di Monica Cillerai e Stefano Lorusso
Gli studenti di Torino protestano di nuovo; una protesta contro un’Università che offre sempre meno servizi e vuole alzare sempre di più le tasse, contro un sistema che non investe nella formazione e che sembra bloccato a vecchi modelli di apprendimento. Una protesta decisamente molto concreta: l’occupazione di un locale dell’ateneo torinese in via Sant’Ottavio, proprio di fronte a Palazzo Nuovo, la sede delle facoltà umanistiche che è stata chiusa nei giorni scorsi a causa della presenza di amianto. Un gesto, un modo per prendersi uno spazio e gestirlo per gli studenti e dagli studenti.
“Da mesi denunciamo la mancanza di servizi e spazi all’interno del nostro polo: le necessità dello studente universitario non si fermano all’aula di lezione o alle scadenze degli esami, ma richiedono spazi e possibilità di scambio ed elaborazione intellettuale che, ad oggi, sembrano priorità insignificanti per le istituzioni” dicono alcuni occupanti. “In un’università che spende 17 milioni per ristrutturare un edificio non è ammissibile che non si pensi agli spazi adibiti per i bisogni materiali degli studenti: posti dove mangiare, studiare, discutere e passare il proprio tempo tra una lezione e l’altra.”
L’Italia non investe nella Scuola; un dato chiaro e appurato, dimostrato dai continui tagli e dalle riforme degli ultimi anni che hanno coinvolto istituti superiori e Università. Ad oggi, dopo la riforma della Buona Scuola di Renzi possiamo attenderci anche una riforma delle Università; e che sicuramente, date le tendenze attuali, non donerà soldi e investimenti pubblici, ma punterà sulle privatizzazioni e finanziamenti privati.
A Torino dunque si punta sull’autogestione, su una forma di apprendimento diversa dalla solita lezione frontale, basata sull’assimilazione passiva e nozionistica. La chiusura inaspettata di Palazzo Nuovo, inoltre, provoca fisiologicamente un aumento di disservizi. “Per questo motivo”, dicono alcuni occupanti- che appartengono alla lista di maggioranza negli organi di rappresentanza studentesca, Studenti Indipendenti- “riteniamo essenziale dare una risposta immediata agli studenti con la creazione di nuovi spazi, intesi come punto di riferimento e come luogo dove richiedere informazioni e dove coordinarsi durante questa situazione straordinaria e spinosa.”
Questo nuovo spazio è stato ribattezzato “Manituana”, dal romanzo del collettivo di scrittori “Wu Ming”, nome che metaforicamente indica una riserva, un luogo in cui gli studenti possano riparare e auto-organizzarsi dopo la chiusura della propria sede universitaria. All’interno i primi passi saranno la costituzione di una lunch room, l’organizzazione di aule studio, e di locali adibiti ad assemblee e dibattiti.
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