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Reiterato a Pino Maniaci il divieto di soggiorno a Palermo e a Trapani

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Il caso Maniaci e quel “È questione di ore” che ci riconduce a parlare nuovamente – tra le altre cose – di Silvana Saguto.

La sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari personali e reali del tribunale di Palermo, composta dai giudici Maria Elena Gamberini, Giuseppina Di Maida e Marco Gaeta ha deciso di non prendere in considerazione l’ordinanza fatta dal proprio collega, il GIP, il quale, in un primo tempo rilevava che la misura punitiva e preventiva nei confronti di Pino Maniaci potesse essere applicabile solo a due reati d’estorsione, quello contro il sindaco di Borgetto e quello contro il sindaco di Partinico, ma non a un terzo reato, quello contro il consigliere comunale Polizzi, per la semplice ragione che costui aveva negato tutto ed aveva chiaramente affermato di non avere dato soldi a Maniaci in cambio di una sorta di silenzio stampa nei suoi confronti. Va dato atto che il Polizzi, nonostante la sua discussa parentela con il mafioso Gaimbrone, non ha mai avuto nulla a che fare con costui e ha preso le distanze da qualsiasi contatto con la mafia locale, ma va dato atto  anche che Maniaci non ha fatto alcuna estorsione, dal momento che ha detto in televisione le cose che, secondo il giudice avrebbe dovuto tacere, ricevendo in cambio soldi. Ne consegue che Polizzi è attendibile quando telefona al sindaco Davì, per sfogarsi, non è attendibile quando afferma di non avere mai dato soldi a Maniaci. In pratica i giudici usano il Polizzi utilizzando la sua intercettazione, ma non la sua testimonianza diretta. Ma anche nel caso dell’intercettazione, non si può fare a meno di pensare che una telefonata avviene tra due persone e che, sarebbe necessario sentire, interrogare l’altro interlocutore, ovvero l’ex sindaco Davì, che invece non è stato mai sentito. E torniamo alle magliette: i magistrati scrivono che Maniaci “costringeva Polizzi ad acquistare una partita di magliette per sè e/o per l’emittente Telejato, nonché a pagargli tre mensilità d’affitto per un’abitazione.” Per di più è recidivo. Uno pensa: che cosa doveva farsene Polizzi di 2000 euro di magliette, cioè di 400 magliette? Doveva regalarle a Telejato per una partita di giro? Sulla vicenda dei tre mesi d’affitto i risvolti sono ancora più inconsistenti: ridotto in parole povere c’è un gruppo di ragazzi che frequenta Telejato e dà una mano, anzi gestisce per qualche tempo l’altra faccia di Telejato, Telejunior. Maniaci chiede al sindaco Davì se ha qualche possibilità di ospitarli e costui si adopera per far loro utilizzare i locali dati in locazione alla Protezione Civile, e praticamente utilizzati solo saltuariamente, dietro intesa con il responsabile della Protezione Civile. Tutto tranquillo o tutto chiaro se si fosse interrogato Davì. E invece, pur di accreditare un angolo di visuale dei fatti da cui è stato prestabilito bisogna muoversi, si arriva all’assurdo: il primo giudice aveva deciso che l’esilio andava bene per i capi A e B, ma non per il caso C.

Il tribunale del riesame decide che l’esilio va bene per il caso C, anche se non per A e B.  Ma dietro a tutto ciò sottostà una domanda: perché l’esilio? La giustificazione, un po’ ipocrita è che il “predetto criminale” potrebbe reiterare il reato: quindi, non  potendolo tenere al fresco, poiché non ci sono motivazioni e capi d’accusa che lo consentano, lo si tiene lontano dal posto in cui egli commette i delitti, ovvero dalla sua Televisione. Non ci sono altri giri di parole e altre strategie: l’obiettivo è quello di chiudere l’emittente, tenendo lontano colui che ne costituisce il pilastro centrale. E se si dovesse tirar fuori l’obiezione che Telejato è una televisione che per decenni si è spesa per la difesa dell’ambiente, per le denunce delle malefatte mafiose e delle estorsioni, per avere fatto conoscere l’operato delle forze dell’ordine e dei magistrati, attraverso la lettura dei loro comunicati, la risposta è tutta nella deprimente affermazione del giudice Teresi: “Non abbiamo bisogno dell’antimafia di Telejato.”

