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Scontro di Civiltà. Il mondo cambia con dolore

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I fatti di Parigi sono perforanti. Nessuno è al sicuro, nessuno è estraneo, il terrore ci riguarda tutti. Il mondo cambia dopo la notte di terrore consumatasi nella capitale francese. Ed oggi si apre un capitolo nuovo, più complesso ed amaro di quello vissuto dopo l’11 settembre 2001.

Mai potrò dimenticare queste scene. Mai potrò dimenticare la visione, seppur virtuale, di lenzuola, talvolta di bambini, gettate dalle finestre per coprire corpi di inermi, civili, ragazzi. Mai potrò dimenticare il grido di giovani che, feriti, trascinano il corpo di un amico morente che lascia il proprio sangue sull’asfalto. Mai, mai, mai potrò dimenticare l’ansia di inviare un messaggio stupido ad un parente ed un amico che si trovano nel bel mezzo dell’inferno e non avere cosa dire. Parigi è stato l’inferno. Parigi è stato tanto. Un pezzo di storia. La notte di Parigi è un nuovo 11 settembre, e per noi, uomini e donne del vecchio Continente, peggio addirittura. La rabbia è veramente tanta, brividi lungo la schiena. Non vedo tali reazioni da almeno 14 anni e qualche mese. Già. 11 settembre 2001. Appunto. Qui si scrive la storia.

 

Leggo, ed ho letto, tante opinioni sui fatti di Parigi. Molte condivisibili, molte che condivido, molte cazzate. Io, sono sincero: sono fortemente preoccupato. Un occidente debole, frange del resto del mondo folle. Potrei dirvi ve l’avevo detto, potrei dirvelo si. L’ho fatto, con una mente più serena ed una riflessione più approfondita il 4 febbraio di quest’anno. Nell’articolo La Rabbia e l’Orgoglio, davanti una tastiera ed uno schermo, vi avevo detto del terrore, dell’abominio rappresentato dall’Is (alcuni continuano a chiamarlo Isis). Vi avevo detto che il punto non era il razzismo, non era la religione, ma il concetto di vita che questi animali hanno, che vogliono imporre, che vogliono colorare del loro e dell’altrui sangue. Certo la colpa era del dispotico occidente, della fame di guadagno, profitto, potere. Ma come ogni buon padre di famiglia, che si accorge di avere sbagliato, prima salva la famiglia dal pericolo imminente e poi punisce, sgrida, corregge. Ecco, vi dissi che noi eravamo la causa del terrore, ma prima di correggere bisognava fermare l’Is. L’occidente, troppo attento a questioni monetarie, troppo allettato da divisioni geopolitiche, ha permesso ulteriori passi avanti alla macchina del terrore, contento che il petrolio rimanesse a prezzi bassi, e Bashar al-Assad, presidente siriano, fosse sempre più indebolito. L’Is nel frattempo è una macchina da guerra che agisce similmente ad Al-Qaeda, diventando marchio di fabbrica per tutti gli spostati del mondo, che uccidono nel nome di una religione che ignorano; d’altra parte però l’Is è anche una forza reale, non solo occulta, centro di aggregazione di tutti gli squilibri del Medioriente. Le scelleratezze della politica internazionale hanno lasciato tanti punti oscuri in cui i soldati dell’Is combattono realmente, con i loro fucili, con i loro armamenti, non avendo bisogno di nascondersi. Non è un fatto di razzismo, non è un fatto di culto, ne tanto meno di persone.

Il mondo non sarà più lo stesso. Magari vi potrete illudere di potere ritornare alla vostra vita, ma statene certi: ogni volta che andrete ad un “grande evento” penserete se sarà quella la volta per il botto, per i proiettili. Non è uno scontro di religioni, non è uno scontro tra estimatori di Oriana Fallaci (e chi non lo è). È molto di più. È uno scontro di Civiltà. La nostra civiltà contro un cancro. L’islam (quello sano, che conta ben più morti dei cristiani per mano dell’Isis) contro un cancro. E non prendiamoci in giro, sarebbe facile, ma inutile. Il problema non è l’immigrato vicino casa, non è il compagno di scuola dei nostri figli.

L’occidente deve raccogliersi intorno ad un grande progetto di forza e politica. L’occidente deve fermare l’Is. Non si può più permettere che ciò accada, di nuovo. La rabbia, l’orgoglio, il dolore. Mai più. Un <<mai più>> falso, però. Stamani, il ministro degli interni, Alfano, dopo una seduta straordinaria di Lavoro, con il primo ministro Renzi, e tutti i vertici della sicurezza nazionale, ha aumentato i sistemi di sicurezza, ma ha precisato che “nulla si può escludere”, e messaggi simili arrivano da tutti i governi Europei. Non si può rispondere agli imbecilli che parlano di rimpatriare tutti i non “appartenenti alla nostra cultura”, e non si può neppure rispondere a chi grida alla guerra (tesi da bambino al quarto giorno di asilo). Guerra a chi? Molti dei complici ed alcuni degli stessi attentatori di Parigi sono Francesi. A chi fare la guerra? Certo serve l’azione militare, certo serve l’azione. Quello che più urge però è la fermezza. Basta scuse. Le basi dell’Is vanno cancellate, annientate, tagliati (come Romano Prodi dice da un po) i loro canali di approvvigionamento economico, che sono visibili, tangibili, riscontrabili. Bisogna cancellare l’Is.

Un secondo dopo, un secondo si, ma dopo, bisogna riflettere su chi siamo e sulle nostre responsabilità. E’ la dimostrazione che nessuna lattina di Coca Cola o Pepsi, nessun McDonald’s esporterà mai la democrazia. La democrazia si esporta con la scuola, con il lavoro, con l’arte. Basta vendere Jeep ed Iphone a chi poi li usa per trovare proiettili per spararci. Basta girarci dall’altra parte quando le nostre aziende belliche fanno affari con i terroristi. Basta.

Certo questo articolo non vincerà alcun premio, è scritto in maniera barbina, disunito e sconclusionato. Credetemi però, scrivo con rabbia e fretta, e non lo dico per giustificarmi, ma per sottolinearvi quanto abbia necessità di rendervi parte celermente di quanto avete letto, di liberare la mia coscienza e mente, da idee che ritengo importati, fondamentali.

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Redazione

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