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Partinico: un paese tra sfascio, degrado e vandalismo

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La memoria storica di un paese è legata ai suoi monumenti e a ciò che può avere un minimo di richiamo con le radici del passato.

A Partinico, da sempre c’è stata invece una sottile, costante strategia tendente a cancellare i frammenti della memoria, ritenendoli cose inutili. Quando si è cercato di fare qualche recupero o qualche restauro, lo si è fatto non tanto per il ripristino del monumento, ma per mettere le mani sul finanziamento, in attesa poi di altri finanziamenti per restaurare ciò che era stato malamente restaurato. È il caso di Palazzo Ramo, legato alla memoria di un nobile spagnolo che ne aveva fatto il centro di un’azienda vinicola, poi vandalizzato, restaurato e adesso di nuovo a pezzi perché gli edifici, se non vengono aperti e curati inevitabilmente si perdono. A Palazzo Ramo sono stati rubati i fili degli impianti elettrici, distrutti i bagni e i pezzi sanitari, mentre l’umidità ha poi fatto il resto. Poteva essere usato per farci, come pensava di fare Giuseppe Casarrubbea, un archivio, poteva essere usato per realizzarvi un museo delle attività contadine e invece niente.

Un po’ più attenta, negli anni passati, è stata a cura della Cantina Borbonica, anch’essa restaurata e diventata uno dei monumenti più importanti in Sicilia, a dimostrazione che la monarchia borbonica era anche capace di investire nel settore vitivinicolo e non era fatta da monarchi incapaci. Anche qui, dopo gli anni della distruzione, il restauro aveva consegnato il monumento al paese, ma ora, per quelle oscure decisioni che i comuni mortali non possono capire, il personale addetto all’apertura per le visite è stato richiamato al Comune e la Cantina, prima aperta da Lunedì a venerdì, rimarrà chiusa ed esposta ai possibili vandalismi, oltre che alla dimenticanza. Ugualmente abbandonate al degrado le torri di campagna, da quella di Santa Katrini, della quale due anni fa è stato demolito il piano alto e distrutta l’attigua cappella, a quella della Abraciara, il cui piano superiore è crollato e pertanto è inaccessibile, alla torre Girgintana, che i proprietari hanno recintato e abbandonato.

Del palazzo dei Carmelitani non vogliamo parlare: dopo qualche anno è stato finalmente ripristinato l’ascensore, ma qualcuno ha avuto da ridire per la presenza da noi denunciata di animali vari nell’atrio, per le festività natalizie. Non citiamo neppure il Palazzo del Giorno della Civetta, cancellato in una notte. Negli ultimi tempi sono sotto attacco le fontane. Quella degli Ottu Cannola, ha subito qualche anno fa uno sfregio e una deturpazione, ma è stata ripristinata, le altre, compresa quella della Strata Ranni, cioè di Via Principe Amedeo, quella di via maggiore Guida, quella di una traversa di Via Madonna e la fontana di Valguarnera versano tutte in stato di abbandono. Citiamo, solo per dovere di cronaca, l’abbandono in cui è lasciata Villa Margherita, il degrado in cui versa villa Borsellino, e la desolazione in cui è lasciata l’ex Arena Lo Baido, diventata una pubblica latrina e un punto d’incontro di sfaccendati.

Si potrebbe continuare all’infinito su tutti gli spazi pubblici abbandonati, spesso diventati punti d’accumulo di sacchetti di spazzatura, con erbacce, cartacce e vuoti di bottiglie. Ma giusto è sembrato, ad alcuni guerrierini della notte, visto che queste fontane non servono a niente, infierire sulla fontana che si trova allo svincolo tra corso dei Mille e via Roma. Sono state asportate alcune lastre di marmo scuro e addirittura è stata fatto a pezzi una parte del basamento. Per fare ciò la banda ha dovuto servirsi di picconi, mazze e altro e fare un grande baccano, ma nessuno ha sentito niente, non sarebbe stata fatta alcuna denuncia, da parte del Comune, per quanto ne sappiamo, e non sarebbe stata aperta alcuna indagine. Tutto ciò a testimonianza e a conferma che il paese di notte è abbandonato, esposto alle follie di chi vuole distruggere tutto o di chi crede di potersi appropriare di ciò che appartiene al pubblico. Che tristezza! Viene da pensare a un modo antico di dire: “Partinicu paisi di scunfortu: o tira ventu o sona a campana a mortu”.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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