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L’ultimo viaggio di Vittorio Casamonica, un film già visto

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Di Salvo Ognibene

Autore de “L’eucaristia mafiosa – La voce dei preti”

www.eucaristiamafiosa.it

Vigili urbani, strade bloccate, carrozze, cavalli, rolls royce, petali di rosa da un elicottero e l’immancabile colonna sonora de “il padrino” ad accompagnare l’ultimo viaggio di Vittorio Casamonica. E fuori un manifesto con il volto del defunto in primissimo piano, vestito di bianco e con il crocifisso al collo: “Hai conquistato Roma ora conquisterai il paradiso”. Oltre a un sacerdote che regalava parole di speranza, ovviamente.

È un paese che non conosce vergogna questo e a cui la mafia piace, purtroppo. Fedeli (si fa per dire) che battono le mani in segno d’affetto e gratitudine mentre il resto della Chiesa tace. Ed è giusto dirlo. Purtroppo la Chiesa italiana non è solo quella bella e coraggiosa di Papa Francesco, di don (mi permetterà il Cardinale, Presidente della Caritas Italiana e Padre Sinodale per i lavori del Sinodo sulla Famiglia) Franco Montenegro e del segretario dei vescovi Nunzio Galantino, intervenuto più volte negli ultimi giorni, a ragion di Vangelo, in duro dibattito con la Lega sul caso dei migranti.

Esiste un’altra Chiesa, quella che nel 1979 celebra i funerali di Giacomo Piromalli, storico padrino della ‘ndrangheta, dove erano presenti circa seimila persone, quella di “don” Agostino Coppola che sposa Totò Riina durante la latitanza (e tante altre cose), quella di Oppido Mamertina (ricordate?) dove viene sollevato il caso, dopo trent’anni di inchini di fronte alla casa del boss, solo perché il maresciallo dei carabinieri decide di abbandonare la processione.  Fino all’ultimo saluto di Vito Rizzuto, nel 2013. C’era una bara placcata  in oro ed eravamo in Canada.

E questa è una chiesa anche dei mafiosi, evidentemente. Ne è convinto don Giancarlo Manieri, il parroco che ha celebrato i funerali di Vittorio Casamonica e che probabilmente lo rifarebbe perché come lo stesso sostiene “faccio il mio mestiere”. Come se essere sacerdote fosse un lavoro…Aggiunge: “Non spettava a me bloccare un funerale. L’esponente di un clan è comunque dentro la Chiesa”. E poi: “A me hanno fatto solo vedere un foglietto che diceva che era un cattolico praticante e che lasciava moglie e figli . Di tutto l’ambaradam che c’era fuori non sapevo nulla perché ero già ‘apparato’ per la funzione. C’erano 500 persone fuori. I manifesti sui muri della chiesa? Me l’hanno detto i miei collaboratori, ma li hanno tolti subito. Quello con Vittorio Casamonica vestito da papa? Non ne sapevo nulla”.[1] Ecco, basterebbero queste sue parole per spiegare il male della vicenda e l’ignoranza, che diventa convivenza e che regna dentro parte della chiesa. E a me non va bene. Così come non va bene che un’eucaristia mafiosa in questo paese è stata celebrata e si continui a celebrarla. Che poi, non erano stati scomunicati i mafiosi?
Poi si, bisognerebbe forse capire perché il prefetto di Roma non ha negato i funerali pubblici per questioni di ordine pubblico come di consuetudine e perchè la politica faccia dichiarazioni volte a minimizzare il fatto. Forse la presenza dei vigili urbani potrebbe fornire qualche  risposta.
La realtà è che questo è e continua ad essere un problema culturale, che la mafiosità è più pericolosa della mafia stessa e che proprio la Chiesa potrebbe fare molto contro le mafie e incidere tanto tantissimo nella coscienza dei propri fedeli, che sono anche cittadini. Gli stessi presenti al funerale del “re di Roma” e che applaudivano al passaggio del feretro. Oppure continuiamo a pensare che beatificando don Pino Puglisi è stato risolto il controverso rapporto tra mafia e Chiesa?

Coincidenza vuole che nello stesso edificio sacro si sarebbero dovuti celebrare i funerali di Pier Giorgio Welby nel 2006 poi negati per decisione del card. Ruini. E gode di un altro “grande” precedente: nella Parrocchia di San Giovanni Bosco infatti, furono celebrati nel 1990 i funerali del criminale Enrico De Pedis. La salma poi tumulata nel Cimitero del Verano, fu traslata due mesi dopo nella cripta della basilica di Sant’Apollinare (in barba al diritto canonico). Almeno fino al 2012 quando fu prima trasferita, cremata e poi le ceneri disperse in mare.

La Chiesa di Papa Francesco non può consentire in nessun modo che avvengano fatti del genere e che si continui a pensare che quello che non è stato concesso a Welby possa essere concesso ai De Pedis, ai Casamonica e a quelli come loro perchè il primo insegnamento del beato palermitano ucciso dalla mafia in odium fidei era proprio quello che le parole devono essere confermate dai fatti.

[1] http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/casamonica-don-giancarlo-manieri-non-potevo-dire-no-2256120/

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