Prorogate di sei mesi le indagini sul depistaggio dell’omicidio Impastato

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Il Gip Maria Pino ha deciso di proseguire le indagini sul depistaggio relativo alla morte di Giuseppe Impastato.

Le indagini erano state aperte dall’allora PM Antonio Ingroia nel 2011, dopo che la Commissione Antimafia aveva evidenziato una serie di gravi omissioni e individuato alcuni personaggi, sia della magistratura che delle forze dell’ordine, che avevano, sin dall’inizio, classificato l’omicidio di Impastato come un attentato terroristico.

Da allora c’è stato un susseguirsi di nomi, dal Procuratore Martorana, al procuratore Scozzari, che Rocco Chinnici definì “servo immondo della mafia”, al giudice Signorino, che morì suicida, dopo essere stato uno dei PM del maxi processo: il pentito Mutolo descrisse dettagliatamente il suo appartamento. Ma tra i depistatori vanno anche annoverati il maresciallo di Cinisi Travali, l’allora tenente dei Carabinieri Antonio Subranni, l’allora carabiniere ausiliario Carmelo Canale. Insomma, un lungo elenco di servitori dello stato, che non hanno mai subito alcun procedimento per non avere compiuto il loro dovere di accertare la verità.

Il giudice Del Bene ha cercato di individuare piste che coinvolgevano i movimenti neofascisti degli anni 70, sino alla strana vicenda dei due carabinieri uccisi nella casermetta di Alcamo Marina, in seguito al cui omicidio vennero compiute perquisizioni a Cinisi e a Castellammare. La pista neofascista per qualche tempo si è snodata in modo parallelo a quella dell’attentato, considerato che il boss Gaetano Badalamenti, sin dai primi anni 70 non era estraneo a frequentazioni con Iunio Valerio Borghese e con altri ambienti di destra. Il dato più rilevante è che, rispetto ai quattro sacchi di materiale prelevati dalla casa di Impastato al momento di una “perquisizione informale”, cioè abusivamente, non si è trovato traccia: sembrano essere spariti nei sotterranei del palazzo di Giustizia, e così non sapremo cosa Peppino avesse lasciato di scritto, a parte il suo breve memoriale, usato dagli inquirenti per avallare l’ipotesi del suicidio. Molti dei reati di cui si parla sono caduti in prescrizione, molti dei protagonisti sono morti, di fatto è sempre più difficile scavare su un passato del quale i compagni di Peppino hanno cercato di cucire tutti i tasselli di cui erano a conoscenza, ribaltando le ipotesi investigative di cui erano vittime. A proposito, su questo e altri argomenti collaterali sabato alle ore 16 al Liceo scientifico di Partinico si parlerà in occasione della presentazione del libro di Salvo Vitale “Cento passi ancora”

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