La gestione del patrimonio Enpam
Riceviamo e pubblichiamo l’articolo di denuncia della Prof. Ernesta Adele Marando, pubblicato sul periodico J’Accuse…! a luglio 2015
Quando è troppo è troppo e la corda si spezza. Si è spezzata. Il troppo è stato superato abbondantemente da anni con la complicità di tanti e con la paura di troppi. Scheletri negli archivi ovunque nelle stanze dove si fanno i giochi. Alleanze criminali tenute da connivenze che non permettono di sganciarsi anche se mai arrivasse il pentimento. E tanti, non tutti ma quasi, quelli che per caso rientrano nella graduatoria d’oro, graduatoria virtuale costruita a tavolino come in un gioco a scacchi perverso condito da tangenti, come in un film di Franco Rosi, sono obbligati al silenzio. Non possono parlare. Salterebbero per aria come topi dopo un topicida.
Io, sì, io posso parlare. Perché sono tra quelle mosche bianche non soggette al comparaggio. Ho in locazione da oltre 30 anni un appartamento dell’Enpam (Ente Nazionale Previdenza Assistenza Medici). Sono un medico ma questo pare non sia un presupposto per avere un appartamento in quegli stabili costruiti con i nostri soldi trattenuti dalle nostre buste paga dal duro e pericoloso lavoro di medico. No, signori miei. Se fate un censimento, specialmente negli stabili posizionati in zone “prestigiose” di Roma Capitale, la percentuale di noi medici locatari non credo superi l’uno o il due per cento! Chi sono i fortunati vincitori di appartamenti degli stabili costruiti con sudore e sangue dei medici? In primis, figli, fratelli, sorelle, amici, amanti e chiunque forse avrà potuto pagare una tangente per avere l’appartamento saltando graduatorie mai viste la cui pubblicazione è opaca come la nebbia in Val Padana in dicembre. Quando uscirà la graduatoria? Domanda ingenua di un ingenuo medico. Boh! Collegati sul sito, questo ora in tempi moderni. Ieri, quando internet era da venire facevi pellegrinaggi a via Torino 38, sede storica degli Uffici Enpam, oggi migrati a Piazza Vittorio, a questuare da una stanza all’altra. Dove le signorine tutto fare ti mandavano da Ponzio a Pilato e tornavi a casa con un pugno di mosche morte in mano. Io, come ho avuto nel lontano 1983 un appartamento Enpam? Senza alcuna raccomandazione come tutto quello che ho ottenuto in vita mia. Con la mia chiarezza, diritto acquisito per lavoro e onestà e tenacia. Strano ma vero. Allora qualche miracolo accadeva. Primi anni ‘80. Feci una domandina all’Ordine dei Medici indirizzandola ad un consigliere preposto per l’Enpam. Il Dottore Ottorino de Franchi, che di persona non ho mai conosciuto. E neanche per interposta persona. La voce girava e si diceva che era persona pulita. Ed era vero. Oltre che all’Ordine dei Medici ho avanzato domanda anche all’Ente in via Torino. Per una casa fuori dal mondo. Uno stabile in costruzione dove gli abitanti del luogo dominanti all’epoca erano le ranocchie. Il Torrino. Zona Decima. Pressi raccordo Roma sud. Oltre l’Eur. Non zona di “signori”. All’epoca… Ricevetti una raccomandata un anno dopo, 1984. Avevo avuto un appartamento assegnato. Bello lo stabile, belli gli appartamenti. Nuovi. Luminosi. Ma che sconforto. Il deserto intorno. Strade poche e alcune sterrate. Lo stabile più vicino a centinaia di metri. Sembrava di vivere nelle Lande dell’Australia. Ora, dopo oltre trent’anni è un paradiso. Diciamo. È sorto un quartiere intensivo ma abitato. Allora avevi paura ad uscire e rientrare la sera… Abitai lì per 10 anni. Cominciai alcuni anni dopo a fare domande di cambio casa in altro quartiere più vicino al centro. Lavoravo all’epoca all’Ospedale Nuovo Regina Margherita in Viale Trastevere. Nulla! Sapevo da colleghi che ora in uno stabile più centrale o in un altro, si liberavano appartamenti. Addirittura si era liberato un appartamentino in uno stabile Enpam vicino la stazione di Trastevere. Corro a Via Torino 38 a fare richiesta. Nulla! Nisba. Quasi quasi mi dicevano che