parrino, hanno intenzione di chiedere lo stralcio del processo, poiché le accuse di Maniaci non riguardano il contesto dell’operazione Kelevra, nel quale egli è stato invece inserito. Anche per quel che riguarda le presunte estorsioni di Maniaci sarà chiesto lo stralcio non trattandosi di estorsioni mafiose, per le quali occorre un tipo di collegio giudicante, ma di semplici estorsioni, che dovrebbero essere valutate e giudicate dal giudice monocratico.

È il caso comunque di parlare di cose più serie, cioè di porre l’accento sulla vera entità del processo, ovvero sulle accuse di estorsione nei confronti di alcuni commercianti della zona. Uno dei Giambrone avrebbe consegnato i soldi dell’estorsione a Nicolò Salto, poiché tra i Salto e i Giambrone sarebbe intervenuto un patto di ferro per spremere soldi alle attività commerciali della zona. Nicolò Salto e Giuseppe Giambrone sono accusati “Per essere intervenuti nella soluzione di controversie tra privati” cioè di aver tentato di mettere pace tra due litiganti, e questo è un reato strano, anche se le regole mafiose implicano il fatto che il mafioso che fa il paciere, impone agli altri di accordarsi secondo i suoi ordini.

Curiosa anche la situazione di Benny Valenza, al quale Nicolò Salto avrebbe chiesto di versare una imprecisata somma di denaro quale “messa a posto”, evento non verifìcatosi per cause indipendenti dallo loro volontà, a causa del rifiuto della vittima dalla quale si era recato prima Salto e poi Giambrone”. Quindi Benny Valenza risulta persona offesa, ma che ha avuto il coraggio di dire no alla richiesta estorsiva. Quella di mafiosi che chiedono il pizzo a loro stessi, tra di loro, è uno sviluppo interessante di questa storia, così come lo è l’accusa di favoreggiamento nei confronti di Brugnano Salvatore, “per avere aiutato Giambrone Giuseppe, sottoposto ad indagine per il reato di estorsione aggravata in danno dello stesso Brugnano, titolare dell’omonima azienda vinicola situata in contrada San Carlo di Partinico, ad eludere le investigazioni dell’Autorità che li riguardavano, omettendo di riferire alla polizia giudiziaria, in sede di sommarie informazioni, circostanze decisive ai fini dell’accertamento dei fatti di rilevanza penale al medesimo addebitato, in particolare negando di aver ricevuto richieste di natura estorsiva. In Partinico il 9.5.2016”

In pratica Brugnano, dichiarando di non avere pagato il pizzo ha detto il falso e ha “eluso”, sarebbe stato più semplice dire “ostacolato” le indagini dei carabinieri contro il suo estorsore Giambrone. Resta il fatto che Brugnano ha dichiarato di avere mandato anche lui a quel paese i suoi estortori: conclusione: Benny Valenza è credibile, Brugnano no. Così come non è stato ritenuto attendibile Polizzi che ha negato di essere stato estorto da Pino Maniaci.

Piccolo particolare: l’avvocato Paola Polizzi, figlia di Elisabetta Liparoto, difende Giuseppe Giambrone, detto “U Stagnalese”, il quale stamane, assieme agli altri suoi compagni di paese, ha chiesto di non essere ripreso dalle telecamere e ha accennato, oltre il vetro che lo separava, ad un bacio nei confronti di Pino Maniaci. Sperando che non se ne sia innamorato. In attesa che escano i giudici e comunichino quanto hanno deliberato, si presume che la prossima udienza non sarà prima di maggio.

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