La frase incriminata è la seguente: “Sono state ammesse come parti civili, ma solo contro Maniaci, accusato di avere ucciso i suoi cani e di avere fatto passare l’episodio per una minaccia mafiosa nei suoi confronti, due associazioni animaliste”. A quanto pare questa informazione sarebbe partita da una nota dell’Ansa, ripresa poi dalle altre testate. Da una parte compare la notizia della separazione, dall’operazione Kelevra, della posizione di Pino Maniaci, che dunque non ha nulla a che fare con i mafiosi di Partinico e Borgetto, dall’altra si sostiene che due associazioni animaliste sono state ammesse come parti civili contro il giornalista di Telejato nello stesso processo, dimenticando ciò che veniva riportato poche righe prima e cioè che Maniaci non c’entra più nulla con quel procedimento e verrà giudicato separatamente. A fare chiarezza è l’avvocato Ingroia: “Non corrisponde al vero che le due associazioni animaliste ammesse al processo si siano costituite come parte civile contro Maniaci: si sono invece costituite parte civile contro un altro imputato, accusato di aver ucciso dei cani a scopo estorsivo”.
Ma ciò che ci lascia l’amaro in bocca è il passaggio “Maniaci accusato di avere ucciso i suoi cani”. La vicenda dell’uccisione dei cani di Telejato, come abbiamo più volte specificato, non costituisce e non ha mai costituito accusa per Pino Maniaci, che dovrà rispondere soltanto di reati estortivi che vanno dalle 50 euro alle 360, con un’imputazione indimostrabile, quella della minaccia di utilizzo dell’emittente come mezzo di diffamazione della vittima.
Nel famoso video dei carabinieri riguardante Pino Maniaci – che nei mesi scorsi è emerso che non è agli atti del processo – erano finite anche alcune intercettazioni relative all’impiccagione dei cani dell’emittente. Circostanza che era stata presentata come la vendetta del marito di una presunta amante, mai come un atto operato dallo stesso Maniaci per ottenere chissà quali fini. Come sono andati realmente i fatti lo ha spiegato in più occasioni il giornalista ma l’accanimento mediatico nei suoi confronti non si placa e scivola su strade sempre più ambigue. Invitiamo chi vuole capirne di più a leggere l’articolo “Storia di tre cani, anzi quattro“, di cui riportiamo un trafiletto:
In un primo momento è lui stesso a pensare che possa essere stata la vendetta di un malacarne locale, probabilmente geloso: avverte i carabinieri della tutela, i quali chiamano la sede centrale, ma non si presenta nessuno. Passate alcune ore, l’avvocato Passannante, che casualmente si trova nei paraggi, telefona in caserma per chiedere del mancato intervento e finalmente arriva un carabiniere, si noti, uno solo che prende una scopa, un rastello e un pezzo di gomma servito per uccidere i due animali e li porta via. Non si cura di rilevare le impronte delle scarpe sulla terra, che lasciavano presumere che, ad uccidere gli animali dovevano essere state almeno due o tre persone. È sabato. Non si presenta nessuno del “circo equestre” che si è precipitato a casa di Billeci. Lunedì mattina Maniaci si reca alla caserma dei carabinieri, sporge regolare denuncia, dichiara anche di sospettare di un possibile esecutore del fatto, e poi nulla. Alcuni mesi dopo vengono restituiti a Maniaci il rastrello, il tubo e la scopa, su cui non è stato rilevato nulla, nessuna impronta. Sul caso si avventa la stampa e tutti esprimono solidarietà a Maniaci, persino Renzi, presumendo che si sia trattato di una grave intimidazione mafiosa a un giornalista a causa del suo lavoro.
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