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Pino Maniaci assolto dall’accusa di estorsione

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Cade l’accusa più grave, quella di estorsione. Mentre per le diffamazioni arriva una condanna a 1 anno e 5 mesi per Pino Maniaci, il giornalista di Telejato, noto per le sue battaglie antimafia attraverso la piccola emittente televisiva. La sentenza, pronunciata oggi poco dopo le 18, è arrivata dopo cinque anni di procedimenti e circa 8 ore di camera di consiglio. Il giudice monocratico del tribunale di Palermo, Mauro Terranova, legge il dispositivo in pochi minuti ma “a porte chiuse”, causa emergenza covid.

In aula solo l’imputato, i legali Antonio Ingroia e Bartolomeo Parrino, il pm Amelia Luise che, nel dicembre scorso, al termine della requisitoria aveva chiesto una condanna a 11 anni e mezzo di reclusione, i carabinieri, i funzionari di cancelleria e una troupe televisiva autorizzata. Il giudice ha disposto l’assoluzione con formula piena per i reati di estorsione mentre ha condannato l’imputato per i reati di diffamazione con un risarcimento per le parti civili da quantificarsi in sede civile e una provvisionale esecutiva sempre per le parti civili.

Alla fine, fuori dal palazzo di giustizia, Pino Maniaci è un fiume in piena e non le manda a dire: “Una bella figura di m. per la Procura. Io in questi anni sono stato distrutto, volevano distruggere la mia televisione ma non ci sono riusciti. E continuerò a fare il giornalista”. Aggiunge, ancora: “Sono stati cinque anni difficili ma ora o castello di accuse si è disgregato – dice – l’accusa di estorsione per un giornalista è molto pesante”.

“Ristabilita la fiducia nel Tribunale di Palermo e nella giustizia seriamente messa a rischio dopo una richiesta di condanna in qualche modo indecente – ha detto l’ex pm Antonio Ingroia, oggi avvocato e difensore di Pino Maniaci – ma Maniaci ha diritto non solo a che gli venga risarcito il danno subito, ma che gli vengano restituiti sei anni di vita distrutta, l’onore e la reputazione professionale indegnamente cancellata. Sei anni di gogna mediatica restano, sono troppi e e costituiscono un atto di accusa contro chi lo ha accusato, alcuni con leggerezza, altri con strumentalità, altri ancora in malafede”.

“È scontato il nostro appello – dice l’altro legale Bartolomeo Parrino – con cui chiariremo ciò che, secondo noi, il giudice non ha inquadrato correttamente. Attendiamo comunque il deposito delle motivazioni entro 90 giorni”. Il giornalista ha sempre respinto ogni accusa. Divenuto “famoso” per le sue battaglie antimafia e gli approfondimenti sulla gestione dei beni confiscati, in particolare sulla sezione Misure di prevenzione guidata all’epoca dalla giudice Silvana Saguto, finisce coinvolto in una indagine nel 2016.

Secondo l’accusa, Maniaci – intercettato dai carabinieri – avrebbe chiesto denaro a Salvo Lo Biundo e Gioacchino De Luca, sindaci dei comuni di Partinico e Borgetto ed in cambio non li avrebbe “attaccati” mediaticamente, sarebbe stato più “morbido”. Inoltre, sempre secondo l’accusa, avrebbe imposto l’acquisto di 2000 magliette col logo Telejato ad un assessore di Borgetto.

In aula quest’ultimo ha negato le pressioni e le minacce così come ha fatto anche il primo cittadino di Partinico. Il 9 febbraio scorso durante la sua arringa, l’avvocato Ingroia, respingendo le accuse sostenne: “La procura ha letto in modo capovolto questa vicenda. Pino Maniaci ha resistito alla corruzione: andava per la sua strada e si è cercato di punirlo. C’è stata una manipolazione del video in cui viene ripreso. Tutta un’operazione per salvare il soldato Saguto”.

Fonte: AGI – di Wladimir Pantaleone

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