L’Italgas è un’azienda di Bergamo, di dimensioni nazionali, legata alla Snam. Conta, in Italia, 1.500 concessioni, una rete di distribuzione di 53mila chilometri e 6 milioni di utenze a cui fornisce gas per quasi 7,5 miliardi di metri cubi. È titolare di una serie di società controllate operanti in Argentina, Brasile, Grecia, Portogallo, Spagna, Ungheria, al punto da diventare un gruppo internazionale che supera i 10.000 dipendenti. In un certo momento vengono commissionati dei lavori all’azienda Euro Impianti plus, legata ai fratelli Cavallotti, una famiglia di imprenditori di Belmonte Mezzagno, finita, da ormai 15 anni nel mirino della magistratura perché accusata di godere della protezione di Bernardo Provenzano, e amministrata in modo disastroso da Modica de Moach. Va precisato che dopo un procedimento giudiziario andato avanti con un’assoluzione, una condanna e un’assoluzione definitiva dall’accusa di associazione mafiosa con Bernardo Provenzano e Benedetto Spera, le imprese dei Cavallotti, per un presunto valore di otto milioni di euro, sono state sequestrate dall’Ufficio misure di prevenzione e, più recentemente confiscate. Sotto sequestro sono finite anche altre aziende nate per iniziativa dei figli della famiglia Cavallotti, tra queste la Euroimpianti, a seguito del sospetto che dietro potesse esserci l’intervento anche economico e il controllo dei genitori. EuroImpianti aveva vinto alcuni appalti in Sicilia e Liguria e si occupa della manutenzione di altre strutture controllate da Eni. Il 22 dicembre 2011 scattano le misure di prevenzione anche per Euroimpianti e nel luglio 2014 è il turno di Italgas, che secondo i giudici «aveva sicuramente cognizione del fatto che la Euroimpianti pur se formalmente intestata ai giovanissimi figli di Cavallotti Vincenzo e Cavallotti Gaetano, era di fatto gestita dai predetti imprenditori».
Dopo una serie di articoli e servizi condotti da Telejato e dopo un intervento della trasmissione televisiva Le Iene, l’ufficio misure di prevenzione decide di cambiare amministratore e affida i resti dell’impresa all’avvocato Andrea Aiello, quarantenne avvocato nelle grazie della Saguto, pare nipote del procuratore capo di Salerno De Chiara, il quale la mette in liquidazione nel 2015. Nel 2016 arriva la confisca definitiva. Aiello scopre, o finge di scoprire che la Italgas ha fatto un accordo e firmato un contratto con la Euro Impianti e lo riferisce al pm Scaletta. Il boccone è troppo rosso per lasciarselo sfuggire. È chiaro che la EuroImpianti non avrebbe potuto sottoscrivere alcun accordo senza la firma dell’amministratore giudiziario, cioè di Aiello, ma Scaletta e il terzetto di giudici delle misure di prevenzione Saguto, Licata e Chiaramonte studiano un bel piano d’azione, e, con la scusa o l’accusa di un ipotetico pericolo di infiltrazioni mafiose affidano proprio ad Aiello, che intanto aveva già chiesto alla Italgas 20 milioni per il pagamento di alcune forniture da parte della Euroimpianti, l’incarico di “ripulire” l’azienda assieme ad altri tre amministratori, l’ing. Caramazza, il prof. Frey e il commercialista Saporito, che nominano a sua volta altri 43 coadiutori, ai quali la Italgas è costretta a versare parcelle di circa 140 mila euro a testa. Un’orda di topi sul cacio. Un anno di amministrazione giudiziaria, secondo i legali della Italgas è costato circa sette milioni di euro, ma la fine del sequestro, durato un anno, decisa da Scaletta nel luglio 2015, non implica la riconsegna.
L’ufficio misure di prevenzione studia un sistema di “amministrazione vigilata”, cioè si riconsegna l’azienda, nel luglio 2015, ma, viene nominato un organo di vigilanza composto dagli eminenti professori universitari Fiandaca, Perini e Varraso, cui si associano tre consulenti e coadiutori dello studio di Aiello, Amenta, Messina e Giuffrida, che hanno assistito Aiello nel suo anno di amministrazione. È una formula che consente all’azienda di tornare a gestire direttamente le sue attività, e quindi a esonerare il tribunale da questo difficile compito, e nello stesso tempo di continuare a pagare una serie di persone che “vigilano”, cioè stanno a guardare affinché ai Cavallotti non siano affidati più altri lavori. Con tante bocche da riempire, ad oggi questo scherzetto è costato all’Italgas circa 30 milioni.
Che dire? C’è da restare allibiti sul modo in cui, utilizzando la normativa antimafia i bilanci delle aziende vengono svuotati per alimentare quelli della “cricca” di avvocati, commercialisti e loro associati. Sino ad arrivare, sotto la nuova gestione della sezione misure di prevenzione, oggi diretta da Montalbano, alla recente decisione giudiziaria che proscioglie da ogni accusa la Italgas, ritiene immotivato il sequestro, ma non prevede rimborso per tutti i soldi sborsati dalla Italgas a seguito di questo “incidente” giudiziario.
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