non esisteva nemmeno lo stabile! Che avevo ovviamente visionato prima. Appartamento ambito e già probabilmente (avverbio per evitare una querela) appaltato per amici o compari. Visto le cose come stanno andando sotto i miei occhi sono legittimata a pensare questo che scrivo. Mi piacerebbe che con prove certe fossi sconfessata. Alla fine nel 1994 riuscii ad trasferirmi nello stabile di Via Ugo de Carolis dove tutt’ora abito. Non fu affatto facile. Riuscii a dribblare giochi già pronti e collaudati nel tempo… Lo stabile era ed è ambitissimo e la mia richiesta, avanzata nell’ufficio preposto all’apertura al pubblico, alle 9 di mattina del primo giorno di pubblicazione di una graduatoria stilata la sera prima dopo il consiglio in merito, graduatoria, un foglio A4, non ancora pubblicata (lo sarà mai stata?) ma tenuta in un cassetto dalla impiegata preposta e reticente che è stata costretta a tirarla fuori dopo la mia perentoria richiesta. Sapevo della pubblicazione quindi me la facesse vedere altrimenti chiamavo l’Ordine dei Medici e nello specifico il Dottor Mario Boni. lo avevo saputo della graduatoria la sera prima, dal compianto vicepresidente dell’Ordine Dottor Mario Boni incontrato al Consiglio dell’Ordine di cui facevo parte. Il Dottore Boni sapeva che da anni cercavo di cambiare l’appartamento dove abitavo in Via Cina, appartamento bellissimo e grande di circa 120 metri quadrati da me ulteriormente ristrutturato con materiale pregiato peraltro, con altro, anche più piccolo ma più centrale. Sapeva dei miei pellegrinaggi da anni a Via Torino 38. Delle mie reiterate domande di cambio casa. Ogni anno. Rimaste sempre lettera morta. Ero in graduatoria per cambio casa da almeno cinque anni. Ma niente saltava mai fuori. Eppure il turnover degli appartamenti assegnati a nuovi inquilini era veloce come le cellule tumorali di grande aggressività. Ebbene, quella mattina che mi presentai a Via Torino per vedere l’elenco degli appartamenti che si erano liberati e messi a disposizione, elenco stilato nei giorni precedenti e deliberato la sera prima alla presenza del Collega Mario Boni, non si trovava. Dopo la mia posizione ferma e consapevole fu tirato appunto da un cassetto e non mi fu dato per leggere con i miei occhi l’elenco. No, signori miei. Mi fu letto dall’impiegata. Sono legittimata a pensare che mi abbia letto a zig zag. Con molto probabili o missioni. Ad un certo punto legge: un appartamento in Via Ugo de Carolis 93. Più piccolo del mio. Io rispondo al volo. Ok. Lo prendo! La signora viene presa dal panico. Chiama la sua superiora o quella che mi sembrava tale. La tale arriva, bella e con modi incredibilmente seduttivi e grande sorriso mi invita a tornare la mattina dopo per presentare e protocollare la domanda di richiesta scambio di appartamento. Amici, trovate una logica per questo invito? Io ero lì! Non capivo la logica. Al momento. L’ho capita un attimo dopo, anche aiutata da un amico sul posto. Ecco come prosegue il fatto. Io, disorientata da tale strano invito a ritornare per una cosa per me inappellabile, vado all’ufficio protocollo per presentare domanda e chi ti trovo lì allo sportello? Un mio vicino di casa di Via Cina, anche mio amico, impiegato lì. Al protocollo. Gli racconto la cosa e la mia perplessità dell’invito a ritornare il giorno dopo per presentare domanda di richiesta per quell’appartamento. Ancora ero, diciamo, piuttosto ingenua. Il mio amico prende lui subito carta e penna e mi invita a presentare subito la domanda che protocollerà. L’invito a ritornare il giorno dopo era probabilmente (non scrivo sicuramente sempre per scansare querele) volto a chiamare qualcuno o fare direttamente domande per qualcuno (già in pista di lancio) e protocollarla prima di me! Non ci vuole la zingara. Ma io al momento non pensavo si potesse arrivare a tanto con quel viso d’angelo! Con la complicità delle commari dell’ufficio. Della stanza. Ed erano più di una e più di due!
