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L’irresistibile ascesa di Francesco Lo Voi, procuratore capo del Tribunale di Palermo

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L’irresistibile ascesa di Francesco Lo Voi, procuratore capo del Tribunale di Palermo e la ragnatela dei rapporti e degli scontri tra le correnti della Magistratura.

Nel dicembre 2014, a sorpresa, Francesco Lo Voi è nominato procuratore capo della Procura di Palermo, dopo alcuni mesi di reggenza affidata a Leonardo Agueci e sostituice Francesco Messineo. Ha battuto in volata, per la nomina, i colleghi Sergio Lari, e Guido Lo Forte, più titolati di lui nell’aspirare a quell’incarico. Lo Voi ha ricevuto i voti, oltre che della corrente di Magistratura Indipendente, di cui fa parte, ha incassato il voto della laica di Forza Italia Maria Elisabetta Alberti Casellati in commissione incarichi direttivi, oltre a quello del consigliere di Magistratura Indipendente Claudio Galoppi, quindi della sua corrente, e ha guadagnato anche le preferenze dei consiglieri del centro destra e dei laici del Pd. Quindi un candidato gradito a tutti, un candidato per tutte le stagioni, voluto da Napolitano e da Renzi, il candidato espressione del patto del Nazareno. La sua nomina ha colto di sorpresa soprattutto perché egli non aveva mai avuto ruoli dirigenziali alla Procura di Palermo. È andato ad occupare il posto di Francesco Messineo, andato in pensione lo scorso agosto e sostituito provvisoriamente, come facente funzione, dall’aggiunto Leonardo Agueci.

La carriera

Entrato in magistratura dal maggio 1981, ha iniziato la carriera come Pretore a Sanluri (CA) Nel 1984 è stato giudice a Caltanissetta, poi pretore a Palermo dove dal 1990 è diventato sostituto procuratore e nel 1997 sostituto procuratore generale presso la Corte d’Appello. Ha fatto parte della DDA fin dalla sua costituzione, ha lavorato con Giovanni Falcone e con Paolo Borsellino ed ha svolto le indagini e sostenuto in dibattimento l’accusa in numerosi e gravi processi di mafia, particolarmente quello sui fratelli Salvo, sulla strage di Capaci, su Leoluca Bagarella e su Giovanni Brusca. Dal 1997 ha svolto le funzioni di Sostituto Procuratore Generale, continuando ad occuparsi di processi di mafia in appello (tra i quali quelli contro esecutori e mandanti dell’omicidio di Padre Giuseppe Puglisi); è stato nominato Segretario Generale della Procura Generale della Repubblica e punto di contatto della Rete Giudiziaria Europea, fin dalla sua costituzione, dove ha lavorato alle procedure di cooperazione giudiziaria internazionale. Dal 2002  al 2006 è stato consigliere del Csm: per tornare poi a Palermo come sostituto pg. Nel 2006 a Palazzo dei Marescialli ha appoggiato Pietro Grasso nella corsa alla procura nazionale antimafia contro Caselli, quindi ha votato favorevolmente  per il grassiano Giuseppe Pignatone come nuovo procuratore capo di Palermo, una poltrona che oggi occupa egli stesso. Nel 2007 è diventato sostituto procuratore generale in Cassazione, ruolo che ha ricoperto fino a gennaio del 2010, quando è stato nominato in rappresentanza dell’Italia a Eurojust, su indicazione di Angelino Alfano, allora ministro di Berlusconi. In questo prestigioso ruolo ha svolto numerose consulenze sulla cooperazione giudiziaria tra i vari stati europei, si è occupato di traffico internazionale di stupefacenti, traffici di esseri umani, reti di pedo-pornografia e grandi casi di criminalità organizzata, che hanno coinvolto cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta, frodi fiscali, corruzione internazionale, pirateria informatica.

Due passaggi ci illustrano la posizione di Lo Voi, il suo rifiuto, da sostituto pg di rappresentare la pubblica accusa nel processo d’appello a Giulio Andreotti e quello, nei giorni immediatamente successivi alla strage di via d’Amelio, di schierarsi con gli 8 pm che si erano dimessi in polemica con il procuratore Pietro Giammanco, principale oppositore di Paolo Borsellino.

All’atto della sua nomina i due aspiranti al posto, ben più titolati, Sergio Lari e Guido Lo Forte hanno fatto ricorso al TAR che, il 25 maggio 2015 ha dato ragione ai due, sospendendo la nomina di Lo Voi. A questo punto anche Lo Voi ha fatto ricorso contro la sentenza del TAR al Consiglio di Stato, il quale, ha lasciato Lo Voi al suo posto, sostenendo che non si poteva lasciare sguarnita la Procura, e successivamente, il 28 gennaio 2016 ha reso definitiva la sua nomina.

Lapidario il giudizio dell’ex pm Antonio Ingroia: «Lo Voi era quello con meno titoli e meno anzianità e infatti ha vinto. È la prova che al Csm contano più le regole della politica che quelle del diritto».

