Molto si è parlato di Danilo Dolci quest’anno, nel centenario della sua nascita. Nessuno ha invece parlato di quella splendida persona che fu il padre Enrico.
Enrico Dolci nasce a Rovato (BS) nel 1899. Cresce e si forma in un ambiente familiare dai principi morali elevati e nobili, educato al massimo rispetto per l’uomo e per i valori umani. Enrico interrompe gli studi rimanendo orfano per la scomparsa prematura del padre ed inizia prestissimo a lavorare a soli 14 anni. Qualche anno dopo diventa ferroviere, poi ferroviere verificatore e dovrà quindi spostarsi spesso per lavoro nelle stazioni di tutta Italia. Conosce e sposa più tardi Maria Carmen Kontelj ragazza di origine tedesco-slovena, molto religiosa dalla quale avrà due figli: Danilo e Miriam. Nel 1928 viene trasferito per lavoro a Vergiate (VA) e l’anno dopo a Gallarate (VA). Successivamente la famiglia Dolci si trasferisce a Tortona dove rimane per parecchio tempo. Nel 1940 ultimo trasferimento in Sicilia a Trappeto. I suoi modi gentili e la sua cortesia uniti ad una ottima pronuncia per il modo di parlare in italiano, sin dai primi momenti del suo arrivo a Trappeto vengono erroneamente interpretati, creando non poco imbarazzo fra i giovani Trappetesi. I Trappetesi non erano abituati alla bontà, al massimo rispetto per gli altri: “Nessuno ti dà niente per niente!” si diceva in giro. All’inizio, per la sua bontà Enrico viene scambiato per una persona “ambigua o addirittura gay” soprattutto per la gentilezza nel parlare, ma si tratta di un primissimo momento, infatti tutti si accorgeranno presto di che tempra, di che pasta era fatto, molto più in là della sua apparente delicatezza e leggiadria! Un grandissimo cuore e una grande fermezza, “pugno di ferro e mano di velluto”. Indubbiamente era una persona parecchio severa, aveva ricevuto un’educazione ed un insegnamento tipici per quei tempi, della Riforma Gentile, “mens sana in corpore sano”, ed era appassionato di ginnastica, corsa, calcio, ma anche di musica e radiotecnica. E’ una figura che di lì a poco tempo seppe conquistarsi la piena fiducia di tutti, animata da alti principi morali, seppe imporsi e instaurare un eccellente rapporto specialmente con i giovanissimi. Enrico era una persona che pensava sempre per gli altri, faceva sempre del bene, aiutava tutti coloro che non avevano niente o che avevano bisogno. Tutti i giovani erano con lui, li rispettava come persone importanti, aveva una grande fiducia in loro. Con la guerra ormai iniziata Enrico si distinse per atti di grande eroismo, forse è stato l’unico eroe vero del Trappeto di allora e di oggi. Nel nostro tempo, in cui molti sono alla ricerca di veri e sani valori, indubbiamente Enrico li impersonava tutti. I suoi insegnamenti di vita sono rimasti impressi, scolpiti nella mente dei giovani Trappetesi di allora che ancora oggi lo ricordano, per la sua fermezza, la bontà e una grande autorità che non era ostentata ma la si intuiva dalla fierezza del suo carattere. Esperto telegrafista Morse e appassionato di radiotecnica seppe inculcare queste discipline al giovane Nino Russo, ed alti insegnamenti di vita ai giovani Trappetesi con cui trascorreva molte ore della sua giornata. Con grande coraggio, altruismo e generosità, nei mesi di guerra fece tantissimo per la popolazione di Trappeto stremata dalla fame, causa la grande miseria dovuta alla guerra. Durante il periodo del coprifuoco serale, quando era vietato uscire la sera con le barche e le sardare, assieme al brigadiere Santolini riusciva, qualche volta, a convincere il Comando militare per fare uscire i pescatori con le loro barche, che ritornavano stracolme di pesce. Ciò era un grande sollievo per la popolazione stremata dalla fame a Trappeto. Da ricordare inoltre che alcuni giovani militari di stanza a Trappeto devono la vita al suo coraggio e alla sua intraprendenza dopo i primi giorni di luglio fino al settembre del 1943: quando, in quel putiferio della nostra storia, non si sapeva da che parte stare, egli riuscì ad evitare le fucilazioni dei nostri soldati per diserzione. E così Trappeto ha avuto nella sua storia il suo “Perlasca” il suo eroe sconosciuto, a cui ancor oggi non sono stati purtroppo riconosciuti i grandissimi meriti. I primi giorni di Settembre del 1943 Enrico lascia Trappeto e con abiti civili riesce rocambolescamente a passare lo stretto di Messina già controllato dagli Americani, risale la penisola e va a ricongiungersi con i suoi. A guerra conclusa la famiglia Dolci va ad abitare a Pozzolo Formigaro (AL), e nel 1952 Enrico consiglia al figlio Danilo che se vuole fare del bene per gli altri, il posto giusto è in Sicilia a Trappeto. “Vai a Trappeto che lì hanno bisogno di aiuto” gli dice. Trappeto era definito a quei tempi da alcuni giornalisti “paese abbandonato da Dio e dagli uomini” ma forse era anche peggio. Il resto è storia conosciuta. Persona stimatissima da tutti a Trappeto si legò con fraterna amicizia con il marinaio Giuseppe Scardino, con il quale rimase in corrispondenza anche dopo la guerra. Tempo addietro, da discorsi di anziani Trappetesi, sentivo queste parole, per me allora incomprensibili. Uno di questi diceva: “Quanto valeva Danilo Dolci per la sua bontà! Come lui, oggi ce ne vorrebbero 10 di Danilo! e l’altro rispondeva: “Mi andrebbe bene per 10 Danilo, ma ci aggiungerei anche 100 Enrico Dolci!“. Enrico era veramente unico! Enrico Dolci si spense nella sua casa a Pozzolo Formigaro nell’ottobre del 1963 all’età di 64 anni.
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