È tempo di una nuova Resistenza. Nel ’43-45 i nemici erano forse più facili da individuare: indossavano una divisa, portavano fucili e predicavano violenza. Oggi il nemico si nasconde meglio; si confonde tra gli altri, ha vestiti eleganti, dice di volere l’assoluta libertà e predica la democrazia. Ma nel mentre attua politiche di privatizzazioni, di lobby, porta avanti interessi individualistici e si fa alfiere del predominio dell’economia sulla politica. La mlibertà è dei capitali, delle merci, ma non delle persone; al massimo del loro lavoro. Siamo a Torino, medaglia d’oro della resistenza partigiana; anche qui le politiche di privatizzazione e di tagli al welfare stanno massacrando la città. È in memoria della Resistenza, che il 16 aprile i membri dell’associazione Terra del Fuoco hanno occupato la vecchia caserma Lamarmora in via Asti. Luogo di tortura dei partigiani negli anni tra il ’43 e il ’45, lo stabile era lasciato in condizioni di assoluto abbandono. Per tornare a essere partigiani, per continuare a lottare. Anche se in dinamiche e situazioni differenti. “Stiamo cercando di ristrutturarlo, anche con l’aiuto di alcuni cittadini che si sono resi disponibili ad aiutarci”, dicono i ragazzi di Terra del Fuoco, associazione che si occupa di memoria e di cittadinanza attiva. “Ma ci serve aiuto, da soli non possiamo fare tutto. Speriamo che altre associazioni si facciano avanti e facciano rivivere assieme a noi questo posto”. Lo stabile era stato da poco venduto dal Comune di Torino a Cassa Depositi e Prestiti per la somma ridicola di 18.000 euro, forse in attesa di un grosso acquirente. “Vendere questa caserma ad un privato sarebbe un vero insulto alla cittadinanza”, dichiara Luca Bardino, uno degli studenti che ha animato l’occupazione. “Questo è un luogo di memoria che ha una lunga storia; bisogna restituirlo alla cittadinanza”.
All’interno della caserma è ancora possibile visitare la lapide memoriale dedicata ai partigiani fucilati dai nazisti, notare gli squarci nel muro causati dai pallettoni dei fucili degli esecutori, visitare le prigioni dove erano detenuti, interrogati e torturari i partigiani della Resistenza.
Nella caserma di via Asti il sangue dei fucilati ha scritto un piccolo pezzo di storia del nostro paese. Lo testimonia Bruno Segre, combattente per la libertà, giornalista e politico sopravvissuto alla reclusione, nel suo libro “Quelli di via Asti”, nel quale racconta la sua esperienza di prigionia iniziata nel settembre 1944.
Piero Calamandrei a Milano nel 1955, durante il suo discorso ai giovani sulla Costituzione nata dalla Resistenza, disse: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità della nazione, andate là, o giovani, col pensiero, perché là è nata la nostra costituzione”.
A Torino oggi, in via asti, è possibile visitare uno di quei luoghi.
A Torino il Comune continua a mettere in (s)vendita complessi ne stabilimenti pubblici per fare cassa: ex-caserme, ex-teatri, ex-cavallerizze ed ex-asili. Luoghi dismessi che potrebbero essere utilizzati per creare nuovi spazi di socialità e percorsi di partecipazione condivisa, o centri di accoglienza per i numerosi senzatetto di questa città, o per i migranti. Spazi che non andrebbero svenduti alla San Paolo o alla banca di turno, ma protetti e coltivati. È la cittadinanza che deve riprenderseli. Anche questo vuol dire essere partigiano, questo non essere indifferente.
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