Le dichiarazioni

In un primo momento si avuta l’impressione che, usando la  sua proverbiale moderazione, Lo Voi abbia cercato, di  ridimensionare tutta la vicenda Saguto con affermazioni che lasciavano l’impressione di una conoscenza incompleta di quanto è successo. Convocato dalla Commissione Antimafia ha detto: «Il rischio di delegittimazione c’è e c’è stato. La sezione misure di prevenzione storicamente e recentemente è stato un ufficio cardine nella lotta a Cosa Nostra. C’erano difficoltà a svolgere il ruolo di Amministratore Giudiziario… a Palermo è stata avviata un’indagine. Caltanissetta aveva girato un fascicolo relativo a un bene sequestrato. Raccolto un po’ di materiale e avendo capito che si trattava di qualche episodio ricorrente, abbiamo mandato gli atti a Caltanissetta».

Non ha risposto a una domanda su Pino Maniaci, fatta da Claudio Fava, ma, dopo avere denunciato il tentativo che si sta portando avanti di abolire la legge sulle misure di prevenzione, ha detto, con un po’ d’ironia: «Alcuni soggetti proposti pensano di costituire un’associazione per richiedere la restituzione dei beni sequestrati. Si rischia di mettere nel nulla quello che è stato fatto…». La dichiarazione dimostra che il massimo rappresentante della giustizia a Palermo non ha creduto alle finalità dell’associazione In difesa, nata dalla volontà di avere resa giustizia da parte dei cittadini che hanno subito un torto da parte dello stato: a una richiesta di giustizia non si risponde dicendo che non può essere annullato quello che è stato fatto, ma che, se quello che è stato fatto è stato fatto male, va riesaminato e vanno individuate le ragioni e prese le decisioni per rimediare ai danni subiti dal cittadino.

Un altro passaggio delicato ci chiarisce come, in un certo senso, sulla vicenda di Pino Maniaci, Lo Voi abbia già espresso un giudizio che sembra un pre-giudizio. Maniaci, egli ha sostenuto, non c’entra niente con l’indagine dei giudici di Caltanissetta sulla Saguto e su Virga. La sentenza di sequestro dei beni della Saguto e dei suoi amici scrive chiaramente un capitolo, definito “Le origini”, partendo proprio da una segnalazione fatta dai carabinieri di Partinico, delle trasmissioni di Telejato e dalle intercettazioni fatte a Maniaci, nelle quali egli parla con diversi giudici e giornalisti di quello che succedeva all’Ufficio Misure di prevenzione. Quindi la domanda che viene spontanea è: perché Lo Voi dice che Telejato, e quindi Maniaci, non c’entra, ricevendo subito una conferma da Caltanissetta, quando entrambi sanno che c’entra? L’ipotesi più semplice è che si cerca di screditare il lavoro dell’emittente o ritenerlo inutile, onde evitare di dare un ruolo e un’immagine diversa e assolutoria a un imputato che deve apparire come tale, cioè non come persona impegnata nella lotta contro la mafia, ma come utilizzatore di tale lotta a proprio uso e consumo.

Le indagini di Caltanissetta

C’è qualcosa che, proprio dalla sentenza di sequestro urgente dei beni della Saguto e amici  ci chiarisce come c’è una tela sottile che avvolge una serie di intrecci, aggregazioni, amicizie, protezioni reciproche, tra procure e magistrati che ne fanno parte. Si conoscono tutti, girano da una procura all’altra, fanno parte di alcune correnti che hanno precisi referenti politici e partiti di riferimento.

Citiamo alcune parti:

Il 13 settembre 2015, veniva registrata una conversazione nel corso della quale Silvana Saguto si rivolgeva al Procuratore Giuseppe Pignatone chiedendogli un consiglio su un collega che avrebbe potuto difenderla in occasione del procedimento disciplinare che sarebbe scaturito dalla presente indagine (“tu ci devi cominciare a pensare, tu sei il mio referente, mi devi dire chi devo prendere, chi non devo prendere, che devo fare, tutto tu mi devi dire”). Chiedeva, inoltre, al suo interlocutore di indicargli un difensore “un poco carismatico”, perché, in occasione del procedimento per i ritardi nei depositi delle sentenze, Francesco Lo Voi le aveva suggerito un collega “che era un poco moscio” (“quando non ci fu il procedimento disciplinare, ma io avevo i ritardi, mi diedero quello… Franco Lo Voi mi diede quello che non mi ricordo manco come si chiamava di M.I. che era un poco moscio, poi andò bene perché andò bene, ma mi sono autodifesa praticamente”).