Ebbene, da ventuno anni abito in questo stabile. Amici, vi posso assicurare che ne ho viste e vedo di tutti i colori! Di medici regolamentari ci sono credo solo io. Di medici ce n’è qualcun altro che vive in un appartamento e nell’altro tiene studio medico. Stessa scala. Da qualche anno. Prima stesso stabile ma altra scala. Da precisare che un anno e mezzo fa ho dovuto rinnovare il contratto di locazione. Aumento del canone del quasi 100%. Tra balzelli vari. Circa 1.500.00 euro. Quasi tre milioni di vecchie lire per un appartamento in un vecchio stabile e di un Ente previdenziale dei Medici Chirurghi! Col divieto di fare abitazione e studio medico! Sono un medico. Mi chiedo come mai però in questo stabile ci siano due pesi e due misure. Orbene, perché a me è stato fatto espresso divieto alla mia richiesta di integrare il contratto con questa postilla. Nel passato ciò era possibile. E per alcuni lo è ancora… Io non sono abituata a guardare nel piatto degli altri. Ma che ci siano gli stessi diritti e doveri per tutti, questo si. Questo lo chiedo e lo pretendo. Viene chiesto un canone mensile per un appartamento di un’Ente di una Fondazione di Previdenza Medici che è esoso in maniera vergognosa. Ente che si è snaturato sia per i prezzi altissimi stabiliti che per l’erogazione degli appartamenti a persone che possono anche permettersi di comprarsi casa altrove e comunque medici non sono e a parere di molti non hanno i requisiti per avere una casa dell’Enpam. Quanti medici senza casa… Quanti medici hanno fatto richiesta. Ma per loro nulla. Che hanno da dare in cambio? Noi medici siamo da decenni una categoria povera, a parte le eccezioni come in ogni categoria di lavoratori. Conosco e ho conosciuto medici senza casa che avevano fatto richiesta qui, in questo stabile dove vivo io, per avere un appartamento che si era liberato ma a questi medici la casa è stata negata. Le assegnazioni sono andate in tutt’altra direzione. Come mai? Nessuna graduatoria presente e trasparente è stata esibita. Ci sarà un vero perché! Simpatia, comparaggio, sogni premonitori? Le modalità di assegnazione degli appartamenti che si liberano, per morti o trasferimenti in vita, appaiono quanto mai oscure. Nebbia sempre in Val Padana. Medici assegnatari? No, amici. Una miscellanea incredibile. In genere a gente che in un modo o nell’altro può pagare! Da anni si parla di vendita dello stabile. Alcuni edifici dell’Enpam sono stati venduti. Anche nei pressi di Via de Carolis. A Via Friggeri. Ma qui a Via de Carolis 93, no. Strani maneggi e magheggi si aggirano tra i vicoli… Addirittura pare che il terrazzo condominiale, che copre la testa di tutti noi inquilini, sia nelle mire espansionistiche di un dipendente Enpam. O una dipendente. Gente che pare manovri da anni i bottoni delle stanze del potere. Che, come un vigile con la sua paletta d’ordinanza, fa passare questo o quello a seconda… Non è illecito pensare, magari si fa peccato come diceva il divino Giulio ma a volte si indovina, che corruzione e mazzette potrebbero esserci e passare da tasche e conti bancari sulla pelle di alcuni di noi poveri gonzi medici e non (ovviamente come in ogni categoria ci sono i gonzi e i furbi, non si salva nessuno). Lady Asl e soci hanno insegnato come si fa… Pare che le maestranze, in coro e in associazione, che dovrebbero decidere sulla vendita dello stabile edificato sulle pendici di Monte Mario, stabile peraltro pendente e cadente verso la valle, vecchio e sgangherato con perenne infiltrazione d’acqua nelle colonne portanti, dopo una “melina” durata ormai possiamo dire anni, spesso latitanti agli incontri dei capi della comparativa Domus che si è costituita per la vendita cui alcuni inquilini non hanno aderito, ancora queste maestranze non abbiano le idee chiare su cosa fare e quando fare. Oppure le avranno ma non le lasciano trasparire nella loro interezza e complessità… Adesso uno tra loro, espressione del volere apicale probabilmente, si sia rivoltato con espressioni verbose e sentimentali sul costo proposto dal presidente della cooperativa dopo consultazione dati Istat e consiglio direttivo. Pare ne abbia fatto un caso personale. Scandalizzato che si sia osato proporre un prezzo ai suoi occhi misero! In fondo rappresentato da poche centinaia di euro in meno a metro quadro rispetto al prezzo di vendita dello stabile di Via Friggeri a pochi passi da via De Carolis. Stabile di Via Friggeri considerato di lusso e lo è per la tipologia degli appartamenti e le finiture dello stabile, rispetto allo stabile di Via de Carolis 93, fratello cadetto e caduto in disgrazia. Per struttura e conduzione…
Ebbene, questa vuole essere una denuncia pubblica. Che si faccia chiarezza sulla gestione Enpam. Non si può più assistere in silenzio a un magheggio di tale portata della cosa pubblica. Perché la Fondazione è cosa pubblica. Da lavoro a miglia di persone. Elargisce potere e distribuisce ricchezza. Ma le modalità appaiono nebulose e discutibili assai. Per non parlare dell’eventuale Mutuo da accendere con le Banche nel caso si decidesse di acquistare l’appartamento in uso in caso di vendita da parte della Fondazione Enpam. I dipendenti dell’Ente pare abbiano per statuto una agevolazione. Per loro il tasso è dell’1 %! Uno per cento. Per gli altri, Medici compresi che con i loro soldi l’Ente esiste, sono soggetti al libero mercato. Soggetti allo strozzinaggio delle Banche! Secondo la Costituzione “I diritti sono uguali per tutti i Cittadini”! Una tragica farsa metropolitana Poi mi parlano di ‘ndrangheta calabrese! Ma qui siamo ne “Le mani sulla Città”… Una jungla travestita da perbenismo. Dalla dura legge dei colletti bianchi. Una Roma da bere! Una Roma annegata nella immondizia e nell’indifferenza.
