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Sagutopoli: tutto comincia da Telejato

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Non siamo stati noi a portare alla luce il sistema “Sagutopoli”, avrebbe detto il procuratore del tribunale di Palermo, Lo Voi, ma le carte di Caltanissetta lo smentiscono.

Dando un’occhiata allo sconfinato materiale, più di mille pagine una parte del materiale con cui la Procura di Caltanissetta ha disposto il sequestro dei beni e l’apertura di indagini nei confronti di una ventina di elementi che avevano fatto dell’Ufficio misure di prevenzione del Tribunale di Palermo una sorta di personale bottega, emerge un particolare importante:

Il 9 aprile 2015, il Procuratore di Palermo trasmetteva a questo Ufficio (cioè a Caltanissetta) nota del 31 marzo 2015, redatta dai Carabinieri della Compagnia di Partinico, contenente alcuni degli esiti dell’attività di intercettazione svolta su due utenze in uso a Giuseppe Maniaci, direttore dell’emittente Telejato, nell’ambito del procedimento iscritto a suo carico. Nel corso delle conversazioni intercettate, il direttore di Telejato sosteneva con diversi interlocutori, tra i quali magistrati e colleghi giornalisti, l’esistenza di un sistema clientelare, di un “verminaio“, di un “cerchio magico”, della “mafia nell”antimafia” che sfruttava le opportunità offerte dalla gestione di patrimoni sottoposti a sequestri di prevenzione per ottenere arricchimenti illeciti. Al vertice di questo sistema, secondo Maniaci, vi sarebbero stati la Presidente della sezione, Silvana Saguto, e l’amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara. Più in dettaglio, Maniaci denunciava, nel corso delle conversazioni con Antonio Ingroia e con la giornalista Federica Delogu  la circostanza che Silvana Saguto sarebbe stata sottoposta ad un procedimento disciplinare e che Tommaso Virga, padre dell’amministratore giudiziario Walter Virga, membro della sezione disciplinare presso il CSM, aveva determinato l’archiviazione del procedimento a carico della Saguto. Il giorno dopo l’archiviazione, secondo Maniaci, Silvana Saguto avrebbe nominato Walter Virga come amministratore giudiziario del sequestro Rappa, e Mariangela Pantò, fidanzata di uno dei figli della Saguto, avrebbe ricevuto incarichi nell’ambito della medesima amministrazione. La nota della Compagnia dei Carabinieri di Partinico veniva acquisita agli atti il 27 aprile 2015. Il 5 maggio 2015, per documentare la rituale autorizzazione delle operazioni di intercettazione telefonica sulle utenze in uso a Maniaci, venivano acquisiti i decreti autorizzativi e i decreti di proroga del GIP di Palermo. Le conversazioni di Maniaci si collocavano in un contesto caratterizzato dalla pubblicazione di alcuni servizi e articoli di stampa comparsi su Telejato e su La Repubblica, acquisiti in copia agli atti del presente procedimento, relativi alla gestione dei beni sottoposti a sequestro di prevenzione. In particolare, il 20 marzo 2015, Alessandra Ziniti, su La Repubblica, scriveva di “sprechi’, di “gestione discutibile” delle società sotto sequestro di prevenzione, spesso destinate al fallimento; evidenziava il paradosso di “inspiegabili assunzioni di personale con stipendi doppi presso catene di negozi ove erano stati chiusi punti vendita, dimezzato il fatturato e messi in solidarietà i dipendenti; citava l’esempio della concessionaria d’auto il cui amministratore giudiziario utilizzava durante il week-end auto da migliaia di euro “prese in prestito” dalla concessionaria stessa  L’articolo di Alessandra Ziniti, come si è colto dalle attività di ascolto, suscitava la reazione dei Giudici in servizio presso la Sezione Misure di prevenzione e, infatti, il 21 marzo 2015, la giornalista pubblicava un altro articolo rappresentando il punto di vista dei magistrati – “in quattro a far fronte a una montagna di fascicoli”. Più duri gli articoli comparsi su Telejato. In un servizio firmato dalla redazione, Gaetano Cappellano Seminara veniva dipinto come “re degli amministratori giudiziari”; in un servizio a firma di Monica Cillerai, Cappellano Seminara veniva descritto come “l’uomo dei cinquantasei incarichi”, giunto ad amministrare circa “una sessantina di beni, “circa 254 tra imprese, aziende, immobili e veniva denunciata la circostanza che sarebbe stato incompatibile con alcuni degli incarichi ricevuti. In un articolo comparso su Telejato il 19 febbraio 2015, Salvo Vitale scriveva: “C’è chi parla, senza poterlo dimostrare, di rapporti d’affari tra Cappellano Seminara e il marito della sig.ra Saguto, tal ingegnere Caramma, si dice che la convivente del figlio della Saguto, un ‘altra avvocatessa dal nome esotico, Donna Pantò, gestirebbe i beni delle aziende Rappa assieme a Walter Virga, figlio del magistrato Virga del Consiglio Superiore della Magistratura, che ha archiviato un procedimento giudiziario nei confronti della Saguto”

