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L’emittente Telejato rischia la chiusura. Intervista a Pino Maniaci

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Per anni ha vigilato sul territorio facendo della denuncia la sua arma più efficace contro mafia e malaffare e oggi rischia la chiusura: Telejato è la tv del trapanese che meglio rappresenta la lotta al cancro mafioso sul territorio siciliano.

Con alle spalle più di trecento querele, Telejato si è presentata negli anni come presidio di legalità e luogo di ritrovo di chi crede che una Sicilia diversa possa esistere, debba esistere. Protagonista indiscusso della resistenza di Telejato è il suo direttore Pino Maniaci. Nel tempo Telejato ha fiutato e svelato i meccanismi torbidi di mafia e corruzione, non da ultimo il caso Saguto, che ha scoperchiato il sistema della malagestione dei beni confiscati. La Corte europea ha imposto alla tv siciliana di interrompere le trasmissioni in seguito ad un ricorso delle autorità di Malta, secondo cui Telejato col suo segnale disturberebbe le trasmissioni del digitale terrestre dell’isola. Cosa perderebbe la Sicilia (e noi tutti) se la tv trapanese chiudesse i battenti? Cosa si nasconde dietro questa vicenda? È l’ennesimo tentativo di mettere il bavaglio alla tv di Maniaci? A spiegare ad Articolo21 perché Telejato non morirà il prossimo 2 dicembre è lo stesso direttore Pino Maniaci.

Telejato rischia la chiusura. Per Riccardo Orioles quella delle frequenze di Malta disturbate sarebbe un “pretesto”, perché?

Dobbiamo spiegare chiaramente come stanno le cose e trarre anche spunto da una legge pubblicata in gazzetta ufficiale. Iniziamo dal fatto che nel 2012, quando si passa al digitale terrestre, l’Italia sa benissimo che in Sicilia deve spegnere due canali (o non dare due canali) perché sono di competenza di Malta, i canali 28 e 46. Questi due canali vengono dati, invece, a due consorzi di emittenti e nel 28 ci siamo noi, e non è l’LCN, ma è canale di trasmissione. Succede che, dopo tre anni, Malta riceve dei disturbi da parte dell’Italia, della Sicilia in particolare, e chiede che il problema venga risolto. Ora, sappiamo che Malta si trova nel Tirreno, sotto la Sicilia e i disturbi che possono arrivare a Malta possono derivare dalle frequenze che si trovano ad Agrigento, a Siracusa, a Catania e non certo quelle provenienti da Palermo. Il segnale televisivo appena c’è una montagna si ferma. Noi ci troviamo a Monte Bonifato – in provincia di Trapani – e qui c’è una Monte Bonifato vetta dove si trovano le televisioni nazionali e una Monte Bonifato bassa dove ci sono le locali. È impossibile che le frequenze arrivino a Malta, nemmeno con l’aereo ci arriverebbero! Ecco, qui incominciano le prime incomprensioni: innanzitutto perché ce lo avete dato e ci avete fatto firmare una concessione per venti anni su un canale che già sapevate a priori che avreste dovuto spegnere? Questo rientra in quei paradossi all’italiana incomprensibili. Inoltre, in una delibera del 2014 non ci sono le province di Palermo e Trapani in questo switch off, in questo spegnimento, ma sono quelle di Agrigento, Siracusa, Catania che devono spegnere. La legge, infatti, prevede o la rottamazione – che significa “chiudi e noi ti paghiamo” – oppure, qualora non si volesse rottamare, la richiesta di una frequenza alternativa. Non è che ci sia nulla di male in questo, per cui invece del 28 ti danno il 29… Il problema è che le frequenze sono state assegnate tutte e che in Sicilia non rottama nessuno. Dunque quale frequenza mi dovete dare? Qual è l’alternativa? “Noi non possiamo darti altre frequenze perché non ha rottamato nessuno”. Se, al massimo, rottamassero una o due televisioni, si seguirebbe una graduatoria: Telejato si trova al diciassettesimo posto, quindi sarebbe impossibile che ci venisse data una frequenza. A questo si aggiunge il fatto che nel 2015, dopo lo scandalo Saguto, nasce una delibera che viene pubblicata nella gazzetta ufficiale, in cui – guarda caso – spunta la provincia di Trapani (quella in cui noi trasmettiamo) che prima non c’era. Qualcosa che non va c’è.

