Nel processo sono state aggiunte altre imputazioni per diffamazione a mezzo stampa riguardanti una denuncia fatta dai giornalisti Michele Giuliano, e Nunzio Quatrosi, e dal pittore Gaetano Porcasi e un’altra denuncia di Elisabetta Liparoto, già presidente del Consiglio di Borgetto. In pratica sono state messe in un unico calderone le denunce relative all’attività giornalistica di Maniaci, con quelle di estorsione. La stessa scelta del calderone unico era stata fatta quando è stata annunciata l’operazione Kelevra, nei confronti dei mafiosi di Borgetto e di Partinico, all’interno della quale la Procura di Palermo aveva messo dentro anche il caso di Maniaci, che nulla aveva a che fare con le richieste estorsive di stampo mafioso fatte dai boss locali. L’udienza di oggi riguardava la “richiesta di prova”, ossia la richiesta di ammissione al processo, da parte del P.M di prove e di produzione documentale a conferma della validità dell’accusa. La difesa, rappresentata dall’avvocato Bartolo Parrino si è riservata di valutare tale documentazione prima di inoltrare le proprie osservazioni. Per quel che riguarda le prove presentate dal PM, pare che l’intenzione sia quella di usare le vicende emerse dalle intercettazioni relative più che all’accusa di estorsione, in se dimostratasi molto fragile, al gossip e alle personali vicende di Maniaci, compresa quella dell’uccisione dei due cani, onde portare avanti la linea emersa sin dal momento da cui tutta la vicenda giudiziaria ha preso inizio, ovvero screditare l’immagine del giornalista e farne venir meno la credibilità in rapporto al lavoro della sua emittente. Ma questa è soltanto un’ipotesi che potrà essere confermata o meno in rapporto agli sviluppi che avrà la vicenda processuale.
«Sembra che si vogliano tirare in ballo fatti che non fanno parte della contestazione del reato» ha detto a MeridioNews l’avv. Parrino, e ha aggiunto: «La richiesta di produzione documentale da un punto di vista tecnico è assolutamente legittima, ma bisogna vedere di cosa parla questa produzione, la difesa deve prendere atto per verificare che sia opportuna o meno. Pensavo bastassero dieci minuti per controllare tutto il materiale, ma sono rimasto spiazzato quando mi sono reso conto che la maggior parte delle telefonate per cui adesso si richiede la trascrizione riguarda in realtà la vita privata di Pino Maniaci. Si tratta di un tentativo di fare entrare nel processo atti e documenti che nemmeno fanno parte della contestazione del reato. Ci fosse stata una contestazione per procurato allarme o per calunnia o simulazione, insomma contestazioni inerenti alla storia dei cani, allora potrei capirlo».
Pertanto Parrino ha inoltrato una richiesta di un termine a difesa, in modo da potersi pronunciare nel corso della prossima udienza di gennaio, sostenendo che «semmai si dovrebbero sentire i testi a dibattimento in corso e fare le dovute domande, non si possono certo fare entrare nel processo le dichiarazioni dei carabinieri, ad esempio, senza sentirli oralmente». Ma il nodo della questione rimane sempre lo stesso, secondo la difesa: perché richiedere la trascrizione di telefonate inerenti a fatti ed episodi che non vengono nemmeno contestati a Maniaci?
«Non voglio fare considerazioni anzitempo e non voglio sottovalutare la mia controparte – aggiunge l’avvocato Parrino -. Però non vorrei che la carenza di elementi probatori seri portasse più alla ricerca del gossip e del pettegolezzo giuridico. Perché l’episodio dei cani, lo ribadisco, non è tema di prova. Qua stiamo parlando di estorsione ma si tira in ballo la vicenda dei cani impiccati e la supposizione che lui volesse spacciarla per una ritorsione dovuta al suo impegno antimafia anziché a uno sfregio. Analizzeremo tutti i temi e i documenti, ma sembra quasi che si voglia trasformare il gossip comune in atti giudiziari».
L’udienza è stata aggiornata al 22 gennaio prossimo.
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