Dando un’occhiata allo sconfinato materiale, più di mille pagine una parte del materiale con cui la Procura di Caltanissetta ha disposto il sequestro dei beni e l’apertura di indagini nei confronti di una ventina di elementi che avevano fatto dell’Ufficio misure di prevenzione del Tribunale di Palermo una sorta di personale bottega, emerge un particolare importante:
A parte le imprecisioni (come ad esempio, l’effettivo numero delle gestioni affidate a Cappellano Seminara, il nome di Mariangela Pantò, la circostanza che la stessa non fosse convivente del figlio della Saguto, il fatto che il CSM non tratti “procedimenti giudiziari”), gli articoli sintetizzati, soprattutto quelli pubblicati su Telejato, descrivevano un contesto e denunciavano la presenza di “un cerchio magico che ruota[va] intorno agli amministratori giudiziari ed ai “quotini”, ossia l’insieme di coadiutori e collaboratori, coloro che erano “in quota” dell’amministratore giudiziario, “nella quota del loro re, cioè di colui che li fa lavorare” e che determinava arricchimenti indebiti attraverso la gestione dei compendi in sequestro di prevenzione. Le notizie di stampa e le conversazioni registrate sulle utenze di Maniaci, il quale, peraltro, rivestiva la posizione di persona sottoposta ad indagini nel procedimento iscritto 126 presso la Procura di Palermo e la cui credibilità andava scrupolosamente vagliata, erano solo il punto di partenza per gli accertamenti da svolgere.
Alla luce di questi elementi, delle notizie di stampa e delle conversazioni registrate sull’utenza di Maniaci, si riteneva di iscrivere Tommaso Virga per il delitto di cui all’art. 319 quater cp, commesso in data antecedente il 24 marzo 2014 (data del sequestro Rappa, ipotizzando che lo stesso, abusando della sua qualità di consigliere del CSM – il quale, stando alle conversazioni captate sull’utenza di Maniaci, avrebbe avuto in carico una non meglio definita pratica riguardante Silvana Saguto, forse un procedimento disciplinare, che comunque è giudicato da un organo collegiale – avesse indotto quest’ultima a dare indebitamente un’utilità al proprio figlio Walter Virga, nominandolo amministratore giudiziario nell’ambito del procedimento Rapp……..(omissis). Sebbene, quindi, i contorni della vicenda non fossero definiti, non ci si poteva esimere – a tutela degli indagati in vista del decorso del termine delle indagini preliminari – da una qualificazione giuridica e dall’iscrizione di un titolo di reato, nella consapevolezza che, per la fluidità che caratterizza l’imputazione, soprattutto nella fase iniziale delle indagini, la vicenda, all’esito degli accertamenti, avrebbe potuto perdere i connotati di rilevanza penale o essere letta non in termini di induzione, bensì di scambio o – come è sembrato infine del tutto congruo e adeguato – di abuso d’ufficio”.
Quindi è chiaro, è scritto, da dove prende origine l’inchiesta. Si tratta di informazioni spesso imprecise, come lo è quella del procedimento fatto nei confronti di Silvana Saguto, responsabile di una serie di ritardi nel mandare avanti procedimenti penali, ma in un periodo anteriore alla nomina di Tommaso Virga al C.S.M. Se Virga ci abbia messo lo zampino non si sa, ma in quel periodo al CSM c’era Lo Voi.
Esiste una relazione dell’Ispettorato generale del 9 luglio 2011, in merito alla segnalazione dei ritardi nel deposito di provvedimenti da parte di giudici togati, con proposte di azione disciplinare nei confronti, tra gli altri, di Silvana Saguto. Ritenendo che i ritardi ascrivibili a Silvana Saguto avessero “superato per quantità e durata i limiti della ragionevolezza”, l’Ispettorato proponeva un’azione disciplinare a suo carico per “l’illecito disciplinare ….(109/2006) perché, nella sua qualità di magistrato in servizio presso il Tribunale di Palermo, mancando ai propri doveri di diligenza e laboriosità, ritardava in modo reiterato, grave e ingiustificato, nel periodo novembre 2003-novembre 2010 il deposito di 184 sentenze penale presso il Tribunale di Palermo, con ritardi che in due casi superavano i 1000 giorni, in sei 900 giorni, in otto gli 800, in nove 700, in otto 600, in trentasette 500 ed in ventuno 400. Con una incidenza percentuale dei ritardi sul lavoro svolto pari a circa il 40%”; la nota della Direzione generale magistrati trasmessa il 3 gennaio 2012 prof. 1820/2011 con proposta di archiviazione di tutte le posizioni dei magistrati per i quali erano stati rilevati ritardi, inclusa Silvana Saguto”. Quindi tutto a posto, non era successo niente.
Da tutto questo emerge una domanda inquietante: Perché il Procuratore capo Lo Voi, dopo che è stato tirato fuori il caso di Pino Maniaci, ha detto che costui non c’entrava niente con l’inchiesta dei giudici di Caltanissetta, e perché costoro, qualche giorno dopo hanno ripetuto la stessa cosa? Questa emittente non vuole rivendicare niente se non quello che ha trasmesso. Con una nota: ci sono spesso imprecisioni e approssimazioni, data la nostra difficoltà di agire direttamente sulle fonti, ma l’attività di Telejato è stata da sempre improntata alla ricerca della denuncia delle disfunzioni in qualsiasi corpo dell’apparato statale e all’auspicio che, da tali denunce possano nascere soluzioni per un migliore funzionamento di quelle che sono chiamate istituzioni. E allora perché, se come è scritto non da noi, l’indagine prende origine da Telejato, non riconoscerle la paternità e il contributo? E perché l’altra inquietante affermazione: “Non abbiamo bisogno dell’antimafia di Pino Maniaci?”. Di quale antimafia abbiamo bisogno?
Sul ruolo del Procuratore Lo Voi e sui suoi rapporti con Silvana Saguto ci occuperemo nei prossimi giorni.
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