Lo diciamo da parecchio tempo, sin da quando la Saguto aveva detto “Quello lì è questione di ore”. La sentenza era già stata pronunciata. Non sono passate ore, ma un anno, e poiché la vendetta è un piatto che si mangia freddo, piano piano ci stiamo arrivando: prima l’esilio, ovvero l’ordinanza di divieto di dimora, che non ha nessuna seria motivazione, poi la revoca, poi il ricorso contro la revoca, a breve la risposta al ricorso, che potrebbe configurare una nuova ordinanza di divieto di soggiorno, poi il rinvio a giudizio dell’imputato di estorsione Maniaci Giuseppe, poi il gran calderone in cui sono state messe tutte le denunce riguardanti Maniaci, eccetto quelle della Bertolino, poi una serie di nuove denunce, forse sollecitate, di cui, per il momento non vi diamo notizia, e adesso, fresca fresca, una convocazione presso la sezione di P.G. dei carabinieri del tribunale di Palermo di Maniaci Letizia, che deve “riferire, nella sua qualità di presidente dell’Associazione Culturale Marconi in merito all’esercizio della concessione televisiva di Telejato, con invito ad esibire la concessione ministeriale”.
È normale chiedersi: la concessione è rilasciata dal ministero delle Comunicazioni, è una cosa della quale tale ministero è competente. Cosa c’entra il tribunale e perché, se gli interessa tanto, non la richiede al suddetto ministero?
Ci viene il sospetto che l’operazione sia concepita, per usare il linguaggio militare, nell’“ambito dell’intensificazione dei servizi straordinari di controllo del territorio, al fine di garantire una maggiore sicurezza d’ascolto ai cittadini”, ovvero che ci stiamo avviando, passo dopo passo a quello che era e continua ad essere l’obiettivo finale di tutte queste manovre: la chiusura di Telejato. Se così è, e lo scopriremo nei prossimi giorni, chiuderemo prima noi, non prima di avere gridato al mondo che il “minculpop” dell’era fascista non aveva nulla da invidiare all’attuale situazione del giornalismo libero in Sicilia.
E così la smetteremo di rompere i coglioni, di occuparci di mafia, di amministrazioni giudiziarie, di disservizi, di monnezza, di sanità, di politica, di lavoro, di emigrazione, in pratica di tutto ciò che non funziona in Sicilia. Con grande gioia delle “parti offese”.
Abbiamo deciso da tempo da che parte stare. Non ci servono le sentenze per appurare…
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