Così esordisce il nuovo procuratore capo di Palermo, Franco Lo Voi, alla cerimonia di insediamento di questa mattina. Alla presenza, tra gli altri, del procuratore aggiunto Vittorio Teresi e dei sostituti Francesco Del Bene e Nino Di Matteo che si occupano – insieme a Tartaglia, assente per ferie – del processo e delle indagini sulla trattativa Stato-mafia.
“Non ci saranno magistrati di serie A e magistrati di serie B – ha proseguito Lo Voi – Si discuterà e si troveranno soluzioni comuni seguendo le leggi, questa voglio sia la nostra attività, che potrà portare a momenti di dissenso ma mai ai veleni perché la discussione è sana. I processi andranno avanti tutti perché tutti i processi e tutte le indagini sono importanti. Mi prendo questo impegno sapendo di poter contare sul valore dei colleghi”. E ha aggiunto: “Noi non siamo chiusi nelle nostre stanze ma siamo al servizio dei cittadini. Qualcuno ha detto che serve un fresco sguardo e un forte slancio. Io sono sicuro che noi magistrati saremo capaci di avere un fresco sguardo senza pregiudizi e un forte slancio che i cittadini meritano da una sede difficile come Palermo”.
Dopo aver ascoltato le dichiarazioni del neo procuratore, insediatosi con largo anticipo (appena 13 giorni dopo la nomina del Csm) non si può che sperare che Lo Voi rimanga coerente fino in fondo a quanto detto durante la cerimonia. E certamente non c’è alcun motivo che gli impedisca di tenere fede alle sue promesse. Per questo, la nostra speranza è anche quella di vedere Lo Voi, l’8 gennaio, seduto insieme ai pubblici ministeri che proseguiranno le udienze sulla trattativa, per ribadire che tutti i processi devono andare avanti. Anche quelli più scomodi.
La speranza è che il nuovo procuratore dia un nuovo input, rinsaldi e ricompatti la Procura di Palermo un tempo etichettata come il “palazzo dei veleni”. Ma soprattutto che si schieri con decisione e pronunci forte e chiaro il nome di quei magistrati che a Palermo sono più o meno costantemente bersagliati da minacce o condanne a morte (mafiose e non) per le indagini di cui si occupano. Primo fra tutti Di Matteo, già condannato a morte da Riina in carcere, il cui piano di morte è stato confermato dal neopentito Vito Galatolo. Ma non possiamo dimenticare le minacce a Roberto Scarpinato, procuratore generale di Palermo, nè la misteriosa incursione nell’abitazione del pm Tartaglia (così come le numerose minacce di cui è oggetto tutto il pool trattativa) o i messaggi intimidatori a Teresa Principato, procuratore aggiunto che guida le indagini su Matteo Messina Denaro, ultimo superlatitante di Cosa nostra. Di recente Galatolo ha parlato anche di un piano di morte per Pierangelo Padova, tra i pm della pubblica accusa al processo in cui sono imputati alcuni familiari dell’ex boss dell’Acquasanta. La lista dei bersagli scomodi per Cosa nostra è lunga, ma chi corre il maggiore pericolo è colui che sta in cima: la vita di Nino Di Matteo continua ad essere seriamente a rischio, le dichiarazioni di Galatolo non hanno fatto altro che aprire ulteriori squarci su un piano di morte fino a pochi mesi fa in piena fase operativa. Ci auguriamo che Di Matteo il prossimo anno possa rientrare presso la Direzione distrettuale antimafia, mentre al momento è ancora costretto ad occuparsi per lo più di casi di giustizia “ordinaria” che inevitabilmente sottraggono tempo ed energia all’inchiesta sulla trattativa mafia-Stato. Ancora, la nostra speranza è che il nuovo procuratore di Palermo sia forza e scudo per il delicato filone investigativo che, inevitabilmente, sta salendo su fino ai più alti ambienti di potere che evidentemente con Cosa nostra condividevano intenti ed obiettivi. Ci auguriamo che le nostre speranze diventino presto certezze: dopo le promesse, ora è il momento di attendere i fatti.
di Giorgio Bongiovanni – tratto da www.antimafiaduemila.com
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