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Le maestre violente di Partinico e tutto il resto

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Partinico, calci e schiaffi ai piccoli alunni: arrestate e poste agli arresti domiciliari tre maestre di Partinico.

Siamo ancora stupiti, allibiti, impressionati dalla terribile notizia che da ieri ha proiettato Partinico, come non succedeva da qualche tempo, su tutti i giornali e telegiornali. Tre maestre della scuola elementare, plesso “Capitano Polizzi”, a giudicare dai filmati trasmessi (QUI), praticavano violenze, con calci, strattoni, schiaffi ed altro nei confronti di alunni della stessa classe. Pare che ci fosse un vero e proprio regime del terrore, non solo per questioni di disciplina, ma anche per questioni di contenuti scolastici e conoscenze che alcuni alunni non riuscivano a comprendere o ad assimilare. Le tre maestre, qualcuna delle quali già da diversi anni in servizio, erano finite nell’occhio della Guardia di Finanza grazie alla denuncia di una mamma, che aveva notato strani comportamenti della figlia, nei confronti della sua bambola: la bambina riservava alla bambola lo stesso trattamento che le maestre mettevano in pratica nei confronti delle sue compagne e dei suoi compagni.

Gli investigatori avevano già, da un anno messo in atto una serie di controlli e di intercettazioni ambientali che hanno portato oggi all’arresto domiciliare delle tre maestre. Tra i bambini c’era anche un disabile che, pare, sia stato fatto oggetto di particolari violenze. Abbiamo visionato attentamente le immagini e ci è rimasto qualche dubbio, in quanto, l’unica di esse degna di attenzione sembra relativa proprio al bambino disabile che rifiutava di sedersi sulla sua sedia, voleva sedersi a terra ed è stato sollevato di peso per essere rimesso al suo posto. Non vogliamo addentrarci oggi sull’argomento, sul quale le indagini e l’attività processuale dovrebbero dare elementi di giudizio più precisi. Non parleremo dello stupore di molte persone che sulle maestre indagate hanno espresso giudizi positivi. Non vorremmo neanche parlare dei criteri con i quali vengono formate le classi, perché pare che in questa classe fossero stati confinati, anzi relegati gli alunni più inquieti, al punto da lasciar pensare che si trattava di una di quelle che una volta venivano chiamate classi differenziali, mentre i figli di papà sarebbero stati assegnati ad altre classi e ad altre maestre. È una storia vecchia che si ripete ogni anno e non solo a Partinico. In ogni caso i bambini non si toccano, neanche con un pizzicotto, specie se sono disabili, e questo coloro che praticano la professione d’insegnante dovrebbero saperlo nel momento in cui mettono piede in classe. È proprio sui disabili che vogliamo fermare lo sguardo, partendo da alcuni dati attuali: ancora si attendono in quasi tutte le scuole siciliane gli insegnanti di sostegno, che chissà da dove arriveranno, come se in Sicilia non ce ne fossero: anzi, quelli siciliani saranno spediti al nord per realizzare chissà quali interscambi culturali. Parliamo invece degli assistenti igienico-sanitari, ovvero di quelli che dovrebbero accudire ai bambini disabili in quelli che sono tutti i loro bisogni. Di questi, dopo che l’anno scolastico è iniziato da 15 giorni, ancora nemmeno l’ombra. Come se i bisogni dei bambini potessero aspettare. E proprio questa condizione di abbandono ci spinge a chiederci se nei confronti di chi dovrebbe provvedere, cioè il governo regionale, non sarebbe il caso di procedere penalmente con qualche mandato di cattura. Perché il rispetto nei confronti dei disabili si misura anche da questi mancati provvedimenti, spesso alla base dell’esasperazione di qualche insegnante.

Oggi ci stiamo occupando del delicato caso della violenza sui minori, che non è solo all’interno delle mura domestiche o, in alcuni casi, delle parrocchie, ma nei normali istituti scolastici. La memoria va a quello che abbiamo subito quando andavamo a scuola, alle bacchettate sulle mani, e guai a ritirarle quando la bacchetta o la riga colpiva, alle urla, ai ceffoni, e se qualcuno osava raccontarlo ai genitori, c’era il resto. Oggi il panorama scolastico per fortuna è cambiato, anche se in molti casi si riscontra una morbosa e protettiva attenzione dei genitori  nei confronti dei figli, anche di coloro che prendono un giudizio di discreto, cioè un sette, ma che, a parere di loro doveva essere un ottimo, cioè un nove. Ed è giusto, “i figli so’ pezze e core”. Ma sembra poco felice l’incontro che il sottosegretario all’istruzione Faraone ha programmato per sabato a Partinico, con i genitori, per affrontare, lui che non ha mai messo piede in un’aula, il problema, mentre alcune scuole cadono a pezzi, altre sono prive di qualsiasi strumento didattico, altre sono in mano a dittatorelli che sorvolano anche sulle volontà degli stessi colleghi, trattandoli come dipendenti cui spetta solo obbedire, altre nelle mani di dirigenti scolastici che non si spostano dalla loro stanza, incapaci persino di un qualsiasi provvedimento nella gestione didattico-disciplinare dell’istituto o del plesso che è stato loro assegnato. Siamo d’accordo con Faraone quando dice che “È inaccettabile che la scuola, luogo di crescita e formazione, venga trasformata in teatro di incubi per i bambini”. Siamo d’accordo quando dice che “La violenza non fa parte della scuola e da questa deve essere espulsa in ogni sua forma”. Egli dice pure che “Chi ha sbagliato non deve più tornare ad insegnare”, ma ancora non è stato emesso dal ministro alcun provvedimento di sospensione dall’incarico per le tre maestre finite sulla bocca di tuta Italia.

A tutti coloro che fanno parte della comunità scolastica non serve la vicinanza dello stato, a parole, ma nei fatti, con strumenti didattici, locali, docenti adeguati, per trasformare la “scuola-parcheggio” in luogo “di crescita e di formazione”. E tutto questo, come Faraone dovrebbe ben sapere, manca nella maggioranza dei casi, specie nelle scuole del Sud Italia. Le parole invece non mancano. Basta riempirsi la bocca di “buona scuola”.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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