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Riprende il processo contro Pino Maniaci. Il pm Luise non si presenta, e quindi nessuna domanda

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Pino Maniaci torna in aula

Dopo  la pausa estiva riprende il processo intentato contro Pino Maniaci dalla Procura di Palermo. Non si è trattato di una semplice udienza, poiché sul banco dei testi c’era proprio lui, Maniaci, chiamato a rispondere dei reati di tentata estorsione e di diffamazione, dopo quello che è stato considerato un eclatante scoop della Procura, che ha diffuso in tutta Italia un video sapientemente confezionato, con l’obiettivo di distruggere l’immagine di un giornalista e di una emittente da venti anni impegnata sul fronte della lotta alla mafia, particolarmente quella presente nelle zone calde della provincia, da Partinico a Corleone a San Giuseppe Jato e naturalmente a Palermo. I guai e le intercettazioni, spesso avulse dal contesto e indirizzate ad entrare in vicende personali, prive di risvolti penali, sono cominciati per Maniaci, e per tutta la redazione di Telejato quando l’emittente ha cominciato ad occuparsi della gestione dei beni sequestrati alla mafia, o a presunti mafiosi dal pool che faceva capo a Silvana Saguto, allora presidente dell’Ufficio misure di prevenzione. I sequestri facili e spesso mirati esclusivamente a procurare “lavoro” ai componenti del “cerchio magico” della Saguto, composto in gran parte da amministratori giudiziari, ma comprendente anche esponenti della DIA, per non parlare dell’allora prefetto di Palermo Cannizzo, hanno indirizzato il lavoro dell’emittente verso le modalità con cui si effettuavano i sequestri, verso la disamministrazione dei beni sequestrati, verso le parcelle d’oro pagate per consulenze di personale in qualche modo legato alla Saguto, marito compreso e compreso l’onnipotente avvocato Cappellano Seminara, e verso le discrasie di una legge della quale da parte di diversi giuristi e della stessa corte europea di Strasburgo si evidenzia l’incostituzionalità e la forte divergenza tra una giustizia penale che assolve e quella di prevenzione che comunque sequestra malgrado le assoluzioni. Nelle sue dichiarazioni Maniaci ha fatto notare che l’azione penale nei suoi confronti ha avuto  il preciso movente di  una rivalsa e di una decisione concordata in alcuni settori della procura che volevano chiudere l’emittente o che, in ogni caso hanno cercato di sminuire l’azione antimafia del giornalista attraverso l’uso dello strumento penale inteso come presunta ritorsione per avere posto il dito, anzi l’attenzione in un settore della giustizia che ben poco aveva di giusto. Maniaci ha fatto riferimento alle varie battute del giudice Saguto, che intercettata faceva pressioni presso i suoi colleghi per un’azione contro il giornalista, o comunque era al corrente, malgrado il segreto d’ufficio, di quello che si stava preparando.

Per chi non lo ricordasse si è cominciato, assieme alla diffusione del video, con l’accumulazione di Maniaci in un solo calderone che comprendeva una decina di mafiosi di Borgetto, si è subito data la misura del divieto di residenza a Palermo e a Trapani, divieto revocato dopo una ventina di giorni, rieffettuato e poi ritirato. Le passate udienze hanno progressivamente sgonfiato quasi tutti i capi d’accusa, anche perché buona parte dei testi chiamati a deporre non hanno confermato quello che avrebbero dichiarato al momento delle indagini, facendo rilevare addirittura differenze sostanziali tra quello che avevano detto e quello che era stato verbalizzato e che avevano poi firmato. Oggi avrebbe dovuto essere in aula il pm Amelia Luise, che invece era assente, come già nella passata udienza, e che ha delegato la sua presenza a un giudice onorario non togato. Naturalmente, da parte di questo giudice, che non conosceva la vicenda, non ci sono state domande. Solo il Presidente ha chiesto delucidazioni sulla diffamazione fatta nei confronti di Michele Giuliano che Maniaci ha sostenuto di non aver mai voluto querelare, nonostante la campagna di stalking fatta nei propri confronti. La domanda che viene spontanea è quella del perché della assenza del pm Luise, se si tratta, per la seconda volta, di un’assenza strategica, volta a non dare spazio alle giustificazioni del giornalista o se si tratta di altri giustificati motivi.

La prossima udienza, fissata per il giorno 8 ottobre alle ore 12, vedrà l’audizione dei testi chiamati a deporre da parte della difesa di Maniaci.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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