Esiste, ed è stata trovata dagli investigatori, una foto che dimostra la presenza del boss Matteo Messina Denaro con Giuseppe Graviano, già nel 1992, tra il pubblico del “Maurizio Costanzo Show”. L’obiettivo era quello di spiare il conduttore dello storico programma di Canale 5. A darne notizia è oggi “Il Fatto Quotidiano” rivelando che ora questo documento è agli atti del fascicolo d’indagine contro il boss di Brancaccio, indagato per attentato o minaccia a corpo politico dello Stato. Lo stesso reato per cui lo scorso 20 aprile sono stati condannati boss e rappresentanti delle istituzioni.
La ricerca di quell’immagine era partita da quando lo stesso capomafia palermitano, intercettato durante il passeggio nel carcere di Ascoli Piceno, aveva fatto dei commenti con il compagno d’ora d’aria Umberto Adinolfi. “Nel 1992 a Roma, quando c’era Falcone al Costanzo, dove si sedeva, c’erano 8 persone… 8 persone – diceva Graviano il 24 settembre 2016 – Eravamo io, …palermitani, due di Brancaccio, mici, due di… incompr… che poi se ne sono andati che avevano un matrimonio, e altri due che si sono fatti entrambi pentiti uno di Castelvetrano e uno di Mazara del Vallo, Sinacori e Geraci”. La puntata più nota in cui Falcone partecipò al Maurizio Costanzo Show fu quella dedicata, in tandem con Samarcanda di Michele Santoro, alla memoria dell’imprenditore Libero Grassi, ucciso nell’agosto del 1991. Puntata che andò in onda proprio nel settembre 1991.
E dalle parole del boss è scattata l’indagine per scandagliare le immagini legate alla trasmissione nel periodo individuato. Così è emerso il particolare che tra gli spettatori c’erano anche i due boss, lo stesso Graviano e Matteo Messina Denaro, andati al teatro dei Parioli ad assistere alla trasmissione. Il boss di Brancaccio, dunque, in quelle conversazioni in carcere aveva riferito un fatto vero, anche se con qualche imprecisione.
Secondo quanto riferito dal Fatto, in quelle foto del 1992 non c’era Falcone ospite del Costanzo show, ma qualcun altro, sempre di importante.
Il progetto di morte nei confronti del conduttore televisivo, dunque, era già stato programmato un anno prima ma solo un anno dopo i boss decideranno di colpire. Così alle 21:35 del 14 maggio 1993, esplose un’autobomba imbottita di tritolo che fece saltare per aria mezza strada, formando un cratere (“ellissoidale”) profondo 40 centimetri, oltre a rendere inabitabili per un periodo più o meno lungo di tempo, ben 4 palazzi, tra via Fauro e via Boccioni. Costanzo e sua moglie, allora fidanzata, Maria De Filippi, si salvarono per un soffio. Quella sera con Costanzo non c’era il solito autista, con la sua Alfa 164, ma un sostituto in Mercedes. Fu quella sorpresa a causare l’attimo di esitazione per i killer, e solo quell’attimo evitò la strage che causò comunque il ferimento di sette persone.
In carcere ad Ascoli Piceno Graviano aveva parlato anche di quell’attentato: “Meschino il cane saltò. Quando c’è stato l’attentato il cane scappò e non si è fatto più vedere. Avevano il finestrino aperto e quello scappò a razzo”.
Quello di via Fauro fu l’attentato che diede inizio alla stagione delle bombe esportate dalla mafia in “Continente”. Il 27 maggio di quell’anno un’auto bomba distrusse un’ala di via dei Georgofili a Firenze facendo 5 vittime. E tra il 27 e il 28 luglio l’attentato al Museo d’Arte Moderna di via Palestro a Milano, che causò altri 5 morti, tra passanti ed immigrati che erano ai giardinetti vicini, e le esplosioni in contemporanea delle chiese romane di San Giovanni in Laterano e di San Giorgio in Velabro. Era la strategia di colpire nel mucchio, mirando alle opere d’arte “perché” come disse poi un pentito, “le persone muoiono e poi tutto continua, le opere d’arte invece non si rifanno”.
Sia Graviano che Messina Denaro (ancora oggi latitante) sono già stati condannati per quelle stragi del 1993. Ed attualmente il boss di Castelvetrano è sotto processo a Caltanissetta anche per le stragi del 1992. Costanzo, raggiunto dal Fatto, ha commentato: “Apprendo solo ora di quelle foto. Sapevo che mi avevano seguito quando andavo a visitare il ministro dell’Interno allora in carica, Vincenzo Scotti, ma poi avevano desistito dall’attentato perché sotto la sua casa c’era la camionetta dei carabinieri. Però non le nascondo che immaginare Messina Denaro tra il pubblico mi fa impressione”.
Tratto da: antimafiaduemila.com
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