«Quanto subisco rispecchia il concetto di femminicidio in vita»

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Ilaria Di Roberto: «non siamo un sesso debole, siamo sopravvissute». La denuncia pubblica di quanto subisce da anni e dell’ultima molestia subita l’11 giugno e un drammatico appello, «ho bisogno di essere creduta e di aiuto».

Ilaria Di Roberto è una Scrittrice, attivista femminista radicale, artista, donna che ha sempre infranto e si è ribellata al copione dell’oppressione patriarcale nei confronti delle vittime di abusi. Che lei ha ripetutamente subito in una catena drammatica di tentativi di stupri, revenge porn, cyber bullismo, psicosette, violazioni ed insulti del suo nome e della sua persona. Alle sue denunce, sui social e nel web così come nel suo paese, sono seguite catene di vittimizzazione secondaria e di «colpevolizzazione» contro di lei. Anche lì dove la giustizia e le leggi dovrebbero tutelare le vittime e punire i criminali. Lo ha testimoniato in una recente videointervista pubblicata da WordNews.it. Raccontando con coraggio e profonda umanità la sua vicenda, quel che ha subito e cosa ha incontrato sulla sua strada. Ribadendo, come abbiamo scritto varie volte, il suo rifiuto totale e sotto ogni aspetto della colpevolizzazione delle vittime, degli stereotipi sessisti condannati anche dalla Corte Europea per Diritti Umani e di un copione mediatico e sociale che è l’essenza brutale e complice dei carnefici in una società che continua ad essere vergognosamente patriarcale, maschilista e vigliacca.

Venerdì 11 giugno, mentre l’interesse e le attenzioni di quasi tutta Italia erano concentrati sul debutto della nazionale di calcio ai campionati europei, Ilaria stava compiendo un banalissimo, normale, pacifico gesto: uscire di casa per andare a gettare la spazzatura. È stato invece l’inferno, l’inizio di ore e ore di angoscia, terrore, dramma. Temendo per la propria incolumità e sconvolta per quanto accaduto, appena ha potuto lo ha denunciato e testimoniato sui social network.

Nella serata di sabato 12 giugno, provata e sconvolta, ha denunciato in una videointervista cosa le è accaduto, quanto subisce da almeno due anni e il muro di indifferenza, incredulità e abbandono che vive. Vorrebbe lasciare Cori, il comune in cui vive, perché questa situazione è ormai diventata insopportabile per lei e la sua famiglia – a sua volta vittima di atti gravi e violenti nei mesi – ma per ragioni soprattutto economiche non le è ancora possibile. Avrebbe bisogno di un aiuto, un sostegno, qualcuno che le permetta di superare le difficoltà e trasferirsi altrove.

La denuncia di Ilaria Di Roberto viene da un territorio, la provincia di Latina, in cui spaccio, degrado sociale, sistemi criminali sono ampiamente presenti e devastano il tessuto sociale, politico, economico. Sono i sistemi criminali che cerchiamo di raccontare e denunciare anche noi, gli stessi di territori come Puglia, Campania, Ostia, Roma e l’Abruzzo, da cui i ras e i dominus prevalenti provengono. Vale per la provincia di Latina dove sono egemoni clan come i Di Silvio e i loro sodali e per Ostia e la Capitale dei Casamonica, degli Spada e di altri clan i cui nomi abbiamo ripetutamente riportato e denunciato ( in uno dei nostri ultimi articoli pubblicati abbiamo raccolto comunicati, dossier e articoli degli ultimi anni ).

Dopo quest’ultima molestia subita Ilaria, scioccata e provata, spaventata e terrorizzata da possibili nuovi episodi da parte di personaggi che può rischiare purtroppo in ogni momento di incrociare, è costretta ad uscire di casa attrezzandosi a documentare e registrare per raccogliere prove. È stata costretta a modificare le sue abitudini (abbigliamento compreso, e qua torniamo all’imposizione patriarcale da lei denunciata in un suo articolo nel marzo di quest’anno) e non esce di casa neanche a buttare l’immondizia se non è scortata dalla sorella. Scortata, una parola che si associa a chi viene minacciato da mafie e criminali vari. E questo fa capire il peso e il pericolo a che livelli sono arrivati.  Ha paura ogni volta che varca la soglia di casa, la sua vita quotidiana è segnata dal timore di altre molestie. In una società sempre contro le donne, in cui se si è donna si vivono pericoli costanti e – nello stesso tempo, come accade a lei – agli occhi di troppe persone, troppa «gente» si è anche considerati colpevoli. Lo ricorda, con il cuore che generosamente guarda verso tante, troppe altre donne, che subiscono veri «femminicidi in vita» e molestie, abusi e violenze ogni giorno, nella videointervista pubblicata qui con l’appello  a non lasciarla sola, a non emarginarla ed abbandonarla. Un appello finora caduto nel silenzio e nell’indifferenza totali da parte di grandi testate giornalistiche che, in passato, non hanno esitato a servirsi della sua storia nel momento in cui l’hanno considerata “notizia” sfruttabile. 

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