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Mafia e “antimafia” qualcosa si muove

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La notizia è molto recente, sembrerebbe che dopo anni di denunce, editoriali e servizi da parte di questa testata qualcosa si stia muovendo.

Ad essere sotto indagine per l’accusa d’abuso d’ufficio teoricamente dovrebbe esserci Andrea Modica de Moach ex amministratore giudiziario delle aziende del gruppo Cavallotti, tuttavia al momento non si sa nulla in merito. Quello che è certo è che nei giorni scorsi un servizio delle Iene realizzato con la collaborazione della nostra redazione ha messo in luce la storia dei fratelli Cavallotti di Belmonte Mezzagno, imprenditori assolti dall’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso e nonostante tutto oggetto ancora di misure di prevenzione patrimoniali.

I Cavallotti

Il processo penale che ha visto l’assoluzione con formula perché il fatto non sussiste che ha visto protagonisti i 6 fratelli del piccolo paesino in provincia di Palermo era incentrato sulle presunte raccomandazioni che questi avrebbero avuto nell’aggiudicazione di alcuni appalti per la metanizzazione nei comuni di Agira e Centuripe. In realtà i pizzini che secondo l’accusa, e a tutt’oggi secondo le misure di prevenzione di Palermo incriminerebbero i Cavallotti indicavano chiaramente il pagamento del pizzo, la così detta in gergo mafioso “messa a posto” e non una raccomandazione che lascerebbe così spazio all’ipotesi di turbativa d’asta.

Modica de Moach

Modica de Moach è stato nominato amministratore giudiziario delle aziende del gruppo Cavallotti nel 1999 dal tribunale di Palermo. Il suo compito era quello di amministrare le aziende in attesa che venisse concluso il processo legato alle misure cautelari che procede parallelamente a quello penale. Stando alla legge Modica avrebbe dovuto mantenere in attivo le aziende preservando i livelli occupazionali e mantenendo inalterato il volume d’affari. Tuttavia nulla di tutto questo è avvenuto. Per quella che in una relazione dello stesso modica è stata definita insolvenza tecnica è stato dato il via ad una serie di operazioni finanziarie, avallate per altro dal tribunale di Palermo, nelle quali attraverso alcune compravendite di rami d’azienda e alla cessione di debiti già prescriti Modica avrebbe percepito indebitamente del denaro dalle casse della Comest azienda del gruppo Cavallotti specializzata nella metanizzazione. 

Il dottor Vincenzo Paturzo curatore fallimentare presso il tribunale di Milano, analizzando dodici anni di bilanci aziendali ha riscontrato una situazione davvero singolare.

Al contrario di quanto sostenuto da Modica la Comest aveva tutte le risorse finanziarie e non era come affermato in uno stato di “insolvenza tecnica”. Certo parliamo di una azienda sconvolta da una vicenda giudiziari importante ma non così malata. Al fine di risanare le sorti finanziarie Modica ha ceduto dei rami d’azienda del gruppo e li ha fatti rilevare da una società in amministrazione giudiziaria la Tosa, confiscata in via definitiva e amministrata dal fratello Giuseppe Modica con l’avallo del tribunale. Un operazione che nei bilanci non avrà alcun beneficio. Beneficio che invece trarranno le società che venderanno i rami d’azienda in questione realizzando un profitto di un milione di euro.

Quanto ai debiti prescritti (quindi non più dovuti ne esigibili) nel 2009 questi vengono ceduti tramite scrittura privata da Comest e Icotel (società del gruppo Cavallotti) alla Advisor and services for Business di cui diventerà amministratore unico proprio Modica de Moach pochi mesi dopo la firma di questa scrittura privata, facendogli così acquisire indebitamente un milione di euro.

La commissione regionale antimafia

Nello Musumeci

Sui fatti esposti, la commissione regionale antimafia dapprima ha audito Pino Maniaci e qualche giorno fa ha ascoltato la testimonianza di Pietro Cavallotti. Sulla scorta di queste audizioni e delle numerose denunce di anomalie la commissione guidata da Nello Musumeci sta preparando un dossier. «Dopo avere completato le trascrizioni – annuncia il presidente dell’Antimafia – provvederemo a trasmettere il documento anche all’autorità giudiziaria’. «Abbiamo riferito al prefetto (Postiglione ndr) che in un anno e mezzo la commissione ha raccolto il grido di allarme di giornalisti, amministratori, imprenditori e rappresentanti dei lavoratori che denunciano la persistenza di molte ombre nella gestione dei beni tolti alla mafia». «In alcuni casi – ha spiegato Musumeci – si tratta di denunce di vere e proprie incompatibilità, situazioni preoccupanti. In altri casi abbiamo riscontrato la concentrazione di molti incarichi nelle mani di un unico amministratore e tentativi di favorire società e studi professionali».

Pietro Cavallotti dopo l’audizione si è detto soddisfatto per aver avuto la possibilità di raccontare davanti alle istituzioni la storia della sua famiglia. «Ho avuto la possibilità – ha affermato Cavallotti –  di replicare alle affermazioni fuorvianti rese dai magistrati Scaletta e Petralia lo scorso 21 ottobre alla Commissione Nazionale Antimafia» «Viviamo in una condizione di indigenza a seguito dei vari provvedimenti giudiziari e siamo impossibilitati a trovare un lavoro per la cattiva reputazione costruita attorno alla nostra famiglia» Cavallotti ha chiosato «Tuttavia  ringrazio Telejato per avere per primi avuto il coraggio di denunciare il malaffare che ruota attorno al sistema dei beni sequestrati».

Continuerà l’indagine di Telejato che da anni sta denunciando questa gravissima situazione, anche attraverso la petizione lanciata su change.org nella quale si chiede che Pino Maniaci venga ascoltato dalla commissione nazionale antimafia.

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Redazione

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