La polizia di stato arresta cinque cittadini extracomunitari, algerini e libici, responsabili della morte di centinaia di migranti tra cui numerosi bambini.

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La Polizia di Stato ha tratto in arresto cinque cittadini stranieri, algerini e libici, sbarcati, ieri pomeriggio, nel porto di Palermo, dalla nave militare irlandese ‘Le Niamh’, unitamente ad altri 362 migranti. A bordo della nave anche ventisei salme, tra cui quelle di tre bambini.

Rouibah Ali, algerino, 24 anni, Mujassabi Suud, nato in Libia, 21 anni, Assnusi Abdullah, nato in Libia anche lui, 24 anni, Busadia Imad, nato in Algeria, 23 anni e Esshaush Shauki, nato in Libia, 21 anni, sono stati arrestati, alle prime ore dell’alba, dalla locale Squadra Mobile, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di omicidio plurimo aggravato.

I cinque, responsabili, in concorso con altri soggetti rimasti ignoti, di appartenere ad un’organizzazione criminale operante in Libia, dedita a favorire l’illegale ingresso di stranieri nel territorio italiano, si sarebbero posti alla guida di un’imbarcazione in viaggio tra la Libia e l’Italia, con a bordo circa 650 cittadini extracomunitari, conducendo il natante nelle acque del Mar Mediterraneo.

Secondo alcune testimonianze raccolte, i criminali avrebbero rivestito ciascuno un ruolo ben preciso: uno di questi comandava, con l’ausilio di altri due il natante; gli altri si occupavano di controllare i migranti, impedendo loro di muoversi, utilizzando per questo anche forme di violenza.

Gli arrestati avrebbero cagionato la morte accertata di 26 migranti e quella presunta di circa 200, che, a dire dei testimoni, sarebbero rimasti rinchiusi all’interno dell’imbarcazione capovoltasi.

I fatti: per un guasto, dopo circa tre ore di viaggio, è cominciata ad entrare acqua nella stiva, ove erano stati sistemati i cittadini africani. I testimoni hanno, infatti, raccontato agli investigatori che i cittadini africani, ivi collocati, secondo gli organizzatori del traffico di migranti, potevano sopportare di stare chiusi e compressi nella stiva anche per 3 giorni, avendo pagato la metà del prezzo per la traversata.

Poiché però l’acqua continuava ad allagare la parte bassa dell’imbarcazione, i migranti, su ordine degli scafisti, hanno cercato, disperatamente, di buttarla fuori. Non riuscendovi, hanno tentato, in ogni modo, di uscire per salvarsi, ma, invece sono stati colpiti con coltelli e bastoni, ricacciati nella stiva, sigillando la botola, con il peso dei restanti migranti, lì posizionati proprio per impedirne l’apertura.

Dopo aver dato l’allarme, secondo i racconti, si sono avvicinate le navi per i soccorsi: alla loro vista, le persone che si trovavano nella parte superiore sono riuscite a gettarsi in mare, mentre quelle rinchiuse nella stiva sono rimaste imprigionatie all’interno, non potendo cosi mettersi in salvo.

Durante la notte gli investigatori della Squadra Mobile di Palermo hanno sentito decine di migranti che hanno rivelato nuovi particolari agghiaccianti.

Alcuni hanno riferito che gli scafisti hanno marchiato, con i coltelli, la testa di coloro che non obbedivano agli ordini, specie quelli di etnia africana; invece quelli di etina araba sarebbero stati picchiati con cinture. Gli uonomi sposati colpiti con calci e pugni. Gli stessi testimoni hanno evidenziato che gli scafisti hanno usato trattamenti diversi a seconda dell’etnia di provenienza.

Ancora, secondo quanto riferito, i viaggi costerebbero ai migranti da un minimo di 1200,00 dollari ad un massimo di 1800,00 dollari a persona: il prezzo del viaggio, poi, aumenterebbe in considerazione delle condizioni di sicurezza garantite per la traversata: ad esempio, quelle più vicine alla postazione di comando avrebbero un costo superiore; addirittura, per potere avere la disponibilità di un giubbotto di salvataggio si pagherebbe una cifra a parte (dai 35 ai 70 dinari libici).

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