Per comprendere se il procedimento “per / ritardi” di cui aveva parlato Silvana Saguto al Procuratore Giuseppe Pignatone fosse quello del 2005, conclusosi con il non luogo a procedere, il Pubblico Ministero, il 6 ottobre 2015. assumeva informazioni dal Procuratore di Palermo. Francesco Lo Voi. Lo Voi riferiva di conoscere Silvana Saguto da prima del suo ingresso in magistratura e di avere intrattenuto con lei buoni rapporti, anche di frequentazione, improntati alla cordialità, ma che, negli ultimi anni, i loro rapporti personali si erano “raffreddati sino a scomparire del tutto”. Lo Voi – al quale veniva data lettura della conversazione e al quale veniva chiesto se ricordasse di avere suggerito, in passato, a Silvana Saguto il nome di un collega che l’avesse assistita nell’ambito di un’istruttoria predisciplinare o di un procedimento disciplinare e, in caso positivo, di indicare chi fosse il collega individuato – premetteva di essere stato componente del Consiglio Superiore della Magistratura dal 31 luglio 2002 al 31 luglio 2006, e ricordava che, negli anni 2003- 2004, Silvana Saguto aveva avuto un procedimento disciplinare per i ritardi nei depositi delle sentenze che doveva essersi concluso con una richiesta di proscioglimento da parte del Procuratore Generale della Cassazione, provvedimento successivamente esaminato dalla sezione disciplinare del CSM. Silvana Saguto – continuava Lo Voi, che specificava di non essere stato parte della sezione disciplinare, perché diversamente si sarebbe astenuto anche solo dal trattare l’argomento – si era rivolta a lui per avere un’indicazione su un difensore che la potesse assistere nella fase istruttoria innanzi al Procuratore Generale e lui, dopo avere chiesto ad alcuni colleghi romani, le aveva indicato il nome di Stefano Schirò. […]

……Mi dissero che era bravo e competente nella materia disciplinare; io lo suggerii alla collega Saguto, dicendole: “Prendi contatto con lui, perché se… deve assistere e deve  innanzitutto essere disponibile, poi ti deve dire se lo vuole fare, se non lo vuole fare”, come normalmente si fa. Seppi poi che lei aveva preso contatto con Schirò, perché Schirò me ne diede conferma, e fini li. Cioè finì lì il mio interessamento, evidentemente. Dopodiché seppi, ma non so, questo davvero non riesco a collocarlo nel tempo, seppi che la… la dottoressa Saguto aveva ottenuto un proscioglimento da parte della sezione disciplinare, credo proprio su richiesta della stessa Procura Generale della Cassazione. Ma su questo non so essere preciso, né sui tempi di definizione, né sulle modalità o motivi, ecco, del proscioglimento stesso, perché non mi interessava e non lo seguivo. […]

(Dalla trascrizione delle dichiarazioni di Francesco Lo Voi del 6 ottobre 2015, pp. 8-10).

Il giudice Virga

Ricordiamoci che tutto parte dal ruolo del giudice Tommaso Virga, che, è vero, non è al CSM quando questo si occupa del procedimento sulla Saguto, ci sarà dopo, ma allora c’è Lo Voi che dice di essere in un’altra sessione.

La Saguto è nominata alla Presidenza dell’Ufficio misure di prevenzione a Palermo l’11 marzo 2010. Virga ha un ruolo  fondamentale.

Dopo i nostri articoli sull’argomento, il 30 ottobre 2013, i magistrati in servizio presso la Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo Silvana Saguto, Fabio Licata, Lorenzo Chiaramonte e Claudia Rosini avevano chiesto un intervento a tutela della loro attività a fronte della campagna di denigrazione e delegittimazione dell’operato della sezione e del suo Presidente, svolta attraverso alcuni servizi giornalistici e televisivi (questi ultimi diffusi dall’emittente Telejato). Nell’ambito di questa procedura, il 20 dicembre 2013, una delegazione del CSM, composta tra gli altri anche da Tommaso Virga, faceva visita agli Uffici giudiziari di Palermo e incontrava i magistrati in servizio presso la Sezione Misure di prevenzione. La pratica veniva definita il 6 febbraio 2014, con proposta di archiviazione motivata con l’insussistenza dei presupposti per l’avvio della procedura a tutela del prestigio e dell’indipendente esercizio della giurisdizione.

Non contento di ciò Virga accompagnava la Saguto presso il sottosegretario Ferri, che gli dava acqua in mano, ma che aveva votato a suo tempo, poiché faceva parte del CSM, per la nomina della Saguto. Lo stesso Virga il giorno dopo si recava presso il suo amico Claudio Galoppi, componente del CSM che, come abbiamo detto all’inizio era tra quelli che avevano votato favorevolmente alla nomina di Lo Voi. E quindi, Virga, Lo Voi, Pignatone, Ferri, Galoppi, Saguto, in un giro impressionante di amicizie e di scambi.

Tutti o quasi nell’orbita del sempre a galla ministro della giustizia o degli interni Angelino Alfano, con la simpatia e la benedizione di Napolitano, da sempre ostile a quei giudici che parlavano di “trattativa stato-mafia”, tutti o quasi appartenenti alla corrente di Magistratura Indipendente, protagonisti di scontri senza esclusione di colpi tra le varie correnti, ma nello stesso tempo tutti pronti a schierarsi compatti al momento di difendere privilegi e immagine pulita di qualcosa che invece, ma non c’è nulla di strano, può essere sporca in qualche parte.

Per arrivare a un’ultima inquietante domanda: sapete come si chiama la moglie di Lo Voi, che è anch’essa un giudice del tribunale di Palermo? Si chiama Pasqua Seminara. Che strano cognome! Vuoi vedere?????? Porta il cappello? È quello che stiamo cercando di vedere e accertare.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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