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Scandalo Saguto, chiesto il processo per 22 indagati

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La magistrata Silvana Saguto, il marito Lorenzo Caramma, l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara: sono i primi tre nomi inseriti nella richiesta di rinvio a giudizio fatta dalla sostituta procuratrice di Caltanissetta Cristina Lucchini per la vicenda della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo.

Le persone coinvolte nell’inchiesta del Gruppo tutela spesa pubblica del nucleo di polizia tributaria di Palermo rispondono a vario titolo di reati che vanno dall’associazione per delinquere, contestata alla Saguto, al marito e all’avvocato Cappellano Seminara, ma anche dalla corruzione all’abuso d’ufficio, passando per il falso, la truffa e il peculato. Il gruppo di magistrati, avvocati, amministratori giudiziari e investigatori avrebbe gestito in maniera privatistica e con una serie di favoritismi i beni sequestrati a Palermo, città in cui si registra il numero massimo in Italia di questo tipo di provvedimenti. L’udienza preliminare si terrà il 22 giugno, davanti al giudice Marcello Testaquatra.

Nella lista degli indagati ci sono anche altri giudici, tra cui Tommaso Virga, ex componente del Csm, ma anche gli altri giudici del collegio presieduto dalla Saguto, Fabio Licata e Lorenzo Chiaramonte. Poi l’ex prefetta di Palermo, Francesca Cannizzo, sostituita proprio dopo lo scandalo. In elenco anche Carmelo Provenzano, Roberto Nicola Santangelo, Walter Virga, figlio di Tommaso, all’età di 33 anni, nominato amministratore di un patrimonio da 800 milioni di euro. Nella lista uno dei figli dell’ex presidente sotto inchiesta, Emanuele Caramma, il padre dello stesso magistrato, Vittorio Pietro Saguto, e ancora Roberto Di Maria (a capo della facoltà di Scienze Economiche e giuridiche della Kore di Enna), Maria Ingrao, Calogera Manta, Rosolino Nasca (tenente colonnello della Guardia di finanza), Luca Nivarra (docente della facoltà di Giurisprudenza di Palermo), Aulo Gabriele Gigante, Antonino Ticali (amministratori giudiziari) e infine Elio Grimaldi, assistente giudiziario del tribunale di Palermo, che ha perso un figlio, coadiutore di una amministrazione di una cava confiscata, fu ucciso da un operaio trasferito da una cava a un’altra. Il delitto avvenne nei giorni successivi alle perquisizioni e al venir fuori dell’inchiesta sulla sezione misure di prevenzione.

di Salvo Palazzolo – tratto da: palermo.repubblica.it

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