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Lettera aperta al sindaco di Partinico

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Caro sindaco De Luca

Prendo atto che, dopo sei mesi di permanenza al salone di bellezza del Palazzo Comunale anche lei è diventato bellissimo, o quasi, tanto quanto il gruppo da lei definito compatto, che lo sostiene e che ha il suo capo nell’attuale presidente della Regione Musumeci. E pensare che, prima di questa avventura, lei navigava su ben altre strade.

In questi mesi ha potuto rendersi conto che governare una città come Partinico non è facile, ma a suo dire la colpa più grave è da addebitare a una maggioranza ballerina, che si alza ed esce nei momenti più delicati, e alla mancanza di comunicazione che non riesce a rendere noto alla popolazione l’immane sforzo che lei sta facendo e tutte le grandi decisioni prese da lei e dalla sua amministrazione “per il bene del paese”.

Non una parola su tutti i limiti da lei mostrati nella gestione dei rifiuti, nei penosi tentativi di internalizzare ed esternalizzare settori amministrativi in crisi a causa della dichiarazione di dissesto a lei e solo a lei imputabile.

Non una considerazione sul fatto che lo sfilacciamento della sua maggioranza non ci sarebbe stato se lei non avesse dato motivi ed argomenti che ne sono alla base e che l’hanno causato.

Lei ha rilevato il suo ruolo di “protettore” di questa coalizione: ce lo lasci dire, il ruolo di protettore è spesso pieno di significati equivoci e non ci sembra che i suoi consiglieri abbiano bisogno di protezione, ma di dialogo e di voglia di costruire e di non ritrovarsi con il piatto pronto e preparato da lei e dai suoi fedelissimi.

Ha ripetuto la sua solita trovata sulla necessità di scrostare il muro prima di verniciarlo, mentre sino ad adesso non c’è stato alcuno scrostamento, ma solo la ricerca di espedienti per andare avanti, nella stessa misura in cui si tentano di riparare le buche nell’asfalto tappandole col catrame. A Partinico di muri ce ne sono tanti e molti andrebbero abbattuti, ma dubito che lei abbia il coraggio di saperlo fare.

Ancora più triste la sua affermazione dell’alberello che deve crescere, per mettere tutti sotto la sua ombra, guardando non al presente, con i suoi gravi problemi, ma al futuro che al momento si presenta lontano: e qua siamo in linea con il simbolo del suo “protettore”, per il quale, come diceva Borsellino, cui è stata scippata questa frase, la Sicilia un giorno “diventerà bellissima”. Come può diventare bella un’isola in cui le mafie continuano a spopolare e a succhiare risorse da mamma Regione? Come può diventare bello un paese al quale dall’alto un bellissimo presidente ha imposto, secondo la logica spartitoria del trovare un posticino ai soliti amici vicini e lontani, due assessori che ben poco anno a che fare con questo paese? Non vogliamo neanche commentare tutti i giochetti sotterranei con i quali si vogliono far fuori alcuni assessori che adesso la sostengono e lavorano, sempre in nome della vecchia logica “levati tu ca mi ci mettu io”.

Lei ha affermato che bisogna “imparare a comunicare”, perché non si vede tutto quello che si fa, suggerendo il suo abituale concetto del “fare rete”, con un “gruppo di comunicazione centrale”, senza preoccuparsi se in questa rete possa finire altra monnezza oltre quella che c’è fuori per le strade.

Inevitabilmente la sua esternazione, per giustificare questa sua incapacità che lei stesso ammette, è caduta su “una misera emittente, diretta da un innominabile pregiudicato”, cui la gente dà “più ascolto che alle sue parole”. Ovvero a quella che sprezzantemente lei definisce “la voce della strada”.

Ebbene, non le permetto di accumulare in un unico giudizio tutta una redazione che in questa emittente lavora cercando di dare, non solo a questo paese, ma a tutta l’area nella quale arriva la sua voce, da Palermo, a Trapani, ad Agrigento, elementi di legalità, di cultura, di tradizioni popolari, di iniziative condotte dalle forze dell’ordine, di ecologia, di difesa dalle droghe, di bisogno di sicurezza, di solidarietà. Non mi piace fare il ping pong, ma se la mia è una misera emittente, che cos’è la sua maggioranza, che cos’è lei stesso? Le è stato mai negato uno spazio, nel momento in cui lo ha o lo potrebbe richiedere? Oppure vuole toglierci la possibilità di avanzare delle critiche, quando riteniamo sbagliate alcune scelte? Non le sembra di riecheggiare le sparate di Di Maio e di Grillo nei confronti di quei giornalisti che si permettono di criticare il loro operato? Quando vuole microfono e telecamere sono a sua disposizione, ma non ci può impedire il diritto di cronaca e di critica.

Chiudo comunicandole che sono orgoglioso di essere voce della strada: hanno provato a chiuderci in mille modi, usando anche pezzi dello stato, denunce, espedienti diffamatori, intimidazioni, attentati, ma sinora non ci sono riusciti.

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Pino Maniaci

Volto e voce di Telejato, dal 1999 è impegnato quotidianamente nella lotta alla mafia e contro ogni forma di illegalità.

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