Il nostro “merendero” non perde occasione per sparare a zero contro Telejato e contro il sottoscritto, “il peggiore dei suoi incubi” come direbbe Rambo. Le sue fobie contro Telejato, sono fra l’altro condivise anche da qualche sguazzabottiglie locale, qualche politico, qualche presunto intellettuale e altra feccia che gli dà seguito, che non sopporta la linea redazionale di Telejato, da sempre indirizzata a fare antimafia sul serio e a denunciare complicità, estorsioni, corruzione e tutto quello che di sporco avviene su questo territorio. Il sospetto è che si tratti di gente che vuole che questo territorio rimanga com’è sempre stato, ovvero ostaggio di quattro malandrini: nel demolire l’unica storica voce antimafia televisiva presente su questo territorio, non si può che fare un favore alla mafia. E vabbe! Sinora il giochetto non è riuscito, anche se ci hanno provato tutti, compresi alcuni magistrati. Meglio la mafia che Maniaci, anzi, mettiamola diversamente: Maniaci è la mafia, così come hanno tentato di far credere tutti coloro che hanno imbastito le accuse contro di lui. Pertanto va isolato, anche perché ha l’amante nel cassetto e perciò è un immorale.
Sembra di sentire quei giornalisti porci che dicevano che Giuseppe Fava o Beppe Alfano erano stati uccisi per questioni di “femmine”. Oddio, il paragone è troppo alto, ma la linea giornalistica è la stessa. E seguendo questa linea cosa fa il nostro “informatore locale” che mai ha fatto un serio servizio antimafia? Prende una frase di Rosy Bindi, grande mafiologa, avendo detto lei stessa che “di mafia non ne capisce niente”, e perciò nominata presidente della commissione Antimafia, e senza verificare il contesto di quella frase la fa diventare un titolo e un’accusa: “Telejato ancora sotto accusa: Pino Maniaci si serviva della mafia”: Ahimè, Telejato non c’entra niente, semmai potrebbe entrarci il suo “factotum”, ma per Michelino è la stessa cosa. Forse ha ragione o forse no. In redazione siamo rimasti tutti indignati dall’affermazione della Bindi e io ho replicato duramente, invitandola a dimettersi, ma per un estremo scrupolo abbiamo voluto sentire chi era presente all’audizione della Commissione Antimafia e ci è stato detto, da chi ha sentito con le sue orecchie, che in quella frase manca il punto interrogativo, era un quesito che la Bindi poneva al giudice Lucchini, la quale, proprio nel rigo superiore, un momento prima, aveva precisato che Maniaci con l’indagine sulla mafia di Borgetto non c’entra e c’è finito solo nel contesto di un’intercettazione. Michelino questo lo sa e magari lo scrive. Pertanto si tratterebbe di un’insinuazione o di una domanda alla quale il giudice Lucchini non risponde perché aveva già risposto prima.
Quindi cosa fa il nostro Michelino: ignora questa affermazione, non si preoccupa di verificare se era una domanda e la scambia per una dichiarazione, ci mette un “a quanto pare”, perché pare solo a lui, e farebbe bene a mettersi le mutande, visto che gli pare, e scrive che Maniaci “sarebbe stato sorpreso a intrattenere interlocuzioni telefoniche con presunti esponenti di spicco di Cosa Nostra divenuti oggetto di sequestri e confische da parte delle misure di prevenzione del tribunale di Palermo”.
La fervida immaginazione di Michele riesce così a procurarsi un sombrero per farsi un po’ d’ombra: Maniaci si intratteneva telefonicamente con presunti mafiosi. Di queste “presunte” telefonate”, esaminando gli elementi d’indagine non c’è niente. Esaminando i nostri articoli, si tratta di aziende i cui titolari che penalmente sono stati prosciolti da ogni accusa e che ancora scontano le misure adottate dalla Saguto, grazie a una legislazione che consente di operare e requisire senza processi e senza prove. Ma di questo Michelino non sa molto e quindi lo perdoniamo. Ti perdoniamo, Michele, stattene all’ombra del sombrero, fatti un pisolino e lascia stare Telejato, che è chiara come il sole. Ti puoi scottare.
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