Non c’è dubbio che se il giudice Teresi uscisse dalle mura del suo tribunale e si rendesse conto di quello che Telejato in questi anni ha rappresentato nel territorio in cui è ascoltata, dovrebbe riconsiderare la sua precipitosa affermazione. Teresi è uno di quelli che ogni tanto critica l’operato dei suoi stessi colleghi, specie per quel che sta succedendo nella trattativa stato-mafia. Noi vorremmo invitarlo a rivedere la sua affermazione, perché la sua antimafia è d’obbligo, egli è pagato per questo, quella di Telejato è gratuita, non certo collegabile alle elemosine scambiate per ricatti, senza che nessuno dei presunti soggetti lesi abbia denunciato l’eventuale male subito e senza che nessuno dei protagonisti di questa triste storia, abbia denunciato l’emittente non tanto per estorsione, ma per diffamazione. E se nessuno si sente diffamato o estorto, di cosa stiamo parlando? Non faremmo meglio invece a parlare di quello che hanno combinato i nove mafiosi arrestati in un’operazione in cui Maniaci non c’entrava niente? Non faremmo meglio a parlare del fatto che sembra che al sindaco di Borgetto, in cambio della sua “collaborazione” con gli inquirenti sia stata concessa una sorta di immunità, estesa anche a Vito Spina, di cui si dice sia il portavoce di Nicolò Salto nella giunta, a Riina, di cui è noto sia stato il vivandiere del capomafia Raccuglia. E infine un’ultima domanda: che ruolo ha in questa storia il procuratore di Palermo Lo Voi, trovatosi a dirigere una procura difficilissima non tanto per i suoi titoli e meriti, ma per essere un magistrato simpatico ai politici, siano essi Renzi, Orlando o Alfano: attenzione queste cose sono scritte sui giornali, non sono insinuazioni di Telejato. Lo Voi si insedia a Palermo il 2 dicembre 2014 e tre giorni dopo autorizza le intercettazioni nei confronti di Maniaci. Allora Saguto è ancora al suo posto, al corrente di tutto, e sa che “è questione di ore”. Non passeranno ore, ma sei mesi sino a quando viene fuori la macchina del fango studiata in tutti i particolari. Adesso Saguto è ancora sotto scorta, con il suo stipendio decurtato solo di un terzo, Maniaci è una persona di cui si è voluto distruggere la credibilità. Virga non sarà più giudicato per concussione, ma solo per abuso d’ufficio, Maniaci è un soggetto criminale che bisogna allontanare dal suo microfono e dalla sua telecamera, per evitare che l’onorabilità e l’intoccabilità dei tribunali sia messa in discussione.

Il provvedimento non sarà subito esecutivo, perché contro di esso i legali di Maniaci, Ingroia e Parrino, hanno presentato ricorso in Cassazione. Passeranno quindi altri mesi e Maniaci rimarrà al suo posto sino alla sentenza, libero di potere reiterare tutti i reati possibili. Come funziona? La misura cautelare per evitare la reiterazione del reato dovrebbe essere immediata, e invece scatterà possibilmente ad ottobre, mentre, sino ad allora, l’imputato avrà tutto il suo tempo per reiterare. Se non fosse per la parolaccia si potrebbe pensare che dietro certe decisioni ci sia un solo obiettivo: “Ti devo fottere”. Certe volte è proprio difficile capire il funzionamento della giustizia o, diversamente, il modo in cui chi dovrebbe applicarla, la fa funzionare.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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