Partiamo da una notizia banale: siamo a Palermo sull’autobus 101 dell’Amat e un ragazzotto viene sorpreso a rubare i portafogli a due turiste. Arrestato e identificato è rimesso in libertà e subito su Facebook scrive “Mi dispiace per voi, ma alla facciazza vostra e la vostra invidia non mi arrestano mai, come vedete sono fuori comunque, se avete qualcosa da dirmi sapete dove mi trovate, venite di presenza e me la dite. Non parlate dietro lo schermo o su Facebook. Venite ad affrontarmi che e meglio. Io sono sempre alla stazione dove c’è il vecchio giornalaio. Vi aspetto e me la venite a s….”.
Naturalmente c’è chi si infuria e chi esprime solidarietà con cuoricini al ladruncolo. La polizia indaga, non sul ladruncolo, di cui sa tutto, ma sugli autori dei cuoricini. Il ragazzotto ha ragione, inutile identificarli, tanto li liberano subito dopo. È la solita vecchia storia: c’è chi paga pesantemente, c’è chi è subito fuori, come nel caso del partinicese, trovato qualche mese fa con un chilo di cocaina e subito rimesso fuori a spacciare. Tutto è in rapporto al magistrato che ti ritrovi, da quello che pensa che Totò Riina ha diritto a una morte dignitosa, a quello che fa morire in carcere Binnu Provenzano, ridotto a una larva umana. Da quello che persegue il ragazzetto trovato con una canna a quello che rimette a piede libero l’estorsore che ha chiesto il pizzo e che nell’immediato tornerà a vendicarsi del commerciante che l’ha denunziato.
Il post del ragazzotto è tuttavia un segnale evidente del fatto che l’Italia è ormai diventata il paese di Bengodi. Se negli anni 80 il boss Badalamenti venne condannato negli stati uniti a 47 anni di carcere per traffico di droga, sicuramente questo in Italia non sarebbe mai accaduto, come non sarebbe accaduto che ad Al Capone, che non pagava le tasse, avrebbero dato 10 anni di carcere. La lettera del ragazzo mette in evidenza l’assenza di una giustizia che stia sul capo di tutti in misura uguale, l’arbitrarietà del giudizio dei magistrati, la coscienza di vivere in una condizione d’impunità in cui tutto è concesso e se il più fesso paga, il debito è estinto quasi immediatamente. In questa condizione la tentazione di armarsi, quantomeno per difendersi, è troppo forte, ma anche qua attenti; chi spara sicuramente sarà indagato e accusato di omicidio, con tutto l’iter giudiziario che dovrà attraversare. Su queste debolezze del sistema negli ultimi tempi leghisti e fascisti cercano di cavalcare l’onda dell’assenza di sicurezza pubblica per invocare uno stato forte che si liberi di quanti non rispettano le regole e, caso strano, schiaffano sempre in prima pagina criminali di colore o stranieri, per arrivare all’assurda conclusione che gli stranieri sono la fonte d’ogni male, che sono tutti criminali e che bisogna rimandali a casa loro.
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