Negli anni ’90 il prof. Migliore aveva dipinto un quadro e lo aveva lasciato dentro questa chiesa: il quadro venne rubato. Altre notizie della chiesetta si trovano in una relazione sulla consistenza e sullo stato delle chiese in Val di Mazara, scritta nel 1575. Nel 2015, dopo 500 anni di resistenza alle ingiurie del tempo questa chiesa è stata demolita e, contemporaneamente è stata demolita la parte superiore della torre. La sua demolizione totale è stata fermata dell’intervento di questa emittente, che ha pubblicamente denunciato l’offesa che si stava facendo alla storia del paese. Adesso, a dieci anni di distanza, il colpo finale: la torre non c’è più. La storia dell’esistenza di questo monumento risale al 1176, quando Guglielmo II fece dono del Casale di Mirto alla chiesa di Santa Maria Nuova di Monreale: nel diploma si parla di una Torre di Ercole con delimitazione dei suoi confini. È possibile che il manufatto originario sia stato ristrutturato nel periodo in cui è stata costruita la chiesetta. La torre aveva una sorta di scivolo, o rientranza che partiva dal tetto, era su due piani, presumibilmente con un tetto fatto con travi. Anche l’Agrimensore Nunzio Migliore, che nel 1758 misurò le terre di Partinico, indica, in contrada Santa Catrini l’esistenza di “una piccola chiesa collaterale e Torre nominata di Ercole, con baglio, canneto e molte fabbriche demolite”. Da altri documenti sappiamo che nel “XVII secolo in questa contrada vivevano 50 famiglie distinte in circa 50 case, che sono in tre cortigli, in luoghi diversi, le case non pagano il censo all’abbazia in quanto tutte sono povere” (Vedi A. Palazzolo).
È interessante l’originaria denominazione di Santa Katrini e non Caterina: una ricerca ha fatto ipotizzare che il nome sia di origine araba, dalla parola Kat-rin che significa “il luogo dei nativi”, a indicare che questo piccolo insediamento possa essere stato il primo nucleo dei “nativi” partinicesi. Ma, tralasciando le ipotesi restano le prove e la torre di Santa Katrini era una di queste, in un territorio e in una contrada, quella di Mirto, dove, se ci fosse stata un minimo di sensibilità politica, avrebbe potuto essere costruito in percorso che passava da questa torre, si spostava nella Scuola di Mirto, voluta da Danilo Dolci, e nel mulino settecentesco ad acqua lì vicino, per arrivare al piccolo anfiteatro costruito ai tempi di Danilo e ormai ricoperto da erbacce. Adesso, a parte la scuola, non c’è più niente e il proprietario potrà dormire sonni tranquilli per essersi sbarazzato di questo rudere che deturpava la sua campagna. Tanto nessuno lo denuncerà, neanche la Soprintendenza ai monumenti, che su questi monumenti avrebbe dovuto porre un vincolo, come tempo fa richiesto dal sindaco Gigia Cannizzo e da Legambiente.
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