Roma, 28 Luglio 2015. Come oggi, 39 anni fa mi sono laureata in Medicina e Chirurgia a La Sapienza di Roma. Con la votazione di 110 su 110 e lode pubblicazione della tesi. Avevo ventiquattro anni. E tanti sogni infranti sulla riva di leggi inique sulla Sanità. Alle spalle trentadue anni di servizio ospedaliero in emergenza neonatale. A tempo pieno. E non ho una casa di proprietà. Ma questo per me conta poco o nulla. Ho speso in cultura. In libri. In specializzazioni. Ho coltivato la mia professione e la mia anima. Quello che conta è potere dormire la notte sapendo di avere fatto il proprio dovere fino in fondo rispettando gli essere viventi. Le cose proprie e altrui. Vale la pena vivere la vita, breve peraltro, e ha senso viverla solo a condizione di rispettare la propria e altrui dignità. C’è qualcuno che ogni volta che ti incontra per le scale o in ascensore ti chiede quando morirà il tuo cagnolino, un piccolo cocker, solo perché lo sentiva abbaiare festoso la mattina all’ora dell’uscita per la passeggiata. E l’abbaio festoso di Argo gli urtava i nervi. Lo sentiva, perché il mio amore non c’è più. Da meno di due settimane. E negli ultimi mesi era troppo debole per camminare. Non abbaiava più festoso la mattina. Non usciva più. Per buona pace del soggetto in questione… Credo che dovrebbe avere altri pensieri per la testa. Neanche per scherzo si dicono certe frasi. O si possono dire una volta. Non una litania continua. Per amore e rispetto al mio Argo è venuto il momento di scrivere questa denuncia giornalistica. Lui con la sua bontà mi aveva fermato. Adesso è ora. La misura è colma, specialmente dopo l’ultimo attacco da parte di un consulente che si occupa delle vendite che sarebbe andato oltre il seminato con le sue invettive contro alcuni di noi inquilini. Come avremmo osato proporre un certo prezzo! E che, i soldi, o una parte di essi, li prenderebbe lui per essersi così inviperito? Distacco e professionalità ci vuole nelle cose pubbliche. Se sono private è ammesso e non concesso il “fuori di testa”. E dunque ripeto arriva il momento in cui la misura è colma e senti il bisogno di raccontare le cose come vanno. Come stanno. Con prove. Non è uno sfogo fine e se stesso. Arriva il momento in cui bisogna avere il coraggio di chiamare le cose col proprio nome. Si sarà impopolari, ma non si vive per essere leccati e pugnalati alle spalle. Perché le cose forse possano cambiare bisogna denunciare gli abusi. L’arroganza. Il senso di onnipotenza che coglie alcuni soggetti sol perché l’hanno fatta sempre franca. Prima o poi all’altro mondo dovremo andare e la casa e le cose non ce le potremo portare. Vale la pena vendere la pelle al diavolo per quattro mura? Lo trovo solo insensato e stupido. Per sentirsi qualcuno o qualcosa spesso si commettono crimini e delitti contro le persone e i loro sentimenti. E la ‘ndrangheta sta in Calabria? Ma fatemi il piacere…,
Mi presento. Io, che mi prendo la responsabilità di questo che ho scritto. Come sempre. Sono Ernesta Adele Marando nata e cresciuta fino a 18 anni in Calabria. Nella locride. Zona annientata perché bollata come zona di ‘ndrangheta. Ma la ‘ndrangheta vera è a volte nel cuore dello stato. I germi si annidano dove nessuno li va a cercare… e si sviano le indagini creando a tavolino i mafiosi ad hoc. Di una precisa nazionalità: del Sud. Strategia stupida oltre che banale. Il malaffare non ha nazionalità. È diffuso come la gramigna. Una sniffata di cocaina, un bordello, un conto in banca e facilmente in molti vengono corrotti. Gent i nent, “gente da niente” si dice in siciliano. Grazie, mio amatissimo Argo per avere insegnato l’amore, la generosità, la dignità valori che molti umani nemmeno sanno cosa siano. Mi mancherà il tuo abbaiare festoso che era un inno alla Vita! Sei e sarai sempre con me.
Articolo di
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Tratto da: J’Accuse…! – periodico mensile politico e culturale – luglio 2015
Gli altri articoli sul caso denunciato dalla prof. Marando sono disponibili QUI
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