Da quando è scoppiato il “caso Saguto” nel settembre 2015, sono ormai passati quasi cinque anni e il processo sembra essere in dirittura d’arrivo, con le requisitorie dell’avvocato della Saguto Reina, il quale ha chiesto l’assoluzione della sua imputata da ogni accusa, un po’ per prescrizione, un po’ perché avrebbe agito nel pieno delle sue funzioni e competenze. Nessuna notizia invece è stata data del processo in appello contro i giudici Tommaso Virga e Fabio Licata. Si tratta di uno stralcio del processo Saguto: Virga era stato accusato, secondo una segnalazione e alcuni articoli partiti da Telejato, di essere in buoni rapporti con la Saguto, di averla “protetta” evitandole un procedimento disciplinare quando egli era un componente del CSM,(3 gennaio 2012) e favorendone, prima, la nomina, a capo dell’Ufficio Misure di prevenzione di Palermo, carica vacante dal 2008 e in precedenza occupata da Cesare Vincenti. A onor del vero la proposta, recepita all’unanimità dalla quinta commissione e confermata all’unanimità il 1° maggio 2010 era stata formulata nel corso della consiliatura precedente rispetto a quella di Tommaso Virga, eletto componente del CSM nel luglio 2010. Tra i componenti della quinta commissione che aveva proposto Silvana Saguto è presente anche Cosimo Ferri, esponente di punta di Magistratura Indipendente – di cui fanno parte Tommaso Virga e Silvana Saguto – e poi Sottosegretario al Ministero della Giustizia. In seguito Virga avrebbe avuto ricambiato il favore dalla Saguto, che avrebbe nominato il figlio Walter amministratore giudiziario, prima dei negozi Bagagli e poi dell’impero finanziario dei Rappa. Al processo la Saguto si è difesa affermando: “L’ho incontrato rare volte andando a messa e neanche mi ricordavo il nome tanto che lo chiamavo Antonio. Quindi quale potrebbe essere l’interesse di nominare il figlio?”. ….. “L’unica volta in cui ho parlato con Tommaso Virga di suo figlio è quando mi ha detto per favore fatelo dimettere. Io lo definisco un ragazzino da niente perché non ha retto l’impatto mediatico che tutti gli altri avevamo retto”. Quindi la Saguto avrebbe nominato amministratore giudiziario di due grosse aziende, come quella di Bagagli e dei Rappa, “un ragazzino da niente”, senza avere avuto alcun rapporto col padre. Solo per curiosità si nota che, nel momento in cui diversi magistrati si adoperarono per sottoscrivere una dichiarazione di solidarietà nei confronti della Saguto e del suo collega Natoli, a seguito della notizia poi rivelatasi non attendibile di un presunto attentato, Licata, intercettato, ebbe a dire al suo collega Fabio Di Pisa “anche ammettendo che tutto quello che abbiano detto Le Iene sia vero, Silvana Saguto è leggera, fa una gestione allegra della Sezione, si appatta (trova un accordo favorevole per entrambi, ndr) con Gaetano Cappellano e con gli altri amministratori ma la solidarietà davanti ad una notizia….’”
La posizione di Fabio Licata e di Tommaso Virga è stata oggetto di un processo a parte e nel gennaio 2019 il giudice per le udienze preliminari di Caltanissetta Marcello Testaquatra ha assolto Tommaso Virga dall’accusa di abuso in atti d’ufficio e condannato, a due anni e quattro mesi di reclusione Fabio Licata, uno dei tre giudici del collegio dell’Ufficio misure di prevenzione, assieme a Lorenzo Chiaramonte e alla stessa Saguto. Licata è stato condannato per falsi materiali e assolto dalle ipotesi di abuso d’ufficio e rivelazione di notizie riservate. Secondo il giudice nisseno Licata avrebbe apposto tre sigle al posto di Saguto, che non era in ufficio anche se risultava presente. Caduta invece l’accusa di rivelazione di segreti d’ufficio, ovvero la rivelazione che Licata avrebbe fatto alla Saguto di essere sotto “inchiesta” dalla Procura di Caltanissetta, per averlo appreso dal collega Scaletta.
Per Virga i pm Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti avevano chiesto la condanna a un anno e sei mesi e per Licata a tre anni. Al processo si sono costituiti parte civile gli imprenditori Gabriele, Filippo e Vincenzo Corrado Rappa per i quali il giudice ha disposto, a parziale indennizzo una provvisionale di 10 mila euro ciascuno, in attesa di quantificare i danni subiti in sede civile. Licata dovrà risarcire anche l’Agenzia beni confiscati, la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero della Giustizia, pure loro costituiti parte civile. In precedenza il Csm aveva “simbolicamente” condannato Licata alla perdita di due mesi di anzianità.
Naturalmente Licata si è appellato alla sentenza, e, nel silenzio totale della stampa, dopo un anno, anche il processo d’appello si concluderà con la sentenza il 25 giugno, data in cui, a quanto si è potuto sapere, il figlio di Licata festeggia il compleanno. Così l’ex potente giudice a latere della Saguto, potrebbe, in caso di assoluzione, festeggiare due volte nello stesso giorno. L’amarezza di questa considerazione, che i latini esprimevano con la frase “canem canis non est”, ovvero “cane non mangia cane”, nasce dal fatto che, nel momento in cui la magistratura deve decidere sul comportamento dei suoi componenti in molte occasioni non si sottrae al sospetto che non si vogliano assolvere “i colleghi”, sia per un problema di casta, sia perché ci si nasconde dietro l’affermazione del rischio di destabilizzazione di tutta l’istituzione. E proprio il caso di Virga e di Licata non si sottraggono a questa chiave di lettura, lasciando permanere questo dubbio anche in previsione dell’imminente sentenza del processo al giudice Saguto.
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