Accade questo, al di là di tempi e luoghi, ogni volta che in gioco c’è uno scontro tra libertà e poteri totalitari. Parlare di mafia e fare inchiesta sulle cosche, allora, il 5 gennaio 1984 e in Sicilia, era un po’ come per Charb, Wolinsky o Cabu e Tignous, disegnare a Parigi vignette graffianti sull’Islam non moderato ma anche sull’integralismo cattolico e sulla arroganza di potenti senza controlli. Una “bestemmia” civile, visto che il lavoro di un intellettuale onesto, non ha importanza se parigino o di Palazzolo Acreide (priovincia di Siracusa), è simile. Sta tutto lì, bestemmie nel contesto di chi dice cose sagge e di salotto, nascondendo la cruda verità.
Certo che la “guerra” antimafia dell’intellettuale siciliano Giuseppe Fava (armato di lettera 22) e del suo giornale I Siciliani non hanno apparentemente nulla a che fare con le battaglie di un gruppo di raffinate matite parigine degli anni dieci del terzo millennio, ma lo scontro è lo stesso.
Anche allora la violenza era annunciata, minacce ne arrivavano intorno a quel giornale in culo al mondo ma il lavoro continuava. E anche allora il “contesto” del giornalismo bene educato e “autorevole” invitava a “non esagerare”. Come ha fatto ieri il Financial Times (e come faceva Andreotti): “Vabbé, però quelli se la sono un po’ cercata… giornalisti estremisti che hanno esagerato e così hanno cercato la morte”. Stesse parole che usava, 31 anni fa, il quotidiano di periferia di Catania, La Sicilia, prima, durante e dopo l’assassinio del giornalista di turno, in quel caso Fava, oggi Charb e compagni.
Vignette ne pubblicavamo anche noi, su I Siciliani. Dissacranti per l’epoca. Tra noi c’era un ex direttore del settimanale satirico il Male e molti vignettisti oggi affermati sono cresciuti là dentro, alla scuola della dissacrazione di un potere pervasivo come quello della mafia politica-economica che ammazzava (già allora a colpi di kalashnikov) prefetti, poliziotti, magistrati, politici onesti, professori di università, preti, giornalisti (9 uccisi in Italia dalla mafia), passanti e perfino ragazzini.
E lo poteva fare perché contava sulla distrazione e sulla paura dei “colleghi” che non se la cercano mai. Perché educatamente non bestemmiano e voltano sempre le spalle ai fatti.
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Terribile! Ieri su Europe 1 (08-01-2015), nel programma di Dominque Tadei, abbiamo sentito "i morti" : Questi uomini simbolizzando della vecchia guardia della cultura di altissimo livello. L'hanno dimostrato nei disegni che fanno referenza alla storia, la letteratura, la politica, tutte le religioni. A più di 80 anni per alcuni, sono morti in piedi. Spero che Lucille Dallet riuscirà a fare i montaggi delle spiegazioni pedagogiche dei disegni, comprensibili qualsia sia la lingua. Questi uomini non sono figli dei fiori. Hanno la testa sulle spalle. Dicono tutti, che sono per uno stato forte e incorruttibile. Charlie Hebdo Officiel che uscirà mercoledì con la solidarietà
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