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Messico, la marcia dei professori

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A pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico, grande mobilitazione a Città del Messico per protestare contro l’annunciata riforma dell’educazione nazionale.

Mercoledì 3 agosto sono scesi in piazza nella capitale e nelle principali città del paese migliaia di maestri e professori vicini al CNTE, il sindacato minoritario dei lavoratori nell’insegnamento, distaccatosi nel 1989 dal SNTE, il sindacato nazionale dei lavoratori dell’educazione. Il governo di Peña Nieto aveva presentato la riforma già nel 2013, ma solo negli ultimi mesi ha accelerato per un’approvazione rapida. Nella mattinata, centinaia di maestri e professori si sono radunati nei pressi del Museo de Antropologia. Fin dalle prime ore dell’alba il centro storico è stato blindato da diverse centinaia di agenti della polizia statale e federale in assetto antisommossa. Per le 12 il corteo ha imboccato la centralissima avenida de la Reforma, sede di banche, imprese ed hotel di lusso, che collega il bosco di Chapultepec allo Zocalo, la piazza principale della città, dove sorge il Palazzo Presidenziale. Tra le centinaia di partecipanti al corteo, il segretario generale Enrique Enriquez Ibarova ha spiegato le ragioni della protesta: “Manifestiamo per reiterare le nostre richieste: trovare una soluzione vera ai problemi nell’educazione nazionale e l’abrogazione o la sospensione definitiva del progetto di riforma”. Mastodontico il dispiegamento di forze a protezione di ogni singola attività commerciale lungo la Reforma. “Negli ultimi mesi ci sono state tante manifestazioni in città e spesso si sono concluse con atti di guerriglia urbana e la distruzione di numerose vetrine” spiega Leonardo, un giovanissimo maestro di musica, violino alla mano, che segue il corteo a qualche metro di distanza perché teme eventuali scontri.

Molta emozione quando il corteo passa davanti alla Procuratoria del Messico, dove da mesi un presidio permanente esige dal governo verità e giustizia per i 43 studenti di Ayotzinapa “scomparsi” nel 2014 in circostanze poco chiare dove si riscontrano strani rapporti tra poliziotti e narcotrafficanti in seguito ad una manifestazione di protesta studentesca. In molti impugnavano cartelli con slogan, i nomi delle scuole di appartenenza e bandiere messicane a lutto (con le fasce nere invece che rosse e verdi). Nei cartelli i principali punto contestati della riforma: “No a test di valutazione degli insegnanti”, “No ai nuovi criteri per la selezione dei prof”, “No a scuole sempre più autonome”. “Per autonomia intendono scuole con meno soldi e che saranno costrette a fare altri tagli o ad accettare l’ingresso di privati” si lamenta Carlos, dirigente di alcune scuole rurali vicino Oaxaca. Già oggi le differenze tra le scuole pubbliche e private sono enormi; il divario con le scuole rurali diventa abissale: “Insegno a 25 bambini tra gli 8 e i 12 anni di una scuola rurale di Veracruz. Molti di loro abbandonano durante l’anno perché devono dare una mano in casa o perché la famiglia non ha abbastanza soldi per far studiare tutti i figli” spiega Gabriela, una giovanissima ed appassionata maestra. Ma cosa dice il testo di legge? La riforma, di 10 pagine, è molto vaga nei punti oggetto del dibattito.

La riforma non tocca i programmi e si concentra sulla selezione e la valutazione degli insegnanti. Si pongono indicazioni precise dei titoli di studio necessari per accedere all’insegnamento, così come un programma di valutazione a sorpresa con preavviso di tre mesi e più corsi di aggiornamento. In molti temono per il posto di lavoro, ma la riforma non riguarda chi è già di ruolo. Inoltre si ribadisce che la scuola dev’essere gratuita, invocando la necessità di una maggiore autonomia gestionale delle scuole. “Su molti punti sono d’accordo, anche perché non cambierà niente per gli allievi; giusto esigere un buon livello per gli insegnanti, ma l’organo che co giudicherà sarà indipendente e incorrotto?” si chiede Salvador, che insegna musica a Puebla. Divisi per provenienza (numerosissimi i maestri delle Chiapas e della zona di Oaxaca) o per materia, i professori di educazione fisica hanno animato la coda della marcia con balli e canti tradizionali. Momenti di tensione all’arrivo davanti al Palazzo di Belle Arti, quando i manifestanti si sono trovati davanti un muro di oltre 500 poliziotti. Dopo pochi minuti di trattative con la segreteria del governo locale, che temeva l’occupazione dello Zocalo, i maestri hanno potuto proseguire fino alla piazza principale, dove hanno fatto un sit-in di protesta fino alle 16. In questi ultimi giorni di “vacanze” sono tantissimi i bimbi che lavorano come venditori ambulanti per le strade e nei parchi. Intanto gli adulti discutono la riforma dell’educazione.

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Redazione

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