Reporter Senza Frontiere: “Ecco i 100 eroi dell’informazione”
Sono giornalisti, blogger e attivisti che in misura diversa e in condizioni avverse, minacciati e perseguitati, si sono distinti per la difesa di un valore fondamentale, l’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani e il diritto “di cercare, ricevere e impartire idee e informazioni attraverso ogni mezzo e senza riguardo a confini e frontiere”.
Sono i 100 eroi dell’informazione “eletti” da Reporter senza frontiere che ha appena lanciato la sua nuova campagna per la libertà di stampa. Saranno celebrati in una serie di eventi in tutto il mondo durante il World Press Freedom Day del 3 maggio prossimo.
Nell’elenco, che spazia dal Pakistan all’Eritrea, dagli Usa alla Cina, la parte del leone la fanno le ex repubbliche sovietiche di Ucraina, Uzbekistan, Bielorussia, Azerbaigian, Tagikistan. Tre eroi dell’informazione sono giornalisti russi che hanno raccontato la guerra in Cecenia, gli abusi della polizia e lo strapotere dell’oligarchia del paese di Putin. Ci sono anche serbi e montenegrini a dimostrazione che persino nel cuore dell’Europa chi si batte per una corretta informazione non può stare tranquillo.
Tra questi eroi due sono italiani. Uno è Lirio Abbate, giornalista dell’Espresso, l’altro è Giuseppe Maniaci, molto diversi tra di loro. Lirio Abbate è l’ex corrispondente dell’agenzia giornalistica Ansa in Sicilia che fu presente, unico giornalista, all’arresto del boss mafioso Bernardo Provenzano. Abbate vive sotto scorta per essersi sempre occupato di mafia e ha subito diverse intimidazioni per aver scoperto e scritto sul settimanale, prima prima degli inquirenti, delle infiltrazioni criminali nella capitale d’Italia.
“Sono molto colpito, anche se non mi definirei un eroe, visto che faccio solo il mio lavoro di giornalista che vorrei continuare a fare nel migliore dei modi. Però sono grato a RSF per mantenere alta l’attenzione sul tema”, ci ha detto Abbate appena avvisato del riconoscimento. Nelle intercettazioni agli atti del processo per Mafia Capitale, Lirio Abbate è ancora nel mirino di quanti vorrebbero silenziare l’informazione uccidendo i giornalisti scomodi. “Le minacce nei miei confronti sono gravi perché avvengono nella capitale di un paese occidentale e non in uno a democrazia limitata, ma dimostrano che il potere criminale è sensibile alla forza e al coraggio del giornalismo d’inchiesta”.
Giuseppe, Pino, Maniaci, l’altro italiano è invece il tuttofare di Telejato, la televisione anti-mafia che lui stesso conduce da un piccolo appartamento di Partinico, nei sobborghi di Palermo. Indagato nel 2009 per l’esercizio abusivo della professione giornalistica, vinse invocando il diritto costituzionale alla libertà d’espressione. Anche lui ha subito fino a pochi mesi fa le ultime intimidazioni per le sue coraggiose inchieste giornalistiche.
In Italia sono molti altri i giornalisti che potrebbero entrare nella lista visto che, come sottolineano sia il rapporto della Commissione parlamentare antimafia sui giornalisti minacciati sia l’Osservatorio di Ossigeno per l’Informazione, sono circa 500 i giornalisti minacciati solo nel 2015.
Nell’elenco di RSF non poteva mancare Julian Assange e con lui Glenn Greenwald, che ho portato alla scoperto Edward Snowden raccogliendo per primo i documenti sul Datagate da lui sottratti all’intelligence americana e la regista Laura Poitras che li ha fatti incontrare. Laura Poitras, giornalista premio Pulitzer e autrice anche di un film sulla vicenda, CitizenFour (il nome in codice di Snowden), è per le compagnie aeree, una “SSSS”, cioè una persona soggetta alla “Secondary Security Screening Selection”, una speciale watch list per cui ogni volta che attraversa le frontiere viene perquisita e interrogata. Le è successo circa 40 volte.
Altri nomi noti sono quelli di Yoani Sanchez, la blogger cubana più volte arrestata per la sua critica al regime castrista e la giornalista di Ha’aretz Amira Hass autrice di coraggiose inchieste sui rapporti tra arabi e israeliani e riconosciuta in particolare per i suoi report dalla striscia di Gaza. Per tutti il riconoscimento di Reporter senza frontiere va tributato “al coraggio di chi costantemente sacrifica la propria sicurezza e talvolta la propria vita per difendere una vocazione e una missione”. Quella di raccontare la verità.
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