A parte le imprecisioni (come ad esempio, l’effettivo numero delle gestioni affidate a Cappellano Seminara, il nome di Mariangela Pantò, la circostanza che la stessa non fosse convivente del figlio della Saguto, il fatto che il CSM non tratti “procedimenti giudiziari”), gli articoli sintetizzati, soprattutto quelli pubblicati su Telejato, descrivevano un contesto e denunciavano la presenza di “un cerchio magico che ruota[va] intorno agli amministratori giudiziari ed ai “quotini”, ossia l’insieme di coadiutori e collaboratori, coloro che erano “in quota” dell’amministratore giudiziario, “nella quota del loro re, cioè di colui che li fa lavorare” e che determinava arricchimenti indebiti attraverso la gestione dei compendi in sequestro di prevenzione. Le notizie di stampa e le conversazioni registrate sulle utenze di Maniaci, il quale, peraltro, rivestiva la posizione di persona sottoposta ad indagini nel procedimento iscritto 126 presso la Procura di Palermo e la cui credibilità andava scrupolosamente vagliata, erano solo il punto di partenza per gli accertamenti da svolgere.

Alla luce di questi elementi, delle notizie di stampa e delle conversazioni registrate sull’utenza di Maniaci, si riteneva di iscrivere Tommaso Virga per il delitto di cui all’art. 319 quater  cp, commesso in data antecedente il 24 marzo 2014 (data del sequestro Rappa, ipotizzando che lo stesso, abusando della sua qualità di consigliere del CSM – il quale, stando alle conversazioni captate sull’utenza di Maniaci, avrebbe avuto in carico una non meglio definita pratica riguardante Silvana Saguto, forse un procedimento disciplinare, che comunque è giudicato da un organo collegiale – avesse indotto quest’ultima a dare indebitamente un’utilità al proprio figlio Walter Virga, nominandolo amministratore giudiziario nell’ambito del procedimento Rapp……..(omissis). Sebbene, quindi, i contorni della vicenda non fossero definiti, non ci si poteva esimere – a tutela degli indagati in vista del decorso del termine delle indagini preliminari – da una qualificazione giuridica e dall’iscrizione di un titolo di reato, nella consapevolezza che, per la fluidità che caratterizza l’imputazione, soprattutto nella fase iniziale delle indagini, la vicenda, all’esito degli accertamenti, avrebbe potuto perdere i connotati di rilevanza penale o essere letta non in termini di induzione, bensì di scambio o – come è sembrato infine del tutto congruo e adeguato – di abuso d’ufficio”.

Quindi è chiaro, è scritto, da dove prende origine l’inchiesta. Si tratta di informazioni spesso imprecise, come lo è quella del procedimento fatto nei confronti di Silvana Saguto, responsabile di una serie di ritardi nel mandare avanti procedimenti penali, ma in un periodo anteriore alla nomina di Tommaso Virga al C.S.M. Se Virga ci abbia messo lo zampino non si sa, ma in quel periodo al CSM c’era Lo Voi.

Esiste una relazione dell’Ispettorato generale del 9 luglio 2011, in merito alla segnalazione dei ritardi nel deposito di provvedimenti da parte di giudici togati, con proposte di azione disciplinare nei confronti, tra gli altri, di Silvana Saguto. Ritenendo che i ritardi ascrivibili a Silvana Saguto avessero “superato per quantità e durata i limiti della ragionevolezza”, l’Ispettorato proponeva un’azione disciplinare a suo carico per “l’illecito disciplinare ….(109/2006) perché, nella sua qualità di magistrato in servizio presso il Tribunale di Palermo, mancando ai propri doveri di diligenza e laboriosità, ritardava in modo reiterato, grave e ingiustificato, nel periodo novembre 2003-novembre 2010 il deposito di 184 sentenze penale presso il Tribunale di Palermo, con ritardi che in due casi superavano i 1000 giorni, in sei 900 giorni, in otto gli 800, in nove 700, in otto 600, in trentasette 500 ed in ventuno 400. Con una incidenza percentuale dei ritardi sul lavoro svolto pari a circa il 40%”; la nota della Direzione generale magistrati trasmessa il 3 gennaio 2012 prof. 1820/2011 con proposta di archiviazione di tutte le posizioni dei magistrati per i quali erano stati rilevati ritardi, inclusa Silvana Saguto”. Quindi tutto a posto, non era successo niente.

Da tutto questo emerge una domanda inquietante: Perché il Procuratore capo Lo Voi, dopo che è stato tirato fuori il caso di Pino Maniaci, ha detto che costui non c’entrava niente con l’inchiesta dei giudici di Caltanissetta, e perché costoro, qualche giorno dopo hanno ripetuto la stessa cosa? Questa emittente non vuole rivendicare niente se non quello che ha trasmesso. Con una nota: ci sono spesso imprecisioni e approssimazioni, data la nostra difficoltà di agire direttamente sulle fonti, ma l’attività di Telejato è stata da sempre improntata alla ricerca della denuncia delle disfunzioni in qualsiasi corpo dell’apparato statale e all’auspicio che, da tali denunce possano nascere soluzioni per un migliore funzionamento di quelle che sono chiamate istituzioni. E allora perché, se come è scritto non da noi, l’indagine prende origine da Telejato, non riconoscerle la paternità e il contributo? E perché l’altra inquietante affermazione: “Non abbiamo bisogno dell’antimafia di Pino Maniaci?”. Di quale antimafia abbiamo bisogno?

Sul ruolo del Procuratore Lo Voi e sui suoi rapporti con Silvana Saguto ci occuperemo nei prossimi giorni.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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