Le telecamere e le microspie degli investigatori hanno ripreso le riunioni con i discorsi dei mafiosi sulle elezioni e i baci che a turno davano in fronte al nuovo padrino Giuseppe Greco. Per decidere alleanze e candidature avevano scelto una sala da barba: è lì, nel cuore del feudo mafioso di Santa Maria di Gesù, che i boss si riunivano prima di dar via alle elezioni per il rinnovo dei vertici del clan.
E’ uno dei particolari dell’inchiesta dei carabinieri che ha anche fatto luce sull’omicidio di Salvatore Sciacchitano, ucciso il 3 ottobre scorso a Palermo e che ha portato a sei fermi. Sciacchitano avrebbe partecipato a un agguato contro un pregiudicato vicino alla cosca. Dopo poche ore sarebbe stato punito: segno della capacità militare del clan, in grado di organizzare in pochissimo tempo una reazione militare all’aggressione di uno dei suoi. Dall’inchiesta, dunque, emerge il ritorno ai vecchi metodi di designazione dei capi, una sorta di “democratizzazione” criminale seguita agli anni di tirannia dei corleonesi di Totò Riina.
C’è anche uno dei sette ergastolani condannati e poi scagionati dal processo per la strage di via D’Amelio costata la vita al giudice Paolo Borsellino tra i sei fermati dai carabinieri. Si tratta di Natale Gambino finito in cella insieme a Giuseppe Greco, già arrestato e condannato per associazione mafiosa. I due, intercettati, parlano esplicitamente del rinnovo dei vertici dell’associazione mafiosa.
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