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Ricordare Pio La Torre non solo con la commemorazione

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Pio La Torre sarà commemorato in pompa magma giorno 28.4, cioè due giorni prima del 36°’anniversario della sua morte, al Teatro Biondo di Palermo.

Saranno presenti il Presidente Mattarella, il ministro non laureato della istruzione Valeria Fedeli, Rosy Bindi, Presidente della Commissione Antimafia, Rosario Crocetta, presidente della Regione Sicilia, Giovanni Ardizzone, presidente dell’ARS, il vescovo di Palermo Corrado Lorefice, il sindaco di Palermo Leoloca Orlando e una serie di autorità civili, militari, sindaci, magistrati ecc. Non ci sembra di avere letto i nomi di Pietro Grasso, presidente del senato, di Laura Boldrini, presidente della Camera e di altri presidenti, dei quali in Italia e particolarmente in Sicilia abbiamo un grande numero. Gli studenti del Centro Studi Pio La Torre leggeranno anche i risultati di un questionario sulla percezione del fenomeno mafioso e il coro del Conservatorio Bellini canterà l’inno nazionale e una canzone dedicata a Pio La Torre. Sarà scoperta anche una statua nel cortile della facoltà di Giurisprudenza, realizzata dai ragazzi dell’Accademia Belle Arti. Insomma, una doverosa ufficiale commemorazione di una figura che, nella storia del movimento antimafia merita un posto di rispetto soprattutto per avere firmato, prima che lo uccidessero, la legge sull’utilizzo sociale dei beni confiscati.

E questo è il punto: queste commemorazioni dovrebbero avere un riferimento preciso, nel senso che, ricordare una persona vuol dire parlare di quello che ha fatto e far tesoro delle sue idee e del suo lavoro politico e sociale per servirsene come spinta per andare avanti attraverso di esse. Proprio su questo settore sembra invece che sia calato il silenzio. La legge che prevede una nuova normativa del cosiddetto Codice Antimafia è ferma da un anno e mezzo al Senato, dopo la frettolosa approvazione della Camera dei deputati. Non sembra che siano state apportate modifiche sostanziali, soprattutto per quel che riguarda la responsabilità dei cosiddetti amministratori giudiziari e dei giudici che sottoscrivono e ratificano il loro operato.

Una dignitosa proposta che abbiamo da sempre portato avanti è quella di far pagare a questi i danni che essi hanno causato a causa della loro incapacità. L’altra proposta è quella di eliminare la divaricazione tra quanto decidono i tribunali penali e quanto invece portato avanti dall’ufficio misure di prevenzione, nel senso che se un presunto mafioso è assolto penalmente e se il tribunale dispone la restituzione dei beni, l’ufficio delle misure di prevenzione deve rispettare quella sentenza e non accanirsi a reiterare sequestri sulla base di elementi dai quali il soggetto ritenuto mafioso o contiguo alla mafia, è stato assolto. Naturalmente tutto questo significherebbe la fine del grande potere in mano a chi dirige le misure di prevenzione, ma significherebbe ugualmente avere rispetto per quella stessa legge che essi stessi rappresentano e alla quale invece dimostrano di non credere quando non tengono conto delle sue sentenze.

Ebbene, ricordare La Torre, senza dimenticare il suo compagno Rosario Di Salvo, significa anche questo, cioè ricordarsi che la lotta contro la mafia non significa e non comporta la distruzione dell’economia siciliana, ma portare avanti nuovi modelli di sviluppo nel segno della legalità, creando lavoro e non togliendo lavoro a chi, senza sue particolari responsabilità è finito nel tritacarne dei sequestri e delle confische.

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Redazione

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