Praticamente ti impedivano di andare. Abbiamo chiesto come fare per andare a Piana e mi hanno detto che potevamo girare andando da Altofonte. E così altri 15 km di strada per il bivio di Altofonte, altri 15 tra le montagne verso Piana e, finalmente arrivati a Piana l’altra sorpresa: davanti all’indicazione della via per Portella sbarramento di carabinieri , che ti lasciavano passare, forse non prendendosi la responsabilità e scaricandola sui vigili urbani che, un poco più avanti bloccavano quelli che non avevano il pass invitandoli a parcheggiare e ad aspettare il bus navetta. L’ultimo bus, stracarico, è andato via verso le 11,15 e poi più niente: una lunga fila in attesa, mentre i più coraggiosi andavano a piedi, tre km, verso il il santuario laico, dove 70 anni fa la democrazia è stata ferita a morte, proprio sul suo nascere. Ho fatto presente le mie condizioni di invalido, le mie difficoltà di deambulazione, i miei 74 anni, la mia necessità di andare a sedermi sotto lo striscione dei miei compagni, ovvero dei compagni di Peppino Impastato, ma i vigili sono stati inflessibili, invitandomi a rimuovere la macchina parcheggiata ai bordi della strada. Dopo quasi un’ora di attesa della navetta che non arrivava, sotto un sole cocente, abbiamo fatto marcia indietro, abbiamo ripercorso i 15 km che da Piana portavano ad Altofonte, ci siamo persi e finalmente, per un colpo di fortuna, siamo finiti sulla circonvallazione e abbiamo potuto tornare a Partinico. Da San Giuseppe Jato, dove avrebbero dovuto partire altri bus navetta arrivavano notizie di altre inutili attese per un passaggio.
Che dire? Mea culpa perché non sapevo che bisognava richiedere il pass, mea culpa perché non sapevo che bisognava alzarsi presto per conquistare un posto sui bus navetta, mea culpa perché non mi sono informato se c’era un bus dei sindacati in partenza da Partinico. Di sicuro non è colpa dei vigili di Piana o dei poliziotti che hanno ricevuto quest’ordine, ma una buona dose di colpa va agli “strateghi” che hanno dato loro queste disposizioni così rigide, ai responsabili di questa disorganizzazione e a chi ha deciso di chiudere tutti i possibili accessi vietando ai visitatori di andare a fare il loro omaggio alle vittime di Portella, di testimoniare la propria presenza in un posto che dovrebbe appartenere a tutti, e di sentire il discorso dei tre segretari nazionali dei sindacati CGIL, CISL e UIL. Del quale a dire il vero, non mi importava molto, perché è lo stesso discorso che sento da sessant’anni. E ai quali attribuisco una parte di colpa per la situazione creatasi.
Mi interessava invece incontrarmi con compagni, amici militanti politici e lavoratori con i quali ogni anno, almeno in questa occasione riusciamo ad abbracciarci e a scoprire che, malgrado passi il tempo ci siamo ancora. Quest’anno non è stato possibile. L’anno prossimo non so….
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