Che cosa?

C’è qualche intercettazione telefonica tra la Saguto e personaggi oggi sotto inchiesta in quei siti. Una è quella tra il prefetto di Palermo Cannizzo, che è stato trasferito, e la Saguto, in cui il prefetto dice al magistrato: “Che tempi abbiamo per quello là?” e la Saguto – un magistrato! – risponde: “Quello lì ha le ore contate”. In un’altra intercettazione un colonnello della DIA – corrotto, invischiato nella faccenda dei beni confiscati, che sequestrava i beni e indicava alla Saguto a chi avrebbe dovuto affidarli come amministratore – dichiara che a Pino Maniaci ci stava pensando lui attraverso un amministratore giudiziario, perché avevano la certezza che Telejato sarebbe stata chiusa. In un’altra registrazione si dice che io avevo le ore contate perché avevano aperto su Pino Maniaci e su Telejato un’inchiesta per mafia e rischiavo pure l’arresto. Quindi quella è una legge dello Stato perché disturbavo le frequenze, non arrivo a capire perché mi hanno dato un canale che avrebbero dovuto spegnere, c’è una delibera del 2014 in cui Trapani non c’era ma spunta dopo lo scandalo: insomma, tante cose che fanno pensare a Riccardo Orioles che quello di Malta sia un pretesto. Io, invece, voglio essere buono e dico semplicemente che noi non rottamiamo, che il ministero – visto che mi ha dato la concessione per vent’anni – mi cerca un’altra frequenza, altrimenti, visto che noi siamo certi secondo le misure fatte dai nostri tecnici che non abbiamo nulla a che vedere con Malta, possono benissimo lasciarci al nostro posto, in pace, a continuare a lavorare.

Quindi c’è una soluzione?

La soluzione è che se loro vogliono, visto che il Ministero dello Sviluppo Economico e delle Telecomunicazioni non è in grado di fare le misure, gli mandiamo una misura dei nostri tecnici, mostrando che noi non disturbiamo una bel niente a Malta e non disturbiamo nemmeno nella zona.

Telejato è stato fondamentale sul territorio, non solo per il caso Saguto (ora ex presidente della sezione misure cautelari di Palermo sospesa dalla magistratura).

Noi di inchieste delicate sul territorio ne abbiamo fatte a iosa.

E le quasi trecento querele ne sono la testimonianza.

Le querele che abbiamo ricevuto e che – attenzione – abbiamo vinto tutte ne sono una testimonianza, per cui la smettano di prenderci in giro.

Anche alla luce dei numerosi attacchi che avete subito…

Noi abbiamo avuto nel tempo quattro macchine bruciate, quaranta gomme tagliate, io ho subito un’aggressione fisica da parte del figlio di un boss che ha cercato di ammazzarmi con la mia stessa cravatta. La mia dichiarazione è che noi non spegneremo nemmeno se arriveranno i carri armati, ci faremo trovare incatenati anche sul ripetitore o, eventualmente, sulla televisione. Non abbiamo nessuna intenzione di spegnere, ma guarda caso questo switch off dovrebbe avvenire il 2 dicembre, giorno dell’impiccagione dei miei cani. Un anno fa, infatti, il 2 dicembre, ci hanno fatto trovare le mascotte della televisione, i due cani, Billy e Cherie, massacrati, avvelenati e impiccati nel recinto accanto la televisione. Noi siamo sicuri che rimarremo aperti perché ci penseranno Billy e Cherie nel giorno del loro anniversario della morte a farci rimanere vivi.

Articolo di Cristiana Mastronicola – tratto da: articolo21.org

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Redazione

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  • La raccolta di firme, al momento no ha raggiunto nemmeno le 10mila firme. Questo a dimostrazione del fatto di come l'italiota medio abbia il cervello obnubilato da altro (calcio, fessbuk, la farfallina di belen....e queste cagate qua). Quando si tratta di fare qualcosa, anche un minimo sforzo (cosa ci vuole a firmare...5 secondi ?). ecco che si ignora a tutto tondo. Basta anche guardare chi si continua a votare...nonostante tutto il lerciume compiuto.a livello comunale, provinciale e regionale.....ed ovviamente nazionale. Questo paese potrà vedere un pò di luce forse fra tre ricambi generazionali, fino ad allora......il nulla.

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